La sindrome del terremotato (Belice 1968)
Il catastrofico terremoto del Belice del 1968
Chi ha vissuto il catastrofico terremoto del Belice del 1968 e ha trascorso interminabili giornate di incubo a Montevago scavando tra le macerie cercando di estrarre i sopravvissuti dall’ammasso dei calcinacci incoerenti che, qualche ora prima della scossa big one, erano abitazioni, non può rimanere indifferente alle immagini che provengono dall’area tra Turchia e Siria devastate dal sisma devastante.
Le immagine dalla Turchia
Le immagini postate sui social che vengono soprattutto dalla Turchia mostrano non solo devastazioni, crolli e gente smarrita e scioccata in preda alla sindrome da terremotato che conosco bene ma soprattutto squadre di tecnici che con generoso impegno traggono fuori dalle macerie sopravvissuti e non. Montevago, ricordo con angoscia, era piena di giovani soldati di leva di grande volontà ma non preparati a questo tipo di emergenza; la protezione civile non esisteva e i vigili del fuoco erano troppo pochi per coordinare, soprattutto nei primi giorni sferzati dalla neve e dal gelo, gli interventi necessari per il recupero dei sopravvissuti e delle persone decedute. Un caos ben organizzato che nei primi giorni creò problemi non indifferenti. I sopravvissuti continuarono per anni in modo ossessivo a raccontare quei momenti e le loro esperienze personali. La sindrome del terremotato continuò a segnare coloro che avevano vissuti quei momenti.
La circolazione delle informazioni
Altro elemento che mi colpisce è il modo come circolano le informazioni su questa tragedia, nel 1968 solo due fonti di informazioni davano notizia dell’evento: i giornali e la TV di Stato. Per avere notizie più particolareggiate dovevi recarti sui luoghi e confrontarti con i sopravvissuti e le loro sindrome. Telefonini, internet e social hanno completamente rivoluzionato la circolazione della comunicazione. Una rapida visita ai principali canali di comunicazione social in questi giorni permette di entrare nel cuore dolente degli eventi con centinaia di filmati: lacrime di dolore di gioia; salvataggi impossibili; crolli improvvisi; lande desolate di calcinacci e di macerie.
Nessuno rinuncia a registrare sul proprio apparato telefonico l’evento che diventa da quel momento partecipato senza alcuna intermediazione.
I moltissimi bambini
Il messaggio che affiora da questa valanga di immagini è soprattutto quello che dalle macerie emergono moltissimi bambini di tutte le età dai neonati ai ragazzini. Il loro sorriso fa commuovere i soccorritori e costituisce la principale ricompensa al loro impegno e ai rischi ai quali si sottopongono.
Immagini che fanno rivivere la sindrome del terremotato anche dopo decenni.
Ninni Giuffrida