Regine, dame e avventuriere: prima di tutto alla conquista di se stesse
Il femminile medievale nel libro di Laura Sciascia. Figure di donne che resistettero, che lottarono o che cedettero a un “ordine naturale delle cose”: quello imposto dagli uomini
Voci di donne consenzienti, silenziose ma a tratti abilmente resistenti, tutte racchiuse nell’alveo di una visione androcentrica che trova la sua giustificazione nell’ordine naturale delle cose.
Sono figure di regine, dame e avventuriere quelle che Laura Sciascia racconta nel libro “Tutte le donne del reame. Regine, dame, pedine e avventuriere nella Sicilia medievale” (edito da Palermo University Press nella collana “Frammenti”), fornendo una lettura al femminile di alcuni momenti della storia del regno della Sicilia medievale.
Le loro parole, strozzate in vita, rivelano tutti i sentimenti al momento di fare testamento. Quelli di Giovanna d’Inghilterra e Costanza di Svevia svelano ricordi e intimi tormenti così come quello di Benvenuta Mastrangelo, la fanciulla di buona famiglia oltraggiata e molestata sessualmente con la scusa della perquisizione dai soldati francesi. Era il tardo pomeriggio del lunedì di Pasqua del 1282 e in città esplodeva quella che passò alla storia come la rivolta del Vespro.
Così, tra le righe del libro, riappaiono le grandi varietà di vite che le donne hanno saputo inventarsi ai bordi delle ferree regole con cui erano costrette a convivere. Riemerge l’immagine della donna considerata soltanto come bagaglio di dote e di fortuna patrimoniale, con sontuosi abiti in stoffe orientali, oggetti d’oro e gioielli.
Una regina infatti, ancora più di un re, doveva rappresentare con la sua persona il potere della sua famiglia. Ma non bastava dimostrarsi regali agli occhi del popolo, bisognava innanzitutto essere delle fertilissime regine. Prima ancora di essere icona di nobiltà si doveva essere un corpo pronti alla procreazione, alla sopravvivenza della dinastia e al mantenimento del potere. L’utero della donna – utilizzando la forte espressione di Laura Sciascia – era ciò che rendeva veramente moglie degna di essere una regina.
Un caso emblematico è stato quello di Costanza d’Altavilla che, all’età di quarant’anni e monaca, viene tirata fuori dal convento per un tardivo matrimonio e per trovare così una soluzione ai problemi dinastici del regno di suo nipote, Gugliemo II. E tanto inverosimile era la gravidanza di Costanza da far nascere – secondo Giovanni Villani – la leggenda secondo cui «quando venne a partorire fece tendere una paviglione in su la piazza di Palermo e mandare bando che qual donna volesse vi andasse a vederla».
Se sulle donne si riversa l’asfissiante responsabilità di prosecuzione della linea dinastica, è sempre a loro che viene additato il fallimento. Come nel caso dei Chiaromonte in cui Eleonora d’Aragona e Costanza Chiaromonte incarnano le frontiere del potere della grande famiglia e il loro venir meno al dovere di donne genitrici segna la caduta del progetto politico signorile siciliano.
Tra le storie di resistenza passiva (come definire d’altronde il comportamento di tutte queste donne vittime della loro stessa epoca e della condizione sociale?) trova ampio riscontro anche un’altra forza di opposizione attiva. Quella della leggendaria principessa della Sicilia musulmana che ad Entella, il vasto pianoro che si estende sulla valle del Belice, continua ad oltranza la sua fervida corrispondenza con Federico II di Svevia per scacciare fino all’ultimo respiro i Normanni dal suo territorio. Uno scambio di missive che aggiungeva, ai motivi politici, il più antico sapore dell’eterno contrasto tra i due sessi.
La conclusione drammatica di questa storia dimostra le forme di battaglia che le regine già di epoca medievale hanno dovuto combattere per difendere la loro dignità di donne. Erano al potere, ma di questo non potevano servirsi fino in fondo.
Cosa c’è di diverso rispetto ai tempi contemporanei? Benché il dominio maschile abbia perso un po’ della sua evidenza immediata, alcuni meccanismi continuano a funzionare allo stesso modo. Le ingiunzioni continue, silenziose e invisibili che il mondo sessualmente gerarchizzato rivolge alle donne spesso le induce ad accettare come evidenti, naturali e scontate prescrizioni e in nome di un presunto ordine naturale delle cose.
Un libro, quello di Laura Sciascia, che offre un spunto di riflessione imprescindibile. Non solo, ovviamente, per le donne.