La rifondazione della Massoneria in Sicilia (XIX sec.). Per una riconsiderazione critica
“La minaccia di Repubblica e l’attentato al proprio monopolio del potere apparivano troppo gravi agli occhi dei moderati perché questi non reagissero con ogni energia”1. Questo è il quadro che si delinea dopo lo sbarco di Garibaldi in Sicilia e il consolidamento della sua vittoria contro i Borboni. Il generale deve organizzare non solo una nuova struttura del governo dell’isola ma anche un supporto politico che desse la possibilità ai democratici-mazziniani di serrare le file e organizzarsi in modo da competere nel confronto politico con i moderati. Riaggregare le strutture massoniche preesistenti in Sicilia, profondamente intrise di cultura illuministica con simpatie “giacobine”, poteva essere una soluzione. La Massoneria aveva trovato una nuova linfa diventando soggetto politicamente propositivo fra la seconda Guerra d’Indipendenza e l’impresa garibaldina proprio in nome della Battaglia. Il primo embrione del movimento massonico nazionale si consolida nella città di Torino nell’ottobre del 1859 e diventa per i gruppi liberali «uno strumento organizzativo non ufficiale e non pubblico, attraverso il quale svolgere un’opera di aggregazione delle élite liberal-moderate a favore del nascente Stato unitario e della dinastia sabauda chiamata a reggerlo»2.
A questa realtà si contrappone la costituzione in Sicilia nel 1860 di un «Supremo Consiglio Grande Oriente d’Italia di Rito Scozzese Antico e Accettato Valle dell’Oreto sedente all’Oriente di Palermo» ad opera di un gruppo di democratici fra i quali vi sono alcuni simpatizzanti di Garibaldi, quali Zaccaria Dominici e Pasquale Calvi. Nel gennaio del 1861 anche Francesco Crispi si affilia e diventa uno dei principali animatori della Loggia centrale della quale diventerà Maestro Venerabile ad vitam grado 333.
Crispi percepisce che questa Loggia può contribuire a far maturare un’aggregazione politica importante per la costruzione di una Sicilia democratica nel contesto del costituendo stato unitario ma, nel contempo, necessita di avere un forte di punto di riferimento di punta dell’area democratica e chiede all’Eroe dei due mondi di assumerne la guida. Il decreto massonico è firmato da: Francesco Crispi, Rosario Bagnasco, da Giuseppe Insenga, Giovanni Brogetti, Saverio Friscia e Salvatore Cappello4. Garibaldi lo controfirma per accettazione giacché intuisce l’importanza del ruolo politico di aggregazione che può assumere il Grande oriente di Palermo nel processo di riorganizzazione del movimento democratico e decide di assumerne il controllo ponendosi il 17 marzo del 1862 alla guida dell’obbedienza siciliana e facendo affiliare il 3 luglio 1862 i componenti del suo Stato maggiore5. Il progetto è di creare un soggetto politico che, facendo perno su Palermo, supporti il processo che porterà all’unità d’Italia con Roma Capitale. Un sogno che diventa, dopo la fortunata impresa dei Mille, un’ossessione da realizzare a qualsiasi costo e utilizzando qualsiasi supporto politico e militare disponibile. Per Garibaldi il Grande Oriente di Palermo diventa un utile strumento per raggiungere l’obiettivo principale della sua vita: Roma capitale di un’Italia unita e sede del Grande Oriente d’Italia. Un disegno che emerge chiaramente da un suo decreto del 18 dicembre 1865 nel quale si ribadisce che il Grande Oriente d’Italia ha «sede provvisoria a Palermo, finché Roma non sia capitale degli Italiani» e, contestualmente getta le basi di un’alleanza con la massoneria toscana dando «facoltà a tutti i fratelli massoni, logge e corpi massonici di scambiare le visite colle logge del Grande Oriente di Firenze»6. Alleanza che Garibaldi tesse per porre un argine al Grande Oriente di Torino attestato su una linea liberal-moderata e filogovernativa mentre i Grandi Orienti di Napoli e di Sicilia sono espressione della componente democratica e mazziniana7.
