La crisi della storia: sfide e risposte
E’ questo il titolo di un dibattito, introdotto da me e da Antonino De Francesco, svoltosi alla Casa della Cultura di Milano il 9 giugno scorso. L’argomento è di straordinaria attualità: basti pensare agli articoli recenti che lo hanno affrontato, apparsi su La Lettura de Il Corriere della Sera.
Senza lamentazioni e drammatizzazioni ho cercato di interpretare i tre termini del titolo nel modo seguente: crisi allude a un processo di trasformazione in atto, costituito da un polo positivo e uno negativo; le sfide sono quelle suggerite dal processo stesso; le risposte devono essere date dalla ricerca, dalla didattica, dalla comunicazione. Dunque un rapporto strettissimo fra i tre elementi del trinomio.
Sono partito dalla considerazione che noi docenti di ogni ordine e grado scolastico e universitario facciamo assai fatica ad insegnare la storicità del presente. Il senso comune della comunicazione va nella direzione di uno spazio decontestualizzato, privo di qualsiasi mediazione e riferimento conoscitivi; di un tempo scomposto, fatto di istanti, di frammenti sconnessi, privi di relazione, schegge impazzite che vagano in un universo senza senso. Il tempo storico come svolgimento, fatto di fughe in avanti e di ritorni indietro, calato in un contesto che ad esso conferisce senso, è dimensione abbastanza estranea alla coscienza comune. Il concetto di attualità è oggi sempre più associato all’effimera percezione dell’istante in cui si svolge un evento che coincide esattamente col tempo rapidissimo della comunicazione. E naturalmente la comunicazione dell’evento successivo cancella la memoria di quello precedente: svanisce così non solo il tempo lineare, ma la stessa possibilità di considerare il tempo storico come svolgimento.
Insegnare l’identità di Clio significa esattamente comunicare un’idea assai distinta e distante da questa: far diventare l’attualità storia contemporanea, la storia presente come atto del pensiero, un processo conoscitivo che richiede la mediazione della conoscenza dell’evento collocato nello spazio-tempo della coscienza. E’ difficile, ma questa è la nostra mission.
La seconda considerazione che ho proposto si riferisce all’utilità della storia per la vita. Per raggiungere questo obiettivo, è necessario capire e far capire che la storia fa parte integrante delle scienze della vita: non historia magistra vitae, ma vita magistra historia. E ho parlato della mia esperienza personale di ricerca con i due volumi Memoria, cervello e storia (Guida 2008) e Freud e la storia (Rubbettino 2015).
Infine fare storia non è solo l’esercizio di un mestiere, ma, soprattutto la pratica di una forma di conoscenza. La vera risposta alla sfida della cosiddetta crisi della storia non è l’indebolimento del suo senso, ma un suo rafforzamento attraverso il ritorno ai fondamentali, sia pure criticamente rivisti e aggiornati alla luce del nostro tempo storico.
E una rilettura di Droysen farebbe bene a tutti.