Il saper vivere come vera sapienza: attualità di Baltasar Gracián – Terza Parte
6.Verità e dissimulazione
La posizione di Gracián si distingue da quella dei teorici della Ragion di Stato, che concepiscono la politica come un insieme di tecniche al servizio dei superiori interessi della Respublica e del governo collettivo. Il gesuita stabilisce una gerarchia morale al cui vertice sono virtù individuali. Esse sono alla base del vivere in comunità: l’integrità che rispetta i limiti della ragione, “non teme di scontrarsi con l’amicizia, con il potere e perfino con la propria convenienza”1; la costanza, che induce “l’uomo superiore” a giudicare “la dissimulazione una sorta di tradimento”; la tenacia posta al di sopra della sagacia. La triade virtuosa integrità-costanza-tenacia costituisce una sorta di esercizio permanente che aiuta l’uomo a stare sempre dalla parte della ragione e della verità: “e se abbandona le persone, non è per sua incostanza, ma per la loro che l’hanno, ancor prima, abbandonata”2. Quest’ultimo è un inciso di straordinaria importanza: perché Gracián considera legittimo il mancato rispetto della triade virtuosa allorché viene a mancare la reciprocità dei comportamenti. Ancora una volta l’integrità non è vista come una virtù assoluta, ma relativa e da praticare con prudenza nel rapporto fra l’io e l’altro. Pertanto anche la dissimulazione non è esclusa dalla condotta di vita. Ma essa deve essere utilizzata con alcuni accorgimenti, precisamente suggeriti dal gesuita nell’aforisma 277. Bisogna cogliere il momento giusto per “mettere in luce le doti”, saper apparire è più importante del semplice apparire, il “mostrarsi” deve essere accreditato dalla realtà; “richiede arte il mettersi in mostra: anche ciò che più eccelle dipende dalle circostanze e non sempre capitano. Cattiva riuscita ha avuto l’ostentazione quando ha mancato il suo momento. Nessun pregio richiede di essere meno esibito, ed è sempre lì che fallisce, perché seriamente minacciato dalla vanità e questa dal disprezzo. Deve essere assai equilibrata per non scadere nella volgarità, e se eccessiva, incontra un certo discredito presso i saggi. Consiste a volte più in un’eloquenza muta, in una dimostrazione disinvolta della perfezione; perché la saggia dissimulazione è il più lodevole sfoggio ed è proprio quella reticenza a pungere sul più vivo la curiosità. Grande abilità sua è non scoprire la perfezione tutta d’un colpo, ma farla intravedere poco per volta, e sempre in crescendo: che un pregio sia pegno di un altro più grande, e la lode del primo rinnovata attesa degli altri”3.
La strategia del “mostrarsi” è qui delineata attraverso precisi requisiti al fine di realizzare una dissimulazione produttiva e saggia: una relativa corrispondenza fra apparenza e realtà, fra l’eccellenza e l’occasione propizia che aiuta a metterla in mostra; la non esibizione dei pregi; la reticenza che solletica la curiosità; la configurazione di “gradus ad Parnassum”, al fine di non ostentare la perfezione in un solo momento, ma di mostrarla attraverso un abile e continuo crescendo, capace di creare attesa negli interlocutori.
In questo aforisma è anche rappresentato un insieme di analogie, ma anche di accentuazioni diverse, fra la “dissimulazione saggia” di Gracián e la “dissimulazione onesta” di Torquato Accetto. L’opera di Accetto è pubblicata nel 1641, sei anni prima di Oraculo manual. Entrambi gli autori si collocano entro l’orizzonte neostoico: la prudenza è la regola aurea della condotta di vita; la verità è in cima alla scala dei valori; ma la prudenza deve temperare la ricerca della verità. Accetto accentua il profilo estetico della verità che “è bella”4, produce godimento e pace5, ma sottolinea “il danno dello sfrenato amor di dire il vero”6 e l’importante funzione della prudenza che ha il compito di riempire e decifrare lo spazio vuoto ed “equivoco” tra vero e falso: “così l’uomo, ch’è un picciol mondo, ha talora fuori di sé un certo spazio da chiamarsi equivoco, non già inteso come semplice falso, a fine di ricever in quello, per così dire, le saette della fortuna, ed accomodarsi al riscontro di chi più vale ed anche più vuole, in questo corso degli umani interessi”7. La prudente e onesta dissimulazione serve anche a questo, serve a dissimulare la virtù8, a non esibirla9, secondo una linea che verrà ripresa anche da Gracián.
