JUNG E LA MALINCONIA
Nel mio ultimo libro Malinconia barocca (Neri Pozza, 2023) ho appena sfiorato l’interpretazione psicoanalitica del sentimento, omettendo sia riferimenti a Freud sia quelli ancor più avvincenti e intriganti a Jung. In questa sede propongo alcuni spunti di ricerca sulla tematica junghiana con particolare attenzione alle fonti da lui utilizzate, che hanno molto a che fare con le problematiche affrontate nel mio libro.
Parto da L’analisi dei sogni (1909). Margherita, scrive Jung, nel Faust di Goethe è attraversata dal dubbio sulla fedeltà di Faust che viene rimosso e respinto nella dimensione onirica. “Esso riappare sotto forma di una storia melanconica che, benché realizzi il desiderio, non è accompagnata da sentimenti gradevoli”, (in C.G.JUNG, L’analisi dei sogni. Gli archetipi dell’inconscio. La sincronicità, Torino, Bollati Boringhieri 2022, p. 27). Dopo rimozione e respingimento del dubbio sulla fedeltà subentra la malinconia: il sentimento gradevole è assente e la realizzazione del desiderio è come la malinconia barocca, ossia un tempo sospeso tra tensione e risoluzione.
Nei Simboli della trasformazione (1912-1952) “la regressione è uno scivolone nel passato provocato da una depressione del presente”. Cioè “la depressione è un fenomeno inconscio di compensazione”. La malinconia è invece considerata, come da Marsilio Ficino e in altri autori del “Rinascimento malinconico”, funzione positiva: in essa “si cela una parte molto importante della personalità, un prezioso frammento della psiche, da cui può scaturire la creatività, conferendogli un significato di alta spiritualità catartica”.
Marsilio Ficino va ben oltre la teoria umorale. Certo lo spiritus o idolum è tratto e vivificato dai quattro elementi. Ma il malinconico, legato allo spiritus, è identificato con il saggio, con le sue facoltà fantastiche e creative. E l’umore malinconico si manifesta allorché l’anima si è liberata dei condizionamenti corporei. I nuovi termini della questione sono esposti nel De vita. E’ lo spirito che mette in relazione tutte le parti del corpo: il cuore, il cervello, i sensi interni e esterni, il sangue, lo stomaco. Così la missione dell’intellettuale è la cura dell’anima e del corpo insieme, evitando l’eccesso dei due umori, flegma e atrabile. La malinconia del sapiente e dell’uomo di genio è ricerca del centro attraverso la contemplazione.
Torniamo a Jung. Ne Gli archetipi dell’inconscio (1934-54) e ne Il concetto dell’inconscio collettivo (1936) egli riflette sulla storicità del simbolo e di alcuni fenomeni collettivi. “I simboli – scrive – non devono essere isolati dal loro contesto”. I riferimenti dello psicologo svizzero al Seicento barocco sono evidenti quando sostiene la complementarità di luce e ombra, l’incontro con se stesso come incontro con la propria ombra.
Il Cinque e il Seicento sono considerati secoli di fonti e riferimenti privilegiati da Jung. Si pensi alle citazioni da La Rochefaucauld e alla considerazione della pigrizia come massima passione, l’idea di animus e anima, il continuo riferimento al Mutus Liber (1677), a Richardus Vitus, a Ulisse Aldrovandi (Aldrovandus), al Tractatus aureus. Jung rinvia al suo L’enigma bolognese (1945) in Mysterium coniunctionis, l’ultima opera del 1955-56. Il Mutus Liber, pubblicato a la Rochelle nel 1677, contiene sole immagini senza commento: quindici tavole del probabile autore, lo speziale protestante Isaac Baulot, emigrato ad Amsterdam dopo la revoca nel 1688 dell’editto di Nantes. Le illustrazioni riprendono quelle del Cinquecento e il probabile ispiratore è Durer, genio dell’arte grafica. L’approfondita conoscenza di Ulisse Aldrovandi, il grande scienziato, collezionista della natura, creatore delle wunderkammer, somma di naturalia e artificialia, oltre a ricordare il peso straordinario che l’alchimia tiene nella costruzione teorica di Jung, può ancora essere associata al tema della malinconia: in questo caso effetto della tendenza all’accumulazione del collezionista che può produrre un senso di smarrimento e di disorientamento per il carattere infinito della conoscenza naturale.
Non sono poche, dunque, le suggestioni derivanti a Jung dalla straordinaria conoscenza delle fonti collocate fra Rinascimento e Barocco. E l’archeologia della malinconia è direttamente da esse ispirate. Jung ne riprende alcune linee:
- L’ambivalenza, positivo/negativo, del sentimento
- La fonte creativa dell’immaginazione e del genio
- La perturbante sospensione fra tensione e risoluzione
AURELIO MUSI