Garibaldi matura la convinzione che l’unità della Massoneria costituisca la premessa per il raggiungimento dell’unità italiana e, soprattutto, per la conquista di Roma. Si dedica, quindi, non solo a promuovere la convocazione dell’Assemblea generale massonica, che si svolgerà nel luglio del 1867 a Napoli presso la gran loggia Egeria, ma anche sollecita il Grande Oriente di Palermo a partecipare ai lavori con una folta delegazione che avrebbe dovuto essere guidata dallo stesso generale. Nella “tavola” che porta la data del 18 maggio 18678 Garibaldi sviluppa queste sue tesi affermando:
come non abbiamo Patria perchè non abbiamo Roma – così non abbiamo Massoneria perché divisi. Se la vecchia Lupa della Diplomazia, da una parte, e l’apatia del Popolo dall’altra, ci contendono Roma ─ chi in Massoneria oserà contenderci una Patria ─ una Roma morale ─ una Roma Massonica? Io son di parere che l’unità Massonica trarrà a sé l’unità politica d’Italia. È quindi mio vivo desiderio, che un’Assemblea sia convocata la quale si elevi a Costituente, onde ne sorga l’unità Massonica. Facciasi in Massoneria quel Fascio Romano, che ad onta di tanti sforzi non si è potuto ottenere ancora in politica9.
Il Generale ha maturato la convinzione che la Massoneria ha il compito di creare “l’Unità morale della Nazione” e afferma: «noi non abbiamo ancora l’Unità materiale perché ci manca l’Unità morale ─ che la Massoneria faccia questa, e quella sarà subito fatta». Al Grande Oriente di Palermo spetta il compito di favorire questo processo e di lottare per una “rivoluzione morale e massonica” e si ribadisce che «l’astensione è inerzia ─ è morte ─ urge lo intendersi e nell’unità degli intendimenti avremo unità di azione».
L’avversione al progetto unitario concepito dal Cavour è fortissimo fra i massoni siciliani e li spinge ad ampliare la rete delle logge proprio per supportare e rafforzare la politica dei democratici siciliani. La corrispondenza di Giuseppe Colosi da Siracusa nei mesi di marzo e aprile del 1861 è esemplare per dimensionare i sentimenti nutriti verso il conte e la sua politica.
In una lettera inviata il 4 marzo 1861 al cittadino Emanuele Sartorio il Colosi sottolinea
mio caro fratello son sicuro che avranno ancor molto da vedere ed udire se il Parlamento riunito in Torino non ispiega quella forza di coraggio civile adattata ai tempi per sostenere: 1- l’Unità italiana sotto lo scettro costituzionale di Vittorio Emanuele; 2- l’indipendenza amministrativa regionale; 3 – il rispetto e la tolleranza delle opinioni per cessar l’abuso d’essere più chiamati mazziniani, repubblicani, anarchici a malapena si annunzia un’idea; e 4- di sopprimersi quella specie di pressione mentale che ricorda i tempi del dispotismo…In verità se noi aspettiamo di riunire l’Italia per mezzo della fallace strada della diplomazia questa grande impresa non si compirà giammai poiché un arcano incomprensibile a tutti noi vela i destini delle sorti d’Italia ciò rilevasi dal discorso oscuro quanto quelle delle sibille, di Napoleone III. Il conte di Cavour, carissimo fratello, s’inganna a partito se intende formare l’Italia con la sua testa e con la sua penna.
L’unica soluzione è quella di combattere con le armi il partito reazionario «che parte dall’idra di Roma»10.
