La strage delle librerie: una lunga agonia
Un post ha acceso una lama di luce sull’ennesima chiusura di una libreria a Palermo: la Libreria Broadway. Un altro centro di aggregazione culturale indipendente che non riesce a reggere le fredde e rigide regole del mercato, della copertura dei costi, del difficile e costoso accesso al credito. I social si sono mobilitati in una generosa gara di solidarietà ma, purtroppo, non vengono meno gli elementi strutturali che segnano questa crisi che sta travolgendo la struttura commerciale che denominiamo “libreria”.
I motivi della crisi sono molteplici, complessi e incidono su diverse realtà quali quelli del mutamento dell’accesso alla produzione culturale e delle nuove condizioni del funzionamento delle reti di distribuzione.
Soffermiamoci in primo luogo sul nuovo modo di fare cultura che è stato il portato della complessa rivoluzione del modo di approcciarsi alla intermediazione tra l’autore di un romanzo, di un saggio o di altra opera letteraria e il suo pubblico. Il primo colpo di piccone a un approccio consolidato rappresentato dal libro come unico intermediario lo abbiamo con la diffusione della televisione e con la produzione di sceneggiati come quello del 1957 dedicato al all’opera di Fogazzaro su “Piccolo mondo antico”. In quel momento avviene la prima rivoluzione: famiglie, vicini e ragazzi si riuniscono a casa del fortunato possessore del televisore per farsi travolgere emotivamente dalle vicende degli sceneggiati senza passare dall’intermediazione della carta stampata.
Nei fatti l’approccio della lettura a voce alta di un testo letterario, immagine plasticamente resa nel romanzo Il Gattopardo, nel quale il principe di Salina è rappresentato davanti al camino mentre legge ad alta voce un libro e tutta la sua famiglia ascolta, è superato e sostituito da un martellante uso di processi di comunicazione che usano canali legati a realtà profondamente diversi come quelli dei social. Un fenomeno analogo a quello che ha colpito con altrettanta durezza la rete delle edicole che hanno visto restringere sempre più la loro platea di clientela parallelamente alla crisi delle tirature dei quotidiani e della vendita delle riviste o di altra produzione legata ai periodici.
La strage delle edicole, meno enfatizzata rispetto a quella delle librerie, non è da meno e ci deve spingere a riflettere per cercare di comprendere non solo i meccanismi culturali ma anche commerciali che hanno generato queste crisi che hanno molti punti di contatto nella loro genesi.
In realtà librerie e edicole svolgono un compito ben preciso quello di intermediari tra la richiesta culturale dei loro clienti e l’offerta elaborata dagli editori, elemento ponte tra gli editori e le librerie e le edicole rappresentato dalla distribuzione. Non è semplice analizzare il complesso dei motivi che hanno comportato la disaffezione del pubblico alla frequentazione di un punto di acquisto qualificato qual è la libreria. In realtà, come si accennava precedentemente, la crisi nasce essenzialmente dalla profonda trasformazione subita dal principale protagonista dell’intera rete: il fruitore finale, il lettore che ha difficoltà a muoversi e a districarsi nell’ambito di una offerta complessa nella quale confluiscono video, libri cartacei, libri su supporto elettronico, immagini e suoni veicolati dal supporto dei social. Quindi il fruitore finale della catena della distribuzione, il lettore ha la necessità di selezionare il canale di vendita, di acquisizione del prodotto che cerca del quale vuole fruire. Tutto ha una ricaduta negativa sulla catena della distribuzione e sull’intermediazione con l’editore punto di partenza della complessa rete che collega produttore-editore e consumatore-lettore.
Una crisi quindi che viene da lontano che mette in crisi una rete editore, distributore, libreria la quale è stata messa a punto intorno alla metà del ‘500 quando i mercanti veneziani compresero che anche il libro poteva essere una merce e crearono una rete di distribuzione che aveva come terminale una bottega specializzata gestita da un maestro librario, un vero e proprio professionista della cultura, in grado di interpretare i mutamenti culturali della società “nuova” che aveva individuato nella cultura “nuova” rinascimentale un punto di forza per il cambiamento della “nuova” civiltà. Un modello ampiamente consolidato nei secoli successivi con il consolidamento della figura del maestro libraio il quale diventa operatore culturale che deve interagire con i lettori per organizzare quel flusso degli eventi che permetta di suscitare l’interesse e l’approccio al prodotto libro nel modo migliore. Lo storico Michele Amari ricorda nelle sue lettere da Parigi agli amici palermitani i pomeriggi passati nelle librerie palermitane suonando la chitarra e dibattendo sulle ultime novità librari.
Quindi librerie ed edicole attraversano un momento complesso di riformulazione dei loro schemi tradizionali di approccio con la nuova realtà culturale nella quale si muovono i loro clienti e di trasformazione della rete di distribuzione che li collega come un cordone ombelicale agli editori.Le ferree regole del mercato elaboreranno un nuovo modello di struttura commerciale nella quale distribuire l’oggetto libro dove dovranno trovare il loro giusto equilibrio le diverse sperimentazioni in corso quali l’e-commerce, i punti di vendita nei centri commerciali, la libreria tradizionale, il chiostro del giornalaio riconvertito, la libreria tipo bazar, la libreria centro promotrice di eventi culturali. In ogni caso il “maestro” libraio – il gestore della struttura di vendita al dettaglio dell’oggetto libro dovrà reinventare percorsi e modelli di vendita.