Io, la Regina. Maria Carolina d’Asburgo-Lorena tra politica, fede, arte e cultura
Io, la Regina. Maria Carolina d’Asburgo-Lorena tra politica, fede, arte e cultura
Yo, el Rey era la formula con cui Filippo II, sovrano di Spagna, sottoscriveva tutti i suoi documenti, rappresentava l’autocoscienza della regalità. Yo, la Reina era la firma apposta da Isabella di Castiglia a conclusione delle sue disposizioni testamentarie. Dunque sovranità maschile e sovranità emminile costituiscono due componenti integrate della storia di lunga durata delle monarchie nell’età moderna.
E’ a partire da questa premessa che Giulio Sodano e Giulio Brevetti hanno curato e costruito un libro importante: Io, la Regina: Maria Carolina d’Asburgo Lorena tra politica, fede, arte e cultura (Quaderni di Mediterranea, Palermo 2016). Importante non solo perchè getta luce, attraverso contributi di autori diversi, appartenenti ad aree disciplinari differenti, su una complessa personalità come Maria Carolina. Importante soprattutto perchè è un’occasione per riflettere su un tema ampiamente battuto, in apparenza, dalla storiografia, ma che è ancora suscettibile di approfondimenti e di ulteriori messe a punto.
Ed in questa direzione, con una conoscenza assai soddisfacente della letteratura, si muove Giulio Sodano nel suo saggio Donne e potere: la monarchia femminile nel secolo XVIII. La novità è già contenuta nel titolo che, tuttavia, non deve ingannare. Parlare di monarchia femminile non significa per l’autore sottoscrivere l’orientamento di una parte della gender history che considera la storia delle donne storia separata. Sodano sottolinea spesso come non sia accettabile l’integralismo femminista, per così dire, che pretenderebbe addirittura di fondare nuove periodizzazioni. A guidare lo storico deve essere sempre l’ottica dell’intero. Le indagini più recenti sulle relazioni tra donne e potere hanno dimostrato che i ruoli maschili e femminili si integrano e completano per far funzionare gli ingranaggi delle monarchie: le donne sono capaci di sostenere conflitti, animare resistenze, promuovere istituzioni. Le regine, non dotate del doppio corpo come quello del re – il corpo fisico destinato al deperimento, il corpo politico garante della continuità del potere monarchico possono svolgere funzioni di mediazione, delineare uno stile muliebre di governo, esercitare un potere informale di assoluto rilievo, condizionare, come Maria Carolina, la politica internazionale, promuovere o destituire ministri. Il XVIII secolo vede un forte attivismo delle regine sia come consorti che come sovrane per diritto. Soprattutto attraverso la maternità Maria Carolina ebbe ben 16 figli le regine vengono incorporate nella costruzione dinastica.
Osservazioni interessanti Sodano svolge sul rapporto fra donne e illuminismo. L’autore si pone una domanda: il discorso illuminista rivestì un carattere essenzialmente maschile come pure si è sostenuto da qualche parte? La risposta è decisamente negativa. E’ vero che l’antico regime non cade per far cadere il potere delle donne, ma piuttosto la caduta dell’antico regime ad avere come conseguenza l’arretramento di alcune forme di potere femminile che lo avevano caratterizzato. La distruzione del pregiudizio, tuttavia, comporta necessariamente nella lunga durata un miglioramento dello status giuridico e sociale della donna. La condizione della donna – scrive Sodano – nel passaggio all’affermazione della visione pubblica della politica può essere peggiorata, pur tuttavia non va dimenticato che quella precedente era esclusivamente legata ad una piccola parte di donne privilegiate grazie ai confusi confini tra pubblico e privato. La distruzione dei pregiudizi è stato il vero motore che sul lungo periodo avrebbe questa volta portato tutte le donne a godere dei diritti di libertà ed eguaglianza, e non soltanto le privilegiate aristocratiche.
Gli altri contributi del volume arricchiscono il quadro delle conoscenze su Maria Carolina: Paologiovanni Maione analizza gli itinerari del viaggio nuziale della regina; Elisa Novi Chavarria i rapporti tra Maria Carolina e il suo confessore; Giuseppe Cirillo i nuovi assetti istituzionali del Regno di Napoli; Francesco Cotticelli il gusto teatrale e musicale che emerge dalle lettere di Maria Carolina alla figlia Maria Teresa; Paola Zito studia la biblioteca della regina; Gianluca Del Mastro i rapporti di Maria Carolina con gli scavi e la Villa dei Papiri di Ercolano; Giulio Brevetti si sofferma sull’iconografia pittorica; Vega de Martini sui gioielli napoletani a Corte; Eva Baumgartner sui ricordi della regina di Sicilia a Vienna.
Tanti sono gli spunti meritevoli di ulteriori approfondimenti. Mi limito a ricordarne uno, appena accennato nel saggio di Sodano. Maria Carolina non ha goduto, come è noto, di simpatia nell’Ottocento napoletano. Non solo perchè mandò al patibolo i patrioti napoletani del 1799. Ma, soprattutto, perchè fu all’origine di quella frattura fra Corte e paese, destinata ad approfondirsi nei decenni successivi della storia delle Due Sicilie. Vincenzo Cuoco ben vide questo aspetto, che mise in luce nel Saggio storico. Pertanto uno studio della sfortuna, per così dire, di Maria Carolina nell’Ottocento italiano non può assimilare sullo stesso ed omogeneo piano della leggenda nera, come fa Sodano, intellettuali come Lomonaco, Cuoco, Botta, Colletta ecc.