Index Librorum Prohibitorum: inquisizione e censura libraria in Italia
Le pubblicazioni proibite contenute nell’Index librorum, uno dei principali strumenti di censura per impedire la stampa, la vendita e la lettura di libri
La nascita dell’inquisizione
Inquisizione è il nome dato all’attività e alla procedura di uno speciale tribunale ecclesiastico istituito per la repressione dell’eresia. L’inquisizione nasce nel 1184, quando papa Lucio III, in accordo con l’imperatore Federico Barbarossa, stabilì che non ci si dovesse limitare alla repressione degli eretici, ma li si dovesse ricercare. Con la bolla Ad abolendo, istituì in ogni diocesi un’ inquisizione episcopale permanente, sostenuta dall’autorità secolare. Gradualmente però si assistette a un’assimilazione del peccato di eresia a quello di lesa maestà, aprendo di fatto la via per la condanna a morte al rogo dell’eretico che non ritrattatavi o del recidivo. In un primo tempo il Tribunale dell’inquisizione fu affidato ai vescovi, progressivamente affiancati e poi sostituiti da inquisitori di nomina pontificia, che rispondevano direttamente al papa; questi in un primo momento furono scelti tra i Cistercensi, ma nel 1235 furono sostituiti dai Domenicani affiancati dai Frati minori nel 1246. Gradualmente il Tribunale dell’inquisizione diventò una sorta di normale organo di amministrazione della chiesa cattolica, di cui si fissarono le procedure, istituzionalizzando l’aspetto burocratico: manuali, formulari, interrogatori, ecc. Progressivamente i tribunali dell’inquisizione passarono dall’occuparsi dell’originario campo di repressione dell’eresia a quelli di bigamia, bestemmia, stregoneria, ecc. Nel XIV secolo i Tribunali dell’inquisizione ebbero un momento di forte declino, dovuto alle pressioni dei vescovi, alle difficoltà finanziarie e ai tentativi degli Stati di esercitare un controllo su di loro. Un esempio di questa pressione fu il celebre processo ai Templari (1307), o quello a Giovanna D’Arco (1430-1431). La riforma luterana fece riemergere la necessità di un coordinamento centralizzato nell’attività repressiva, attuato però solo in Italia, Spagna e Portogallo.
Inquisizione romana o Sant’Uffizio
Nel 1542, con la bolla Licet ab initio, Paolo III fondava la Conregatio Romanae et universali Inquisitionis seu sancti officii, una commissione centrale composta da sei cardinali inquisitori, con giurisdizione su tutta la cristianità. La sua istituzionalizzazione comportò alcuni elementi procedurali importanti come il diritto degli inquisiti di appellarsi, il ricorso a un avvocato difensore, l’obbligo di giuramento dei testimoni, ecc. Con la costituzione Immensa Aeterni Dei del 1588, Sisto V stabilì definitivamente il primato del Sant’Uffizio sulle quindici congregazioni romane. Negli anni precedenti si erano andate accumulando le competenze così che l’Inquisizione doveva colpire eretici, lettori dei libri proibiti, maghi, ma anche bestemmiatori, giudaizzanti, sodomiti, simoniaci, celebranti senza autorizzazione, ecc.
In campo librario le competenze del Santo Uffizio erano anch’esse molte. Già nel 1543 a un anno dalla sua fondazione, aveva ampliato alla censura le sue originarie prerogative di lotta all’eresia, autorizzandosi a colpire non solo chi diffondeva opere ereticali, ma incaricando anche propri delegati di perquisire biblioteche, tipografie, librerie, case private e monasteri, sequestrando e bruciando libri proibiti. Inoltre con la regola X dell’Index librorum prohibitorum del 1564, il Sant’Uffizio, come l’Inquisizione spagnola e portoghese, acquisì il diritto di fulminare condanne nei confronti di opere e autori, di concedere permessi di lettura e di perseguire possessori e lettori di libri interdetti. L’importanza del Sant’Uffizio nel campo della censura non si limitò pertanto all’elaborazione delle disposizioni legislative ma anche nella loro applicazione. Erano gli inquisitori locali a dover perseguire gli eretici che si erano formati leggendo libri. Tutto questo influì enormemente nello sviluppo della cultura in Italia, Spagna e Portogallo, mentre in Francia e Germania la mancanza della censura della Chiesa cattolica permise una maggiore libertà.