Anche quello di Accetto è un vero e proprio manuale di disciplina, nel senso in precedenza specificato. L’autore lo enuncia esplicitamente quando scrive che “in sostanza il dissimular è una professione, della quale non si può far professione se non nella scola del proprio pensiero. Se alcuno portasse la maschera ogni giorno, sarebbe più noto di ogni altro, per la curiosità di tutti; ma degli eccellenti dissimulatori, che sono stati e sono, non si ha notizia alcuna”10.
8.Gracian attuale: civiltà barocca e civiltà neobarocca
Il percorso, suggerito da Gracián in Oraculo manual, non è lineare. E’ piuttosto lo specchio di una personalità tormentata, che cerca di disciplinare se stesso attraverso l’esercizio costante, ma faticoso e aspro, della ricerca del giusto mezzo, di uno spazio fra la luce e l’ombra. L’autore si ispira a Seneca, quando sostiene l’autosufficienza del saggio nell’aforisma 13711. La solitudine del saggio rende simili a Dio12. Senonché, nell’aforisma immediatamente successivo, la consapevolezza della conflittualità della vita psichica ridimensiona notevolmente l’ideale della beata solitudine. Essa, di per sé, non è una condizione che naturalmente e automaticamente possa garantire la felicità. Sia “il mare comune” che “quello domestico” sono burrascosi: ossia società e individuo vivono in una condizione di perenne contraddizione e conflitto. “Vi sono mulinelli nell’umano comportamento, tempeste del sentimento: allora è accortezza riparare nel porto sicuro di una tregua”, non alimentare la burrasca, non cercare rimedi che sono peggiori del male, lasciar fare alla natura e al buon senso. “Il medico saggio deve sapere quando far ricette e quando non farle, e a volte l’arte consiste piuttosto nel non prescrivere la cura. Un modo per acquietare volgari mulinelli è arrendersi e aspettare che si plachino: cedere al tempo ora, sarà vincere dopo. Per intorbidare una sorgente basta smuoverla appena, né tornerà a rischiararsi se lo vogliamo, ma se la lasciamo stare. Non c’è rimedio migliore per gli sconvolgimenti che lasciare che passino, ché così cadono da soli”13.
Cominciamo così a penetrare nel profondo serbatoio dell’attualità di Gracián, nostro contemporaneo: senza ombra di dubbio, un “classico”. Perché “classico” è l’autore capace di essere nello spirito del suo tempo e, insieme, a oltrepassarlo, di parlare ai suoi posteri a cui tramanda un manuale di regole di comportamento. Oraculo manual è così un sorprendente tesoro di saggezza, un dispositivo di uso pratico sia per le affinità che mostra fra civiltà barocca e la nostra civiltà neobarocca sia per i consigli che propone sulle condotte di vita e le modalità di comportamento nelle società attuali.
Oggi la conflittualità della vita psichica, il disorientamento che provoca paure e angoscia, determinate da un mondo in accelerata trasformazione, dalle catastrofi contemporanee, da pandemie, guerre, crisi economica e processi di destrutturazione sociale, inducono a rileggere attentamente l’opera di Gracián.