Il 29 aprile contrappone l’impeto salvifico di Garibaldi con la prudente politica del Cavour affermando:
se il fariseo dagli occhiali mostra di voler chinare la fronte innanzi l’onnipotenza dei tempi voi lo conoscete benissimo che non è per propria convinzione ma lo è per calcolo onde illudere se non vi è accortezza da parte nostra questi momenti supremi in cui l’idea rappresentata da Garibaldi visita tutti i popoli per abbattere le più alte montagne11
Il Colosi il 27 maggio dello stesso anno si fa interprete della necessità di fondare una loggia a Siracusa andando «a trovare nella campestre sua dimora il fratello Emilio Buffardeci anima e vita del fratello barone Pancali»12:
giacché da un momento all’altro la libertà dell’isola nostra, dell’Italia, del mondo tutto potrà aver bisogno dei nostri travagli segnatamente che fra non guari (spero ingannarmi) la politica del nobilissimo conte, serva fedelissima dell’assassino del 2 dicembre, mostrarsi nella più semplice sua nudità non per giovare alle speranze degli italiani ma per distruggerle.
Garibaldi concepisce il rapporto con la Sicilia soprattutto in funzione del progetto dell’unità d’Italia con Roma capitale. L’isola avrebbe dovuto essere la base per raccogliere finanziamenti e volontari per tentare la spallata finale con una marcia trionfale che da Napoli avrebbe dovuto portarlo a proclamare in Campidoglio la repubblica italiana una e indivisibile13.
La felice marcia dell’esercito piemontese attraverso gli stati pontifici e la caduta di Gaeta ferma il progetto del generale e i democratici devono riposizionarsi nel ribollente quadro politico nel quale si sta formando il nuovo stato unitario anche per potere partecipare al governo della cosa pubblica14. Un processo che coinvolge anche il Grande Oriente di Palermo che trova in Crispi il principale punto di riferimento politico e massonico.
Il braccio operativo di Francesco Crispi nel Grande Oriente palermitano è Giovan Battista Chianello barone di Boscogrande, M. V. 33 della Loggia Centrale, non solo consigliere provinciale e comunale, ma anche responsabile della segreteria elettorale del Presidente del Consiglio. La sua capacità organizzativa è messa alla prova soprattutto nelle elezioni anticipate del 1892. Crispi e il suo gruppo sono in affanno in quanto gli avversari si battono contando sull’appoggio dei Presidenti del Consiglio Rudinì prima e Giolitti poi. Boscogrande agisce, in continuo contatto epistolare e telegrafico con Crispi, con grande accortezza raccordando l’impegno dei fratelli con quello dei profani. Raccoglie fondi, organizza cene elettorali e si batte per accreditare il ruolo determinante della massoneria e dello stesso Crispi per il successo della spedizione dei mille e per far diventare Roma capitale d’Italia. Il 28 maggio 1892 nel Punto geometrico (Tempio) in via Biscottari si organizza un incontro elettorale nel quale Lucifora e Sartorio ribadiranno con brillante retorica questi temi, sia pure con differenti sfaccettature. L’intervento di Lucifora (sarà assessore comunale) riprende e sviluppa il tema che il massone Crispi abbia avuto un ruolo risolutivo nel convincere Garibaldi a venire in Sicilia affermando tra gli applausi:
Giuseppe Garibaldi ed i Mille hanno reso possibile l’Unità d’Italia ed è vero; ma siamo sinceri senza le insistenze quotidiane, senza le menzogne sante di chi affermava che la Sicilia compatta attendeva il momento della levata forse Garibaldi non sarebbe partito da Quarto e l’Italia non sarebbe unita15.
Lucifora, inoltre, sottolinea il concetto che Crispi è il legittimo interprete della linea politica di Mazzini e Garibaldi. Afferma, infatti, che:
nello stupendo discorso di ieri (inaugurazione del monumento a Garibaldi) con somma modestia egli disse [Crispi]: fui imputato di megalomania perché volevo come Garibaldi un’Italia potente; perché miravo alla grandezza della Patria nostra. Ma questo è un peccato originale per noi: è il peccato di quanti ─ Mazzini alla testa ─ lavorarono per la costituzione di tutto il Bel Paese in unità di Stato. Questo peccato consigliò la spedizione dei Mille; questo peccato ispirò il Plebiscito del 20 ottobre 1860.
