La Saga dei Florio
I Florio sono una famiglia italiana di tradizione industriale che fu protagonista del periodo della cosiddetta Belle époque. La vicenda storica della famiglia, di origini calabresi precisamente da Bagnara Calabra, si svolse nella ricca Palermo degli anni a cavallo fra il XIX e il XX secolo. Furono una delle più ricche e nobili famiglie d’Italia
La costruzione di un impero in mare: da Bagnare Calabra a Palermo
La bottega nella quale si formarono i Florio e posero le basi della loro fortuna non era certamente quella del patriarca della famiglia Tommaso Florio. Egli faceva il fabbro forgiaro e, dunque, fu la spiaggia-approdo di Bagnara Calabra il luogo che diede avvio alla fortuna economica della dinastia siciliana. In quei luoghi lavoravano i mercanti-marinai avviati al mestiere dal cognato Paolo Barbaro.
Una tradizione a Bagnara, quella grazie alla quale si formavano non solo degli splendidi marinai che con le loro barche, le loro feluche, assicuravano il commercio di cabotaggio soprattutto verso Ponente, ma anche dei mercanti in grado di battere le principali piazze commerciali mediterranee.
Così i due figli di Vincenzo Florio, Paolo e Ignazio, decisero di abbandonare il mestiere paterno da maniscalchi e iniziare la vita da mercanti-marinai, diventando “ambulanti del mare” e prendendo dimestichezza con i cambi marittimi e con il mercato siciliano.
In particolare, imparano a dominare i meccanismi della rete di commercializzazione nella quale si integrano i percorsi marittimi con i principali gangli di snodo commerciale, grazie ai quali si poteva gestire l’articolato reticolo del sistema delle fiere che garantivano il rifornimento delle merci nell’entroterra della Sicilia.
Paolo e Ignazio Florio, intorno al 1797, si stabilirono a Palermo, città in cui aprirono una “bottega” nella quale si potevano trovare prodotti da distribuire alle farmacie e a coloro che lavoravano nella tintura (china, valeriana, biacca, verderame, raschiatura di avorio etc.).
Una bottega che in realtà serviva, non solo per la vendita al dettaglio di coloro che vivevano nella città ma, soprattutto, come snodo distributivo per tutto il resto dell’isola.
Don Paolo Florio morì nel 1807 nominando come erede il figliolo Vincenzo, ancora minore, e affidando l’attività commerciale al fratello Ignazio. La formazione professionale del piccolo Vincenzo venne curata con attenzione: numerosi furono i suoi viaggi all’estero per conoscere la realtà economica e commerciale europea.
La svolta e la crescita professionale dei Florio
La svolta che impresse l’accelerazione del consolidamento delle fortune dei Florio (1) avvenne tra il 1818 e il 1819 quando, grazie a Vincenzo, si aprì la via dell’esportazione all’estero di quei prodotti siciliani che il mercato internazionale richiedeva:
- sommacco
- agrumi
- zolfo
Inoltre, si decise di affiancare al tradizionale commercio delle droghe, l’importazione di libri, carta, rame, stoffe ed altro. Si esplorò il mondo della tecnologia importando dall’Inghilterra una macchina per lavorare e ridurre in polvere la corteccia dell’albero della China, che sino a quel momento era lavorata manualmente dai giovani di bottega.
In questo modo, le farmacie siciliane furono in grado di distribuire un prodotto a basso costo e di qualità migliore rispetto a quella che si otteneva con la lavorazione manuale.
Negli anni Venti si cominciò a formare anche il nucleo della flotta che inserirà i Florio nel campo dei trasporti marittimi con l’acquisto dello schooner: l’Assunta, di fatti, costituirà il primo nucleo di una flotta sempre più numerosa e articolata.
Si comincia, inoltre, grazie alla tonnara dell’Arenella, ad esplorare la realtà della conservazione del tonno e sperimentare tecniche di conservazione diverse dalle tradizionali.
La morte di Ignazio Florio e la successione di Vincenzo
Ignazio muore nel 1828 ma, con la sua azione e con la cura nella formazione culturale e professionale di Vincenzo, aveva tracciato il solco nel quale le fortune di casa Florio si consolideranno e si andranno sviluppando nelle mani dell’erede designato.
