La condizione della donna nel codice napoleonico
Napoleone si circondò di amanti e di mogli, le cui abili mosse politiche lo condussero a compiere le giuste scelte sulla scacchiera del potere europeo.
Nonostante il ruolo determinante che ebbe nella sua ascesa politica, la sua concezione dell’altro sesso non contemplava la parità di diritti tra uomo e donna e questo venne fuori in modo preponderante alla stesura del cosiddetto codice napoleonico.
Quello che si evinse fu ancora una volta una strategia legislativa per permettere di controllare la relazione in modo squilibrato, a favore dell’uomo, in modo che in qualunque caso venisse adempiuto il ruolo primario della donna, quello di generare prole per la prosperità delle dinastie.
Il codice Napoleonico
Insieme al carattere di contratto civile del matrimonio, il codice conservò il divorzio ma lo circondò di parecchie limitazioni. Jean-Étienne-Marie Portalis – giurista francese – facendo propria quella che era l’opinione di Napoleone, dichiarò:
«L’infedeltà della donna suppone più corruzione e ha effetti più pericolosi. Il sesso più amabile deve anche, per la felicità dell’umanità, essere il più virtuoso».
Così, l’adulterio del marito fu considerato giusta causa di divorzio solo se costui aveva dato pubblico scandalo tenendo in casa l’amante. D’altra parte, mentre il marito adultero pagava un’ammenda se in più era giudicato pubblico concubino, la donna adultera era in ogni caso condannata a un periodo di casa di correzione che andava da tre mesi a due anni. Il codice penale napoleonico ammise inoltre la figura del delitto d’onore compiuto dal marito.
La donna nel codice napoleonico
Il codice civile considerò la donna come affetta da debolezza fisica e intellettuale, sempre bisognosa di protezione e sempre sottomessa a un tutore, il padre e poi il marito.
Anche una donna maggiorenne non sposata si vedeva spesso ridurre i propri diritti civili, ma era nel matrimonio che l’ineguaglianza dei sessi appariva lampante. La Rivoluzione aveva considerato il regime della comunione dei beni come l’unico naturale, vedendo la famiglia coma una repubblica con diritti uguali fra i coniugi.
Per il codice del 1804 la famiglia era invece una monarchia, nella quale i diritti civili della donna erano soggetti al controllo da parte del marito. Doveva seguire il marito ovunque egli avesse posto la sua residenza, se non voleva essere accusata di abbandono; manteneva una proprietà puramente teorica sui propri beni, perché solo il marito aveva il diritto di amministrarli. La donna non poteva venderli o ipotecarli e i suoi atti erano autorizzati caso per caso dal marito.