L’intervento di Sartorio è, invece, mirato a trasferire sul Crispi il carisma di Garibaldi, di cui esalta il ruolo di massone affermando tra gli applausi:
ecco il vero massone: due ne conosco Giuseppe Garibaldi e Francesco Crispi (applausi prolungati) massone in loggia, massone in società, massone in parlamento. Come essi ben pochi ve ne sono stati e ve ne saranno.
Crispi, nel frattempo, si era reso conto che il progetto di Garibaldi di utilizzare l’Oriente Palermitano come strumento per il processo di unificazione della massoneria italiana era diventato impraticabile e appoggia il progetto di un Grande Oriente romano al quale aderiscano tutte le altre realtà regionali. Nel 1877 Tamajo, massone di sicura fede crispina (Senatore prima e Prefetto poi), quale rappresentante della Comunione massonica italiana sedente in Roma, e l’avvocato Pietro Messineo di grado 33, in nome del Grande Oriente d’Italia sedente a Palermo, stipulano un concordato in base al quale l’Oriente di Palermo è dichiarato Sezione del Supremo Consiglio della massoneria italiana sedente in Roma Capitale della Nazione16. Un processo unitario consolidato con il decreto del Sovrano Gran Commendatore Tamajo del 1882 che mette fuori legge il Supremo Consiglio di Torino e che porta la controfirma dei “sovrani grandi ispettori generali del 33 grado componenti del supremo consiglio per la giurisdizione italiana”17. Tra le firme dei siciliani si trovano numerosi protagonisti della politica palermitana, quali il senatore Gaetano La Loggia, l’avvocato Pietro Messineo, Camillo Finocchiaro Aprile, il principe Pietro Vanni di San Vincenzo, il professore di fisica e chimica Salvatore Scichilone ed Emanuele Sartorio segretario del Banco Florio. Il gran maestro Lemmi (governa dal 1885 al 1896) durante la sua visita in Sicilia del 1892 può prendere atto con soddisfazione che il processo di unificazione si era concluso.
Un altro filone che emerge dalle carte dell’Oriente Palermitano è quello relativo alla sua attenzione nei confronti della vita universitaria. Il barone Chianello di Boscogrande diventa interlocutore privilegiato del mondo accademico siciliano per due motivi: il primo per interloquire, grazie all’intermediazione del gran Maestro Lemmi e dei diversi ministri massoni siciliani, con il Consiglio superiore della pubblica istruzione per la gestione dei concorsi; il secondo per gestire, grazie alla presenza del barone nel consiglio comunale e provinciale, i finanziamenti che questi enti danno al Consorzio creato per la creazione di laboratori scientifici e della scuola di applicazione degli ingegneri. Le affiliazioni alla Loggia Centrale di professori universitari sono numerose, fra le quali quella del prof. Damiano Macaluso, ordinario di fisica, che presta giuramento massonico nel settembre del 1888 e ha come garante il confratello professore Gaetano Giorgio Gemellaro, di Temistocle Zona direttore ff. dell’Osservatorio astronomico e aspirante alla cattedra di astronomia, di Minnuni Gaetano assistente che ambisce a diventare libero docente. Almeno due massoni sono eletti Magnifici Rettori dell’Università di Palermo e specificatamente Gemmellaro18 (Rettore dal 1874-76 e dal 1880-83) e Macaluso (Rettore dal 1890-93), mentre Boscogrande, come gran Maestro della Loggia Centrale e rappresentante di Crispi, diventa il referente massonico per la gestione degli “affari” universitari. La gestione dei singoli casi non è omogenea in quanto la storia di ciascuno differisce da quella degli altri. Gaetano Minnuni, assistente alla cattedra di chimica generale tenuta dal prof. Paternò, non è riuscito ad ottenere