La storia della storia dell’alimentazione in Sicilia (XIV -XIX SEC.) – Terza parte
La realtà ottocentesca e la stabilizzazione del pasto tipo
L’alimentazione che si elabora nelle cucine dei palazzi nobiliari non può essere utilizzata come riferimento per ricostruire l’alimentazione tipo della nascente “borghesia”. L’elaborazione dei prodotti è troppo complessa e richiede una specifica professionalità che non possiede chi realizza i cibi in una piccola cucina casalinga. Inoltre, gli strumenti che si hanno a disposizione per cucinare sono essenzialmente due: la pentola, lo spiedo e la padella, pochi hanno il forno nella propria cucina.
La possibilità di ricostruire il pasto tipo in uso nella realtà quotidiana di una famiglia “borghese” palermitana ci è data dall’analisi della contabilità della gestione della mensa del real Collegio Carolino Calasanzio di Palermo. Una struttura di formazione culturale laica, posto sotto l’alto patrocinio del re, disciplinato dal decreto del 13 giugno 1850 che prevedeva il supporto finanziario dello Stato.
La mensa assicurava quotidianamente l’erogazione di pasti per 46-49 convittori, 9 sacerdoti e 16-19 impiegati. Un servizio che prevedeva una merenda (colazione), un pranzo e una cena. La merenda era costituita da pane e frutta: una pagnotta a testa per ogni convittore e frutta fresca di stagione che in alcuni casi era sostituita dal formaggio fresco. Il pranzo si articolava su due portate: un primo, un secondo, insalata e verdure, vino e frutta fresca o secca oltre al pane previsto per almeno una pagnotta e mezzo a testa. La cena aveva una sola portata di pesce, accompagnata da insalata e verdura, vino, frutta fresca di stagione, o in alternativa, frutta secca.
Ho sintetizzato nelle seguenti tabelle i pasti erogati nel 1853 nella mensa per un anno. Un programma alimentare molto ricco fortemente condizionato dalla stagionalità e dalle tradizioni gastronomiche della città di Palermo.
Real Collegio Carolino Calasanzio di Palermo pasti erogati nel 1850 |
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Primi |
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Pastina in brodo |
Pasta grossa condita con sugo ragù fatto con il prosciutto |
Pasta grossa con sugo di pomodoro |
zuppa di sparacelli con riso |
zuppa di lenticchie |
Pasta grossa condita con ricotta e zucchero |
arancini di riso |
pasta fritta |
zuppa di pomodoro con riso |
Pasta grossa con sugo di polpettone |
pasta grossa condita con il ragù dove sono state cotte le uova |
Riso in brodo |
zuppa di fagioli con riso |
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Secondi serviti a pranzo |
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pasticcio (zucchero, uova, mandorle, passolina, strutto farina) |
carne arrosto |
Polpettone fritto nello strutto |
Cacio fritto nello strutto con zucchero |
Uova a ragù guarniti con piselli |
uova a bere |
frittelle di zucca |
Carciofi fritti nello strutto |
uova fritte |
Costola (costate) |
lingua passata a mollica e fritta nello strutto |
fegato fritto con zucchero |
costate di castrato |
Galline |
lingua ad agrodolce (zucchero, capperi, ulive) |
castrato |
uova con i piselli |
frittella (zucchero) |
Trippa al pomidoro |
quaglie al pomidoro |
patate fritte |
braciole panate |
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Pesce |
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Sarde fritte in olio |
alici fritte |
Murene |
seppie fritte |
Calamari |
Uvaro fritto in olio |
merluzzi |
aguglie |
alalunga |
sgombri |
occhiate |
tonnarelli |
tonnina con salsa capperi, ulive e zucchero |
sarde a pastella |
sarde a beccafico (passolini, pinoli, olive, zucchero, limoni) |
capone fritto |
Aiole |
vope |
trigliola fritta |
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Frutta |
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pomi |
pere |
mandarini |
castagne |
fichi secchi |
malaranci (mandaranci) |
calia |
noci |
limoncelli |
nocciole |
ciliege |
mandorle |
ficazzane |
susine |
pere bollite |
pere coronate |
azaroli |
pere messinesi |
mellone |
pesche |
melagrana |
Nespole |
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Dolci |
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pasticciotti |
sfogliatelle alla monachina |
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Piatti che si possono preparare con una pentola o con una padella senza ricorrere al forno. Emerge un deciso dominio della pasta che con il riso formano la struttura portante del primo del pasto a pranzo mentre il pesce è presente costantemente la sera a cena.
Uno schema alimentare che si può proiettare sulla maggioranza delle tavole della classe media palermitana dove insieme al pane rappresenta la quotidianità del consumo alimentare.
Interessante sottolineare che per friggere si usa essenzialmente lo strutto mentre è assente l’olio di oliva e che si usa per piatti elaborati l’agrodolce, testimonianza della permanenza dell’uso dello zucchero nel lungo periodo della tradizione culinaria siciliana.
L’ottocento e il consolidamento della tradizione culinaria siciliana
Nell’ottocento nelle cucine della borghesia ricca e delle famiglie nobiliari di Palermo avviene l’ibridazione delle linee culinarie di indirizzo francese con la tradizione culinaria siciliana. I registri tenuti dai Maestri di casa costituiscono la riprova: le annotazioni relative alla gestione della dispensa e della tavola dei padroni di casa sono pieni di annotazioni che utilizzano il siciliano nel lessico tecnico. Assistiamo alla formazione di una cultura alimentare nella quale la tradizione siciliana si innesta su un solido impianto francese.
La Prima guerra mondiale provoca un rimescolamento sociale senza precedenti; nelle trincee sul fronte avviene un confronto-raffronto tra le diverse cucine regionali che precedentemente si ignoravano. Molti combattenti si cimenteranno nella scrittura di ricettari costruendo così una identità nazionale che passa da un processo di osmosi e di confronto fra le realtà delle diverse cucine regionali. La forzata convivenza nelle trincee crea una unità nella diversità delle diverse tradizioni culinarie presente nella tradizione delle cucine regionali.
Uno di questi ricettari è stato ritrovato tra le carte di Salvatore Ragusa, cuoco nella casa di Pietro Lanza Branciforte di Trabia, principe di Scalea la cui villa-residenza si trova a Partanna Mondello (Palermo). Richiamato al fronte, il suo reggimento è aggregato alla terza armata comandata da Emanuele Filiberto duca d’Aosta e lui sarà chiamato a coordinare la mensa ufficiali. Scriverà il suo manualetto nel 1919 nella cittadina di Dersis in Dalmazia.
La lettura di questo manualetto è estremamente interessante non solo per le ricette che inserisce ma anche per le annotazioni che inserisce sui piatti, elaborati nella tradizione delle cucine di casa Scalea, e serviti al comandante della terza armata come il baccalà alla pastella, la torta alla parigina e le uova alla monacale (Il sapere culinario Ricette di un Monsù siciliano al fronte (1915-1919), Palermo, Unipapress, 2017).
Una riflessione finale
Queste brevi note non vogliono ne possono essere esaustive di un tema così complesso come è quello della storia della cucina siciliana ma, semplicemente, una riflessione che possa essere di stimolo per un ulteriore approfondimento sia per la realtà della Sicilia orientale, che in questa prima fase di studio non è stata approfondita, sia per verificare se si riescono a trovare nuove testimonianze della realizzazione a ridosso della Prima guerra mondiale di nuovi contributi-ricettari da parte dei protagonisti – combattenti.