Magia e stregoneria in età moderna (parte prima)
Prima di entrare nel merito del discorso sulla magia in età moderna, una precisazione metodologica sembra doverosa; per riuscire a capire in profondità il mondo magico bisogna letteralmente immergersi nel contesto storico d’Antico Regime, a questo scopo, può esserci utile comprendere meglio il rapporto che all’epoca intercorreva tra gli individui e la morte.
Ci troviamo di fronte ad una società in cui i tassi di mortalità erano elevatissimi, la mortalità infantile spesso raggiungeva il 70%. La morte era causata da motivi che noi oggi non esiteremmo a definire banali. Si poteva morire per una frattura scomposta, per un’influenza, spesso le donne morivano durante il parto; la morte insomma era sempre dietro l’angolo per l’uomo d’età moderna. La morte era letteralmente dietro l’angolo in una grande città come Venezia. Qui era diffuso un particolare gioco il Chivalì, che poteva causare circa 60 morti annui. Si sta parlando di una sorta di cruento Know out game ante litteram, esso infatti, prevedeva il nascondersi da parte di un gruppo di persone che non appena avessero visto un passante avrebbero dovuto gridare: Chivalì!
Se il malcapitato avesse risposto, sarebbe stato freddato da un colpo di archibugio o simili.
Se non si tiene in debita considerazione tutto questo, potrebbe sfuggire la ragione per la quale uomini e donne d’età moderna crearono un loro particolare sistema difensivo verso le avversità della vita terrena. Dato che la medicina non forniva risposte valide, le comunità provarono ad immaginare modi alternativi attraverso i quali controllare gli avvenimenti.
Ecco perché il magico acquista un ruolo profondo in Antico Regime.
Il concetto di magia è un concetto sfuggente ed astratto, può essere riferibile a svariate realtà, come ad esempio, predire il futuro, fare del male o guarire qualcuno, far innamorare. Questo spettro di possibilità dell’intervento magico e soprannaturale che può essere ancora allargato, rispondendo ai bisogni più intimi delle persone, faceva si che la magia ed il contatto col soprannaturale fosse piuttosto trasversale non conoscendo differenze sostanziali di ceto.
Tutti ricorrevano a rimedi magici, dal contadino all’artigiano, dal nobile al Papa.
Urbano VIII ad esempio, nel 1630 si rivolse a Tommaso Campanella per farsi salvare dalla predizione della sua morte da parte di tre negromanti (due frati ed il nipote di un cardinale) facendosi ridisegnare all’interno delle sue stanze in Castel Sant’Angelo le costellazioni in modo tale da riconvertire positivamente l’influsso astrale.
All’interno della realtà cittadine poteva trovarsi un’ampia offerta di magico bilanciata da una altrettanto ampia domanda d’interventi soprannaturali, di conseguenza era folta la presenza di operatori che esercitavano la “professione” di maghi. Questi, spesso erano delle figure che godevano già di un riconoscimento pubblico da parte della collettività, venendogli riconosciute particolari qualità carismatiche acquisite tramite il contatto diretto con oggetti particolarmente potenti come libri magici o religiosi.
La prima figura, quella base, a cui ci si poteva rivolgere era senza dubbio quella del sacerdote. I parroci possedevano tutte le credenziali, per esercitare la “professione”, erano delle figure piuttosto in vista nelle loro pievi di competenza.
L’elemento misterico della funzione religiosa svolta di spalle (fino alle novità introdotte dal Concilio Vaticano II 1962-65 la celebrazione eucaristica avveniva in latino e con il prete voltato di spalle), le formule “secrete” recitate durante la transustanziazione, contribuivano ad aumentare il livello di percezione simbolica dei fedeli, tendenti ad identificare come segni magici quelle parole incomprensibili recitate sottovoce dal prete. Queste formule, una volta rimodulate in chiave apotropaica, servivano ai piovani per intervenire sugli eventi terreni piuttosto che su quelli spirituali, proponendosi così come sciamani locali a cui rivolgersi in caso di bisogno, non disdegnando la ricezione di un compenso per i loro preziosi servigi.
Gli oggetti principali per lo svolgimento del ministero, come l’olio santo e l’eucaristia venivano usati come arnesi dalle particolari qualità magiche; il primo veniva usato come filtro d’amore. Era sufficiente che l’innamorato si bagnasse le labbra con l’olio santo e baciasse l’amata per farla innamorare all’istante. L’eucaristia invece veniva usata attraverso la pratica dell’ingemmatura come protettore dai colpi d’arma da fuoco, tale pratica consisteva nel procurarsi un’ostia consacrata ed inserirla sottopelle, garantendosi così la sicura protezione dai colpi d’arma da fuoco.
Questo era dunque, per così dire, il primo livello, quello immediato del magico…. (Continua)
Per approfondire la redazione consiglia:
- Rosa, Lumi, Stregoneria e magia nell’Italia del Settecento, in Storia d’Italia. Annali 25. Esoterismo, Torino, Einaudi, 2012, pp. 359-375
- Veronese, L’inquisizione nel secolo dei Lumi, New Digital Frontiers, Palermo, 2017.
- Del Col, L’inquisizione in Italia, Mondadori, Milano, 2012.
- Cusumano, Libri e culture in Sicilia nel Settecento, New Digital Frontiers, Palermo, 2017.