la libera docenza in chimica generale in quanto i suoi lavori sono stati giudicati dal Consiglio superiore “non di molto valore”. Il Minnuni, dopo il giudizio negativo ricevuto, ha continuato a produrre e, pertanto, richiede che il Consiglio Superiore lo sottoponga ad un nuovo giudizio. L’intervento di Boscogrande sul Ministro è che «S. E. il Ministro e il Consiglio superiore considerino come valido il voto dato l’anno scorso dalla Facoltà di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali dell’Ateneo di Palermo»19. Altro intervento è richiesto a favore del prof. Temistocle Zona, professore di Astronomia e direttore interino dell’Osservatorio di Palermo, il quale rischia di vincere il concorso per direttore dell’Osservatorio astronomico di Torino al quale ha partecipato “non avendo mai pensato di andare a Torino”20. Una corrispondenza che apre una finestra sulle aspirazioni, sui timori e sulle trattative che si aprono per decidere le sorti di professori, di assistenti e di liberi docenti. Il barone Chianello di Boscogrande conserva tutto: appunti del Magnifico Rettore, lettere dei ministri e del Gran Maestro, biglietti di sfoghi personali come quello del Zona che scrive «fra giorni a Roma si deciderà il concorso di Firenze dal cui esito dipenderà la mia sorte in Palermo. Io ricorro alla sua bontà perché scriva al Bacci solo queste parole: Raccomando l’affare Zona»21.
Chianello costruisce la sua rete relazionale non soltanto con i professori universitari ma, anche, con il complesso mondo delle borgate palermitane. Una lettera di Papas Vincenzo Schirò evidenzia l’esistenza di un forte collegamento con la “Società Colli”, Presidente il principe di Scalea. Schirò gli mette a disposizione per le elezioni una squadra volante di 100 persone e si preoccupa di recarsi nella borgata palermitana dei Colli «con tutte le tessare degli elettori per starci sino a domenica»22. Il principe Pietro Lanza di Scalea, Deputato del Partito agrario siciliano e poi del Partito Nazionale fascista, fu accusato di avere collegamenti con la mafia che supportava la sua candidatura23. Il suo appoggio all’attività di supporto elettorale svolta dal barone di Villaboscogrande con il supporto di un “Società dei Colli” apre numerosi interrogativi su come si costruiscono le strutture di supporto al consenso elettorale.
Il vissuto dell’Oriente di Palermo non è soltanto gestione del potere, ma anche scontro politico e contrapposizione ideologica sul programma, sul processo di riunificazione in un unico contesto nazionale, sulle alleanze, sulla formazione culturale del massone. La spedizione dei Mille spazza via non solo i Borbone, ma anche il vissuto delle logge dei liberi muratori del Settecento siciliano intorno al quale si era aggregata la cultura democratica siciliana e il complesso progetto riformatore che faceva capo a viceré massoni come Caracciolo e Caramanico24. Garibaldi è colui che apparentemente si carica della responsabilità di avviare il cambiamento, ma in realtà queste carte permettono di ipotizzare un’ipotesi di ricerca che veda in Crispi il vero motore del progetto e un percorso evolutivo dell’aggregazione e del riposizionamento delle logge massoniche siciliane nel nuovo contesto della politica del Regno d’Italia.
1 Romeo, Il Risorgimento in Sicilia, Laterza, Roma-Bari, 1973, p. 364. Per la ricostruzione del contesto non si può prescindere dalla lettura di due lavori di Salvatore Lupo e specificatamente Il passato del nostro presente il lungo ottocento 1776-1913, La Terza Bari, 2010 e L’unificazione italiana Mezzogiorno, rivoluzione, Guerra civile, Donzelli, Roma, 2011.