Agli inizi del XVII secolo apparve chiara l’impossibilità di un’azione incisiva anche nella sola Europa cattolica. Nel corso dello stesso secolo l’equilibrio tra stato e Chiesa cominciò a spezzarsi così che il peso dell’autorità ecclesiastica sul controllo culturale andò diminuendo. Gli Indici erano sempre più pieni di proibizioni, ma i margini per metterli in pratica andavano restringendosi. A Napoli il Sant’Uffizio fu soppresso nel 1746, a Parma nel 1768, a Milano nel 1775, in Toscana e in Sicilia nel 1772. A Genova, Venezia e Torino furono le armate napoleoniche a decretare la sua fine fra il 1796 e il 1800. La Congregazione del Sant’Uffizio continuò comunque a esistere, servendosi della rete diocesana e svolgendo le proprie procedure quasi interamente per iscritto, richiedendo raramente la comparizione dell’imputato. Persa ogni capacità d’intervento nei confronti dei non cattolici, nel 1908 fu riformata nel senso di un tribunale interno e le fu attribuito il compito di compilare l’Index librorum prohibitorum. Nel 1917 finì con l’assorbire la stessa Congregazione dell’indice. Il 18 novembre 1965 fu decisa la sua sostituzione con al Congregazione per la dottrina della fede, incaricata di stabilire l’accettabilità delle proposizioni in materia di dottrina. Il 7 dicembre 1965, con la chiusura del Concilio Vaticano II, cessò ufficialmente di essere suprema tra le Congregazioni romane.
Congregazione dell’indice
Per difendere il mondo cattolico dai pericoli rappresentati specialmente, ma non esclusivamente, dalla stampa protestante, nel 1571 Pio V istituì la Congregazione dell’Indice. I suoi compiti erano soprattutto due:
- valutare tutti i libri di recente (e meno recente) pubblicazione, redigere di volta in volta un Indice aggiornato dei libri proibiti (Index librorum prohibitorum) e sorvegliarne l’applicazione;
- espurgare i libri dei quali era condizionatamente concessa la lettura, censurando i passi considerati pericolosi. La Congregazione, che fino a pochi anni fa era vista dagli storici come una efficiente istituzione monolitica, alla luce dell’esame dei documenti si è rivelata come un microparlamento costituito da una molteplicità di posizioni, dotata di una indipendenza di giudizio la quale produceva anche modifiche quotidiane alle norme. A volte questa conflittualità si traduceva in una vera e propria conflittualità fra indici diversi, come quelli tridentino e spagnolo, ed erano frequenti pure i contrasti tra la stessa Congregazione e il Concilio. La Congregazione, con motu proprio del 25 marzo 1917 di papa Benedetto XV, è stata fusa con la Sacra Congregazione del Sant’Uffizio.
Index librorum prohibitorum
L’elenco di pubblicazioni proibite era contenuto nell’Index librorum prohibitorum che costitutiva uno dei principali strumenti attraverso cui le istituzioni, in primo luogo la Chiesa di Roma, cercavano di attuare una censura capillare e di impedire la stampa, la vendita, la lettura e il semplice possesso di libri pericolosi per la fede o la morale cattolica. Se Roma nel 1521 decretava il rogo di tutti i libri di Lutero, in seguito alle condanne espresse dalle università di Lovanio, Colonia e Parigi, proprio da quest’ultima università proveniva il primo Index librorum prohibitorum, stampato nel 1544. Conteneva una lista di 230 libri in latino e in francese, che aumentarono progressivamente nelle successive sei edizioni, fino al 1550. L’ultima, del 1556, conteneva 528 testi interdetti, perlopiù trattati di teologia o, comunque opere legate alla Riforma. Altri tre cataloghi uscirono su ordine di Carlo V e di Filippo II dall’Università di Lovanio, negli anni 1546, 1550 e 1558, condannando circa 500 opere di ascendenza luterana, in particolare piccoli volumetti destinati alle letture popolari. Nel frattempo Indices librorum prohibitorum simili erano usciti in Portogallo (nel 1547 e nel 1551) e in Spagna (nel 1551), redatti dall’Inquisizione portoghese e spagnola, i quali riprendevano in gran parte i cataloghi di Lovanio. Il primo Index della Chiesa di Roma fu pubblicato sotto papa Paolo IV, con un elenco dei libri e degli autori proibiti. Detto Indice Paolino, era il frutto di un decennale lavoro dell’Inquisizione, e fu promulgato con un decreto, affisso a Roma il 30 dicembre 1558. Le condanne, 1107 in tutto, erano durissime, secondo un criterio di divisione dei libri proibiti in tre classi che sarebbe rimasto fino alla metà del secolo successivo. L’elenco dei libri proibiti comprendeva l’intera opera degli scrittori non cattolici, compresi i testi non di carattere religioso, altri 126 titoli