Il gesuita spagnolo usa due metafore efficaci per la condotta di vita, due utensili “manuali” proprio nel senso di maneggevoli e di facile uso: la sonda e l’uncino. Scrive Gracián: “Grandi secche vi sono oggigiorno nell’umano comportamento: conviene avanzare sempre con la sonda”. Ma non basta. “Un pizzico di arguzia condisce tutto. Anche gli uomini più grandi giocano la carta dello spirito, cosa che concilia la simpatia di tutti, ma sempre attenti a non sgarrare dall’accortezza e fatto salvo il decoro. Altri fanno di una battuta la scorciatoia per uscire d’impaccio, ché vi sono cose da prendersi per scherzo, e a volte quelle che l’altro prende più sul serio. E’ indizio di affabilità, uncino dei cuori”14. Così la sonda, metafora della prudenza che guida la selezione, e l’atteggiamento ludico, distaccato, scherzoso, non alieno da battute di spirito, è capace di arpionare come un uncino i cuori degli altri.
Sonda e uncino sono necessari strumenti per destreggiarsi nel mondo descritto dal gesuita, assai simile al nostro. Civiltà dell’informazione, quella barocca come la nostra neobarocca. “Si vive per lo più di informazioni. Ciò che vediamo è il meno: viviamo del credito dato ad altri. L’udito è la porta secondaria della verità e quella principale della menzogna. La verità, generalmente, si vede; in rari casi, si ode. Poche volte arriva allo stato puro, e ancor meno quando viene da lontano; porta sempre con sé qualcosa dei sentimenti attraverso cui passa; la passione, sia contraria o favorevole, tinge dei suoi colori ciò che tocca. Tende sempre a impressionare: tiene in gran conto chi loda e ancor più chi biasima. Occorre allora stare molto attenti a scoprire l’intenzione di chi fa da tramite, sapendo prima cosa l’ha mosso. Contrasti, la riflessione, quanto è fatuo e falso”15. Mutatis mutandis, con l’unica variante che oggi non è possibile distinguere i sensi della vista e dell’udito nel sistema dell’informazione, la rappresentazione di Gracián è quasi profetica. Contiene pressoché tutti gli ingredienti della condizione indotta oggi dal sistema dell’informazione: le infinite mediazioni e i “tramiti” che intorbidano la verità, il carattere subliminale, la leva dei sentimenti e delle emzioni, ecc.
Su tutto trionfano le mode. “Persino il sapere deve adeguarsi alle mode e, dove non sia di moda, occorre sapersi mostrare ignoranti (…) Il gusto delle persone detta legge in ogni ordine di cose (…) Si adegui l’uomo accorto al suo presente, per quanto migliore possa sembrargli il passato, sia nelle qualità dell’anima che in quelle del corpo (…) Viva il saggio come può se non come vorrebbe. Stimi quel che la sorte gli ha concesso più di quel che gli ha negato”16. Moda assume qui tanti significati: il gusto della maggioranza, non solo, ma anche il primato del presente (da “modo”, ora) – il “presentismo”, diremmo oggi, – , modi cortesi, da integrare con medietà ed equilibrio.
Per raggiungere medietà ed equilibrio “è necessario studiare gli individui tanto quanto i libri”17. Studiarli non con pedanteria, con eccessiva severità, ma adottando la tolleranza che, secondo Epitteto, “è la più grande regola di vita”, in cui consiste “la metà del sapere”. E “dalla tolleranza nasce l’inestimabile pace, che è quanto di meglio vi sia sulla terra, E colui che non si ritrovasse nella disposizione di tollerare, ricorra al ritiro in sé stesso, ammesso che riesca a tollerare almeno sé stesso”18.
E’ un pressante richiamo al principio di realtà quello rivolto dal gesuita spagnolo ai suoi lettori. Il temperamento dell’immaginazione è un ulteriore consiglio più che mai attuale nel tempo storico della confusione fra fiction e realtà. La “prudentissima sinderesi” è l’unico antidoto al “grande e generale scompiglio”, di fronte al quale, tuttavia, Gracián attenua il suo pessimismo. Questo, egli scrive non è il secolo della saggezza, verso di esso non bisogna nutrire eccessive aspettative. Ma la saggezza è eterna: quindi ritorna ciclicamente19