2 F. Conti, Massoneria e sfera pubblica nell’Italia liberale, 1859-1914, in La Massoneria, a cura di Gian Mario Cazzaniga, Storia d’Italia, Annali 21, Einaudi, Torino, 2006, pp. 579-580.
3 Ivi pp. 589-590.
4 Una copia dei nove “modelli” dell’atto di nomina di Garibaldi a primo sovrano gran commendatore Gran Maestro del supremo Consiglio Grande Oriente d’Italia sedente nella valle di Palermo è conservato presso l’Archivio di Stato di Palermo (Asp, Miscellanea archivistica, b. 3) e proviene dalla famiglia Bagnasco. Si certifica che, contestualmente alla nomina i Commissari gli conferiscono tutti i gradi massonici dal 4° al 33° propri del rito scozzese antico ed accettato. I Commissari appartengono tutti all’area di ispirazione democratica, con forti esperienze di cospirazione antiborbonica e approdati alla Massoneria anche dal mondo carbonaro e mazziniano. Friscia si forma al «circolo utopistico-radicale, con visibili ascendenze carbonare, che faceva capo al fisiologo Michele Foderà e agli intellettuali della cerchia dello storico Domencio Scina». L’iniziazione alla massoneria è dovuta all’omonimo cugino, frate domenicano, convinto antiborbonico e carbonaro promotore di una congiura del 1823 (F. M. Biscione, Friscia Saverio, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 50 (1998)). Bagnasco si forma politicamente nel crogiuolo delle cospirazioni antiborboniche. Esule a Malta e Marsiglia, fu tra i fondatori della prima Società degli operai e tra i principali fautori del partito d’azione in Sicilia (F. Brancato, Bagnasco, Rosario, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol 5 (1963)).
5 Conti, Massoneria cit, p. 590. Si affiliano Giuseppe Nullo, Giuseppe Guerzonio, Giuseppe Missori, Enrico Guastalla, Giuseppe Nuvolari e il figlio Menotti.
6 Asp, Biblioteca manoscritti, deposito Romualdo Giuffrida, b. 1 doc. 242. Palermo, 18 dicembre 1865, decreto del Gran Maestro Giuseppe Garibaldi.
7 Conti, Massoneria cit., p. 592.
8 Asp, Biblioteca manoscritti, deposito Romualdo Giuffrida, b. 1 doc. 217, Firenze 18 maggio 1867.
9 Il Colosi ha militato nella Giovane Italia e il suo pensiero politico è profondamente intriso di anticlericalismo e di repubblicanesimo. Tenta la scalata ai vertici della massoneria siciliana ricorrendo anche a spregiudicate azioni che nel marzo del 1875 lo portano a impossessarsi dell’archivio, dei bolli, dei sigilli e della lastra di pietra dove era impresso lo stemma dei diplomi (L. Polo Friz, La Massoneria italiana nel decennio postunitario Ludovico Frapoli, Franco Angeli, Milano 1998, pp. 157 e 182; cfr. anche Asp, Biblioteca manoscritti, deposito Romualdo Giuffrida, b. 2 doc., doc. 35).
10 Asp, Biblioteca manoscritti, deposito Romualdo Giuffrida, b. 2, doc. 210, Siracusa, 4 marzo 1861.
11 Ivi, b. 2 doc. 213, Siracusa, 29 aprile 1861.
12 Ivi, Ibidem, doc. 206, Siracusa 27 maggio 1861.
13 Romeo, Il Risorgimento in Sicilia, Laterza, Roma-Bari, 1973, p. 362.
14 Ivi, pp. 362-363.
15 Ivi, b. 1, doc. 1. L’incontro presso “il punto geometrico accessibile solo ai liberi muratori regolari della Massoneria universale” (il Tempio massonico), posto in via Biscottari nel Palazzo Conte Federico, alla presenza dei fratelli delle Logge: Centrale (Maestro Venerabile Chianello di Boscogrande 33°), Alighieri (M.V. Carmelo Trasselli 33°), Risveglio (M.V. Giovanni Lucifora 33°), Triquetra (M. V. Giuseppe Masnata 30°), Ercta (M.V. Francesco Paolo Tesauro 30°), Cosmos (M.V. Giorgio Maggiacono 18°).