di 117 autori, di cui non era tuttavia condannata l’intera opera, e 332 opere anonime. Vi erano inoltre elencate 45 edizioni proibite della Bibbia, oltre a tutte le Bibbie nelle lingue volgari, in particolare le traduzioni tedesche, francesi, spagnole, italiane, inglesi e fiamminghe. Era però permessa la stampa di bibbie in ebraico, perché il Concilio di Vienne in Francia del 1311 aveva sancito l’importanza della conoscenza dell’ebraico nello studio della Bibbia. Era poi condannata l’intera produzione di 61 tipografi (prevalentemente svizzeri e tedeschi) e infine si proibivano intere categorie di libri, come quelli di astrologia o di magia, mentre le traduzioni della Bibbia in volgare potevano essere lette solo su specifica licenza, concessa solo a chi conoscesse il latino (permesso di lettura) e non alle donne. Tra i libri proibiti c’erano: Dante Aligheri (De Monarchia), il Talmùd, Guglielmo di Ockam (Opera omnia), Niccolò Machiavelli (Opera omnia), Giovanni Boccaccio (Decamerone), ecc. Nel 1564 fu promulgato l’Index librorum prohibitorum tridentino, elaborato da una commissione di vescovi nominata in seno al Concilio di Trento. Il nuovo strumento si caratterizzava per una certa mitezza: le condanne rimanevano più o meno le stesse, ma cambiava il quadro generale ed erano fissate dieci regole di proibizione. Queste, che avrebbero sostanzialmente caratterizzato la censura cattolica per i successivi quattro secoli, furono sostituite solo nel 1897 da papa Leone XIII. L’Index tridentino fu più volte ristampato e rimase in vigore fino al 1596, benché fosse applicato in maniera non uniforme e spesso con disinteresse. Una svolta si ebbe nel 1571, con la costituzione della Congregazione dell’Indice dei libri proibiti (Congregatio pro Indice Librorum Prohibitorum) che nel 1596, sotto papa Clemente VIII, promulgò il nuovo Index librorum prohibitorum. Negli anni seguenti la Congregazione dell’Indice, insieme al Sant’Uffizio e al Maestro di Sacro Palazzo, continuarono a emanare nuovi decreti contenenti proibizioni, pubblicati come supplementi all’edizione clementina del 1596. Nel 1664, con Alessandro VII fu preparato un nuovo Index librorum prohibitorum ufficiale, che differiva dai precedenti nella forma, e che abbandonava la divisione in classi del modello tridentino, in favore di una più semplice e più agile successione alfabetica, che conteneva tutte le proibizioni dal 1596 al 1664. Una seconda edizione dell’Index alessandrino fu poi pubblicata l’anno successivo, nel 1665, introdotta dal breve pontificio Speculatores, in cui si ribadivano le regole tridentine che regolavano la censura. Il catalogo di Benedetto XIV nel 1758 segnò un drastico cambiamento. I titoli furono nuovamente ordinati alfabeticamente com’era diventato ormai usuale, ma con un rimando a ciascun decreto di proibizione; si corressero le molte imprecisioni stratificate nel corso degli anni, tanto da renderlo uno strumento più accurato e filologicamente corretto; molte interdizioni furono riviste, altre relative a opere non più in circolazione non più operanti furono abolite. Nel 1869 la bolla di Pio IX Apostolicae Sedis, abolì la scomunica che sia nell’Indices librorum proihibitorum tridentino sia in quello clementino era prevista per autori e stampatori che non avessero sottoposto i propri scritti alla revisione ecclesiastica. Un ulteriore passo lo fece Leone XIII con la costituzione Officiorum ac Munerum del 1897 e con la seguente riforma dell’Index librorum prohibitorum del 1900. Le basi della censura furono identificate esclusivamente nella Sollicita ac provida e nella Officiorum, mentre per le liste dei libri proibiti ci si rifece a quelle stilate dal 1600, riferendo peraltro le interdizioni solo alle eresie cinquecentesche e non più alle opere ereticali dell’antichità e medioevali. Vietate comunque le opere di apostati, eretici, scismatici, e tutte quelle volte a giustificare o esaltare eresie e scismi. Inoltre tutte quelle che negavano la nozione d’ispirazione delle Scritture, che difendevano il duello, il divorzio, il suicidio, quelle massoniche e tutto il corpus di letteratura magica ed esoterica in senso largo, nonché le edizioni bibliche, i messali, breviari, catechismi, opere devozionali e dal 1905 anche i canti liturgici, non espressamente approvati da Roma. L’ultima edizione dell’Index librorum prohibitorum fu pubblicata nel 1948 e, il 14 giugno 1966, lo stesso Index librorum prohibitorum fu abolito, perdendo così la sua valenza di legge ecclesiastica ma rimanendo moralmente impegnativo per i fedeli e gli editori cattolici.
