L’Italia liberata che ha dimenticato Bracco
“L’Italia liberata a Roberto Bracco” è il titolo di un raro, bellissimo inserto che usciva ottant’anni fa a Napoli. Era il 20 aprile 1944: in realtà, ci sarebbe voluto ancora un anno per liberare l’Italia da tedeschi e fascisti, ma all’ombra del Vesuvio – seppure tra le ceneri dell’ultima eruzione – si respirava evidentemente l’aria di una primavera nuova. E Bracco, scomparso un anno prima, era un autentico eroe, esempio del più intransigente, irriducibile antifascismo. Che tuttavia pagherà, carissimo, anche di non essere mai stato comunista.
Il numero speciale del “Risorgimento”, giornale che aveva sostituito i tre principali quotidiani partenopei – “Mattino”, “Roma” e “Corriere di Napoli” – costava 5 lire e lo compilò il condirettore Emilio Scaglione. Fu stampato dalla Società editrice meridionale e autorizzato dalla PWB, la “Divisione per la guerra psicologica” del governo militare anglo-americano, che in quei mesi ne era il vero editore.
Roberto Bracco era stato uno dei più vivaci intellettuali italiani a cavallo tra Otto e Novecento, a un passo dal Nobel che non vinse mai, perché il fascismo lo considerò sempre un “anti-italiano”. Soprattutto dopo l’elezione del 1924 alla Camera, nella lista “Opposizione costituzionale” di Giovanni Amendola.
In prima pagina, fa spalla al ritratto stanco ma sorridente di Bracco, proprio la lettera del ’23 di Amendola che ringrazia il «compagno di lotta» per aver «dato ombra ai titubanti» con la sua candidatura, avvicinandosi a «questa umanissima cosa che è la politica, soprattutto quando tocca i vertici della passione e raccoglie le vibrazioni più profonde dei destini di un popolo».
All’interno, stralci degli articoli del “Mondo” ripercorrono le polemiche e gli attacchi di cui Bracco fu bersaglio. Dallo scontro con Telesio Interlandi sulle colonne de «l’Impero», finito con un duello a Posillipo; alla manifestazione delle opposizioni del 17 agosto 1924, vietata e dispersa a più riprese dai fascisti a Toledo, e finita con tre morti. Di quei giorni ci sono anche le foto, insieme ad altre che lo ritraggono a Napoli con l’editore, ebreo modenese, Formíggini e con l’amico Maxim Gorky a Capri.
Vincenzo Arangio-Ruiz ripercorre i giorni bui dell’“Aventino”, mentre Enrico De Nicola lancia l’idea di una riedizione dell’opera bracchiana (che non ci sarà mai). Per Carlo Sforza, solo un grande uomo di teatro poteva accorgersi che «sotto gli orpelli pseudo-eroici» del fascismo l’Italia stava mettendo in scena, su un palcoscenico insanguinato, una «commedia pacchiana e vile». Un’Italia che se rinascerà dalle rovine – scrive il direttore Paolo Scarfoglio – dovrà sapere «chi le ha tenuto veramente fede» destreggiandosi tra le «false memorie dei tempi guasti», che non sono ancora finiti. Perché, come dice Adolfo Omodeo, Bracco è stato soprattutto un «uomo giusto che ha nobilmente riscattato i concittadini da troppe debolezze».
Accanto ad altre testimonianze, stralci di novelle e articoli – Bracco fu un geniale giornalista, inviato speciale in mezza Europa e tra gli inventori della “terza pagina”, – c’è anche un’analisi del dramma “I pazzi”, successo che istigò gli squadristi a mettere a ferro e fuoco il teatro Eliseo di Roma.
Ma Bracco, per lungo tempo tra gli autori più tradotti e rappresentati al mondo, amico di Pirandello e tra fondatori della SIAE, a un certo punto capì anche benissimo che la sua arte era superata. Cosa che non gli impedì, tuttavia, di essere ancora modernissimo e attuale, partecipando ai grandi dibattiti nazionali. Già convinto anti-militarista nella Grande Guerra, non credette mai alla “rivoluzione fascista”, sostenendo subito che l’Italia fosse un paese civile, di democrazia europea, che non aveva bisogno di «dittature a lungo metraggio, rosse o nere che siano».
Commise un doppio peccato, insomma, di essere antifascista e pure anticomunista. E anche questo ha pesato certamente sulla sua memoria. Se è vero che, dopo la straordinaria testimonianza di questo foglio stampato a Napoli tra le macerie della guerra, “l’Italia liberata” ha poi dimenticato Roberto Bracco.