Un giovane che aveva avuto, a differenza del padre e degli zii, ottimi maestri e una formazione professionale di livello frequentando sia Genova sia la Francia, che l’Inghilterra.
Iniziato nel 1820 a Napoli nella Massoneria, ricevendo in un sol momento i gradi di apprendista, compagno e maestro: un viatico estremamente importante per intrecciare rapporti sempre più funzionali con i mercanti inglesi che avevano una forte presenza in Sicilia, e nel meridione in genere, rafforzando la costruzione di un percorso di interconnessione e di proiezione verso attività fondamentali come quella della produzione del vino, della quale gli inglesi avevano il monopolio.
Vincenzo elaborò e realizzò processi di verticalizzazione produttiva e di concentrazione finanziaria con prodotti farmaceutici, vino, zolfo, tonn, navi e fonderie. Grazie a queste scelte strategiche, gli anni Trenta furono quelli che vedranno l’ulteriore consolidamento delle fortune dei Florio.
Le tonnare dei Florio
Nel 1841 acquisì le tonnare di Favignana e di Formica che gli produrranno un ritorno economico molto consistente e dove sperimentò la produzione del tonno sott’olio conservato in latte stagnate. Una rivoluzione che realizzò uno standard produttivo elevato che si impose su tutti gli altri imprenditori.
Ben presto Vincenzo si concentrò, su quello che diverrà lo zoccolo duro sul quale potè consolidare la sua ricchezza: la creazione di una flotta di navi fornite di nuovi motori a vapore, investimenti che comportarono anche la necessità di realizzare una struttura di manutenzione per gli apparati meccanici denominata Fonderia Oretea.
L’unità d’Italia gli dette la possibilità di aprire canali di collaborazione con imprenditori e finanzieri di rilievo internazionale e gli aprì, inoltre, la possibilità di negoziare con il nuovo stato italiano lucrose convenzioni per il trasporto della posta (per garantire i collegamenti navali con il cosiddetto pacchetto postale).
Vincenzo nel 1864 ottenne la nomina di Senatore del Regno e morì nel 1868.
L’ascesa di Ignazio Florio e la decadenza della dinastia
Il bastone del comando passò nelle mani di Ignazio che, nel 1866, sposò donna Giovanna D’Ondes Trigona. Dal loro matrimonio, che eleverà lo status sociale della dinastia divenuta sempre più influente, nascono Vincenzo e Ignazio jr.
L’ultimo diaframma sarà abbattuto nel momento in cui Ignazio Jr. sposerà donna Franca Notarbartolo di San Giuliano che, appena ventiduenne, a causa della morte prematura del padre, si troverà a capo di un impero in un momento economico e politico critico per gli equilibri nazionali ed internazionali.
Ma questa è un’altra storia che porterà all’apice delle fortune mondane la famiglia ma, contemporaneamente, la farà sprofondsare nel buio della crisi economica.
Il mito dei Florio si consoliderà proprio in questi momenti coprendo con il mantello della fama il profondo rosso economico nel quale sprofonderanno.
Note:
1) Sintesi dell’intervento del prof. Antonino Giuffrida svolto in occasione della giornata dedicata alla famiglia Florio svoltasi il 5 ottobre a Palazzo Petix in occasione delle giornate organizzate per i “Duecentoventi anni dall’avvento dei Florio in Sicilia”.
Letture per approfondire
R. Giuffrida, R. Lentini, L’età dei Florio, introduzione di Leonardo Sciascia, Sellerio, Palermo 1985.
S. Candela, I Florio, Sellerio, Palermo 1986.
L’economia dei Florio. Una famiglia di imprenditori borghesi dell’800, Sellerio, Palermo 1990; in particolare il saggio di Giuseppe Barone, Tramonto di una dinastia. I Florio (1908-1937), pp. 165-186.
O. Cancila, I Florio. Storia di una dinastia imprenditoriale, Bompiani, Milano 2008.
R. Lentini, Florio Vincenzo, Florio Ignazio, in Dizionario del Liberalismo italiano, Rubbettino, Soveria Mannelli 2015, t. II, pp. 492-496.