Index librorum esxpurgandum
L’Index librorum espurgandum era costituito da un elenco di libri sospesi in attesa di una censura su parti del testo. L’intervento di correzione avrebbe consentito di rimettere in circolazione il libro. Nel 1554 fu pubblicato in Spagna un Index librorum espurgandorum di 65 Bibbie, e qualche tempo dopo, rispettivamente nel 1562 e 1567, fu ristampato a Venezia e Bologna. In Spagna, a distanza di un anno dalla pubblicazione dell’Index librorum prohibitorum del 1583, per mano dell’inquisitore generale il cardinale Gaspar Quiroga, fu promulgato nel 1584 un Index librorum expurgandorum che si poneva lo scopo di andare incontro alle esigenze di quanti utilizzavano i libri per mestiere: intellettuali in genere, professori universitari, medici, avvocati. Nel corso dei due secoli successivi in Spagna si moltiplicarono gli Indices librorum expurgandorum, a differenza di quanto accadde invece a Roma, che vide con diffidenza i cataloghi spagnoli e non li accolse.
Permesso di lettura
In alcuni casi, quando serviva per studio o lavoro, era possibile ottenere un Permesso di lettura. Questo era un’autorizzazione alla lettura di libri proibiti rilasciata dall’autorità ecclesiastica. In Spagna era concesso solo dagli Inquisitori generali, mentre sul territorio italiano poteva essere conferito dal pontefice, dalla Congregazione del Sant’Uffizio, dalla Congregazione dell’Indice, dal Maestro di Sacro Palazzo, dagli inquisitori locali con obbligo di notifica a Roma, e in alcune fasi storiche, anche dai vescovi. In linea di massima, comunque, anche quest’ultimi, al pari dei cardinali, erano soggetti all’autorizzazione. Dal 1615 fu stabilito che i residenti a Roma dovessero rivolgere le richieste direttamente al Maestro di Sacro palazzo, gli abitanti fuori di Roma al sant’Uffizio. Le prescrizioni che regolavano il rilascio erano teoricamente rigide. Il permesso di lettura avrebbe dovuto essere concesso, su richiesta avallata dalla presentazione di un ecclesiastico, per periodi non superiori a tre anni e solo a individui la cui fede fosse ritenuta abbastanza solida da non essere intaccata dalla lettura. Nella pratica l’ottenimento era spesso legato a motivi di prestigio. La richiesta del permesso di lettura era in genera avanzata da persone con scrupoli, poiché non era comunque difficile procurarsi sul mercato clandestino un’opera tra quelle inserite nell’Indice dei libri proibiti. Ad alcune categorie professionali o sociali il permesso era concesso in base a considerazioni di utilizzo professionale o di interesse certo. Ai medici erano lasciate le opere di Paracelso e Cardano, a esclusione delle opere astrologiche di quest‘ultimo e in particolare del commento al Quadripartitium di Tolomeo, contenente l’oroscopo di Cristo. Ai nobili erano concessi i libri di duello. I libri di magia cerimoniale, di astrologia e di arti divinatorie rientravano invece fra quelli omnino prohibiti.
Il controllo esercitato dall’autorità ecclesiastica, trovava un’eccezione nelle scuole religiose. Si osserva così che nelle biblioteche degli antichi collegi dei Gesuiti o dei Domenicani, è possibile trovare opere le quali erano poste all’Indice, ma le quali erano permesse ai religiosi, perché dovevano valutarne la coerenza con la dottrina cristiana o essere utilizzate per motivi di studio o di ricerca.
L’imprimatur
Lo strumento con cui era autorizzata la stampa di un’opera era l’imprimatur, abbreviazione della locuzione latina: Nihil obstat quominus imprimatur (lett. Non esiste alcun impedimento al fatto di essere stampato). Parola apposta dalla competente autorità civile o religiosa (vescovo, o per delega dal suo vicario generale), o più spesso da tutte e due, a un libro o foglio che gli sia stato sottoposto per la censura e da lui approvato prima della stampa.