16 Asp, Biblioteca manoscritti, deposito Romualdo Giuffrida, b. 2, doc.68. Alla lettera circolare sono allegati: il concordato tra la Comunione massonica italiana sedente in Roma ed il supremo consiglio del grande oriente d’Italia sedente a Palermo; Costituzioni del Supremo Consiglio dei supremi gradi II grado del 33 ed ultimo grado per la giurisdizione italiana sedente nella Valle del Tevere all’Oriente di Roma; Costituzioni generali del supremo Consiglio dei 33 per la giurisdizione relativa ai rapporti col governo dell’ordine.
17 Ivi, b. 1, doc. 50. “Supremo consiglio dei sovrani grandi ispettori generali grandi eletti cavalieri grandi commendatori del grande impero del 33mo ed ultimo grado di rito scozzese antico ed accettato della Massoneria in Italia sedente in Roma”
18 Ivi, b. 1, Il fascicolo iniziatico (doc. 164-171) contiene le lettere di presentazione di Saverio Fera, di G. Franco; di Giorgio Gemmellaro, di Emanuele Paternò. Il verbalino del giuramento porta la data del 27 settembre 1888. Il 7 novembre 1889 (doc. 174) il Macaluso chiede «in conformità dell’articolo 392 degli Statuti generali il regolare congedo». Praticamente si mette “in sonno”.
19 Ivi, b. 2, doc. 30.
20 Ivi, b. 1, doc. 269, 275, 280, 284. In realtà il vero obiettivo di Zona è quello che il Consiglio superiore «accolga il voto dell’Università di Palermo perché a lui sia conceduto la cattedra di astronomia colà per effetto del concorso sostenuto altra volta». Il Ministro Ferdinando Martini scrive al Ministro delle poste Camillo Finocchiaro-Aprile dicendogli che la richiesta non può essere accolta in quanto ha partecipato al concorso per la cattedra di Astronomia di Torino inserendosi nella graduatoria di merito con un punteggio che non ha permesso alla Commissione di raccomandare che sia chiamato ad «altra cattedra che non sia quella messa a concorso» (praticamente non era stato inserito fra gli idonei).
21 Ivi, b. 1
22 Ivi, b. 1 doc. 15. Una lettera che apre uno squarcio inquietante dei rapporti tra il Boscogrande e un certo mondo delle borgate palermitane nelle quali non meglio individuate “squadre volanti” e le “Società” controllano la vita politica. Il papas Schirò manda un biglietto a Chianello nel quale illustra il suo impegno nella campagna elettorale. Palermo, 3 maggio 1887. «Illustrissimo signor barone Boscogrande, domenica gli elettori politici dei Colli verso le 8 a.m. saranno nella sua villa a sua disposizione e così la squadra volante sarà almeno in n. 100. Secondo gli ordini del principe di Scalea Presidente della società Colli tutti gli elettori soci compreso me, domenica saremo a disposizione della S. V. Ill.ma quale Vicepresidente della Società. La S. V. Ill.ma guiderà tutti a sicuro trionfo. Io oggi parto per i Colli con tutte le tessare degli elettori e vi starò sino a domenica. Con ogni divozione della S. V. Ill.ma umilissimo servitore padre Schirò».
23 Vaiana, Una storia siciliana fra Ottocento e Novecento. Lotte politiche e sociali, brigantaggio e mafia, clero e massoneria a Barrafranca e dintorni, S. Bonfirraro, Barrafranca, 2000, p. 190.
24 Sul tema della Massoneria settecentesca si è fatto riferimento al fondamentale lavoro di Giuseppe Giarrizzo, Massoneria e illuminismo nell’Europa del Settecento, Marsilio, 1994.