La cittadinanza italiana. Ius soli, sanguinis o culturae?
Sabato 23 dicembre, si è arenata in Senato la proposta di legge nota come “ius soli”. Questa si concentrava sulla tutela dell’acquisto della cittadinanza da parte dei minori, apportando a tal fine alcune modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91. La legge attualmente in vigore si fonda principalmente sullo ius sanguinis, privilegiando il criterio della discendenza da genitori o antenati italiani come attribuzione della cittadinanza. I cittadini dei paesi europei devono risiedere in Italia almeno quattro anni per poter richiedere la cittadinanza; dieci anni quelli dei paesi extracomunitari, mentre i figli dei cittadini stranieri nati in Italia devono risiedere obbligatoriamente e continuativamente nel paese fino al compimento del diciottesimo anno di età prima di poter fare domanda di cittadinanza. Inoltre occorre essere sposati da almeno due anni con un cittadino italiano per poter essere naturalizzati italiani.
La novità principale della proposta di legge consisteva nella previsione di una nuova fattispecie di acquisto della cittadinanza italiana per nascita (ius soli) e nell’introduzione di una nuova modalità di acquisto della cittadinanza in seguito ad un percorso scolastico (ius culturae). In particolare, avrebbero acquistato la cittadinanza per nascita i nati nel territorio della Repubblica da genitori stranieri, di cui almeno uno titolare del diritto di soggiorno permanente o in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo (ius soli). La seconda fattispecie di acquisto della cittadinanza avrebbe riguardato il minore straniero, che fosse nato in Italia o vi avesse fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età, che avesse frequentato regolarmente per almeno cinque anni nel territorio nazionale uno o più cicli presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale triennali o quadriennali idonei al conseguimento di una qualifica professionale (ius culturae).
Ed in realtà sembrava essere proprio questa la vera novità da introdursi. Legare il diritto di cittadinanza alla partecipazione scolastica. Questo avrebbe significato dare centralità alla scuola e alla cultura italiana. È innegabile come ognuno sia figlio del posto in cui nasce e cresce, della cultura dei propri genitori, e, forse ancor di più, del paese in cui frequenta la scuola, poiché è la scuola la prima generatrice di senso della cittadinanza e di appartenenza a una società.