Le prime forme di controllo della produzione del libro a stampa nascono in ambiente ecclesiastico, nelle città tedesche nella metà del XV secolo, ma non sono altro che la prosecuzione di un uso medievale. Nel 1479 infatti Sisto V concede all’Università di Colonia il diritto di censurare non solo i manoscritti, ma anche le opere a stampa. L’imprimatur in Germania è ufficializzato nella bolla Intermultiplices di Alessandro VI (1501) che incarica dei controlli necessari tre vescovi elettori e quello di Magdeburgo. Nel 1487 Innocenzo VIII conferisce valore universale alla pratica del controllo, stabilendo che il Maestro del Sacro palazzo a Roma, e i singoli vescovi, in tutto il mondo cristiano, esaminino i libri prima che siano pubblicati e ne approvino la stampa con il sigillo dell’imprimatur. Dalla metà del XVI secolo Chiesa e Stato iniziano a muoversi in modo coordinato conferendo così maggior valore all’imprimatur. Quest’ultimo è stampato all’inizio o alla fine del libro in modo da potere essere verificato con facilità e può essere accompagnato o sostituito dalla formula con licenza dei superiori o con l’approvazione dei superiori, e seguito dall’indicazione di chi ha rilasciato l’imprimatur. Questa alternanza di formulazione ha portato spesso a confondere imprimatur e licenza di stampa, sovrapponendo così due autorizzazioni diverse concesse da autorità diverse, Chiesa e Stato.
Index librorum prohibitorum editi a Palermo
XVI secolo
Index authorum et librorum qui ab officio sanate Romanae et universali inquisitionis caveri ab omnibus et singulis in universa christiana repubblica mandante. Panhormi, apud Iohannem Mattheum Maidam, ad instanti Francisci Carrara, in signum leonis, 1559.
Di questa edizione, registrata negli antichi inventari, non sono conosciuti esemplari.
XVII secolo
Sandoval, Bernardino de. Index librorum prohibitorum et expurgatorum ill.mi ac r.mi d. d. Bernardi de Sandoval, et rojas … Madriti, 1612. Panormi : ex Typographia Io. Baptistae Maringo, 1628.
Unico esemplare conosciuto conservato presso la Biblioteca della Curia generale del Terzo ordine regolare di San Francesco
Index librorum prohibitorum. Index librorum prohibitorum, et expurgatorum ill.mi ac r.mi d.d. Bernardi de Sandoual, et Rojas, S.R.E. presb. cardin. Tit. Sanctae Anastasiae, archiepisc. Toletani, Hispaniarum primatis, Maioris Castellae cancellarij, generalis inquisitoris, regij status consiliarij, &c. auctoritate & iussu editus. De consilio supremi Senatus Sanctae Generalis Inquisitionis Hispaniarum. Denuo cum suis apendicibus vsque hodie in lucem editis, typis mandatus, illustriss. ac reverendiss. d.d. Antonio Zapata, S.R.E. Tituli Sanctae Sabinae presbitero cardinalis, in Hispaniarum Regnis inquisitore generali, & regij status consiliario, &c. De eiusdem Supremi Senatus Sanctae Generalis Inquisitionis mandato. Madriti, 1612, et Panormi, ex typographia Io. Baptistae Maringo, 1628 (Panormi, ex typographia Io. Baptistae Maringo, 1628).
Copia posseduta dalla Biblioteca centrale della regione siciliana e dalla Biblioteca del Convento dei Cappuccini, Petralia Sottana
Per un approfondimento
La bibliografia sull’Inquisizione è vastissima. Tra tutti si segnalano:
Vekene, Emile, van der. Bibliotheca bibliographica historiae sanctae Inquisitionis. Bibliographisches Verzeichnis des gedruckten Schrifttums zur Geschichte und Literatur der Inquisition.Vaduz: Topos, 1982.
Dizionario storico dell’Inquisizione. diretto da Adriano Prosperi, con la collaborazione di Vincenzo Lavenia e John Tedeschi.4v.
Per una sintetica introduzione con bibliografia sulla censura libraria:
Libro e censure. A cura di Federico Barbierato. Milano: Silvestre Bonnard, 2002.
Sull’inquisizione in Sicilia:
Costanza, Calogero. Libri stampati in Sicilia sull’Inquisizione. Reggio Calabria: Tip. La voce di Calabria, 1984?
Renda, Francesco. L’inquisizione in Sicilia. Palermo: Sellerio, 1997.