Le riflessioni di Luca Amato sul fenomeno della Grande Migrazione americana
Storici a confronto: gli sviluppi del “sogno americano” nelle parole del neolaureato Luca Amato e del prof. Antonino Giuffrida
Approcciarsi agli studi sociali significa analizzare anche, più o meno direttamente, lo studio delle migrazioni, che hanno sempre caratterizzato la storia dell’uomo.
Ancora oggi assistiamo a forti fenomeni migratori, ma in questo spazio si porterà avanti una breve analisi legata alla cosiddetta “grande emigrazione”, che portò, tra la fine degli anni Ottanta dell’Ottocento e i primi anni del Novecento, poco meno di trenta milioni di italiani ad emigrare nei territori più ricchi dell’Europa ma soprattutto nelle Americhe. In particolare si porrà un’attenzione maggiore all’emigrazione meridionale, che assunse dimensioni impressionanti.
I motivi che portano le persone a lasciare i territori nativi e, spesso, ad affrontare viaggi pericolosi sono riconducibili o a fattori espulsivi (conflitti, fame, ricerca di lavoro), o a fattori attrattivi (speranza di migliorare il proprio status sociale, maggiori opportunità lavorative).
Sull’analisi di tale fenomeno abbiamo una vasta storiografia: quella degli anni settanta ed ottanta vede nel fallimento dei fasci siciliani, letti come un estremo tentativo di modernizzare l’isola, le cause della partenza. Ma situazioni di crisi si erano succedute continuamente nel corso del secolo senza provocare questo enorme fenomeno di emigrazione. Per un’ulteriore analisi bisogna, quindi, tener conto di altri fattori: il primo è l’aumento demografico.
La popolazione siciliana era passata dai 2.408.521 del 1861 ai 2.933.654 del 1881, ai 3.568.124 del 1901. Tale incremento è facilmente comprensibile in un momento in cui l’agricoltura vedeva un nuovo slancio, consentendo una certa stabilità lavorativa, ma, quando questo ciclo si esaurì, si posero seri problemi per la sopravvivenza e il sostentamento. Ciò portò molte persone a cercare lavoro fuori dall’isola e la meta privilegiata dei siciliani fu il nord America.
Un secondo fattore vede nell’elemento attrattivo il vero promotore delle partenze; infatti la storiografia più recente ravvisa nella costante ed incessante propaganda delle Compagnie di Navigazione il vero leit motiv che portò nelle case delle persone il “sogno americano”.
Numerosi furono gli agenti reclutati per invogliare le persone ad acquistare un biglietto per l’America, tale propaganda non risparmiò nemmeno i centri interni dell’isola siciliana, con la distribuzione di guide gratuite per gli emigranti che, oltre a descrivere il viaggio, illustravano le numerose offerte di lavoro che si potevano trovare una volta arrivati. Risultava fondamentale il lavoro degli agenti considerando anche il fatto che su ogni biglietto venduto essi avevano una commissione del 3%.
Ovviamente non tutti potevano affrontare le spese del viaggio, ma ancora una volta subentrava la figura dell’agente che contattava un boss del lavoro americano, quest’ultimo apriva un prestito bancario a nome dell’emigrante. Giunto a destinazione l’emigrante incontrava il suo garante che gli trovava un’occupazione. Si attivava un sistema che viene individuato con il termine di “padron system”.
Tale formula permetteva agli americani di non trattare direttamente con centinaia di lavoratori che non comprendevano una parola d’inglese, ma si lasciava tale lavoro al primo boss che si offriva di ingaggiare un dato numero di lavoratori. Egli faceva immediatamente pagare ad ogni operaio $5, $10 o anche $25 per ingaggiarlo, ma spesso gli operai venivano licenziati dopo qualche settimana o un mese senza aver riguadagnato la somma concessa inizialmente al boss.
Come si sviluppava la loro vita una volta superata questa fase iniziale?
La media lavorativa era di otto, dieci ore al giorno con ogni tipo di tempo per $1,25 o $1,50 al giorno. Quando arrivava il giorno di paga, il boss, pretendeva un’altra somma oltre al prestito iniziale e se gli operai si rifiutavano di pagarla venivano licenziati. Di solito i boss gestivano anche un’osteria o un pub ed era praticamente obbligatorio per gli operai, che avevano ottenuto un lavoro grazie alla sua influenza, recarvisi ogni sera per giocare a carte e spendere dai 15 ai 25 centesimi per bere. In caso contrario rischiavano di venire licenziati.
Per quanto riguarda l’emigrazione femminile vi sono delle differenze rispetto a quella maschile. Spesso in questi periodi di grandi migrazioni, i primi a partire sono sempre gli uomini, in quanto hanno più possibilità sia di trovare lavoro, sia di sopportare un lungo viaggio in condizioni pesanti. L’emigrazione maschile, quindi, aveva più il carattere di una migrazione momentanea, mentre quella femminile solitamente era permanente poiché una donna partiva per lo più con l’intenzione di ricongiungersi ai familiari o al marito stabilitosi negli Stati Uniti.
Tuttavia lo sbarco non significava l’ammissione sicura nel Nuovo Mondo. I passeggeri dovevano presentare i documenti di viaggio con le informazioni della nave che li aveva portati a New York. I medici del Servizio Immigrazione controllavano ciascun immigrato, contrassegnando sulla schiena con un gesso, quelli che dovevano essere sottoposti ad un ulteriore esame per accertarne le condizioni di salute. Chi passava questo primo esame, veniva poi accompagnato nella Sala dei Registri, dove erano attesi da ispettori che registravano nome, luogo di nascita, stato civile, luogo di destinazione, disponibilità di
denaro, professione e precedenti penali. Ricevevano alla fine il permesso di sbarcare e
venivano accompagnati al molo del traghetto per Manhattan.
Questi registri sono oggi disponibili sul sito www.libertyellisfoundation.org dove è disponibile una catalogazione online di tutti i registri che venivano utilizzati sull’isola di Ellis Island, meta di approdo per tutti gli italiani emigrati in quegli anni, e oggi materiale interessantissimo per gli storici.
> Leggi anche l’articolo del prof. Antonino Giuffrida sulle Migrazioni di Ellis Island
LIBRI CORRELATI
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Bibliografia consigliata:
Saija, M. (2006), Breve manuale di storia dell’emigrazione siciliana. Palermo: Officine Grafiche Riunite Casentino & Pezzino – Regione Sicilia
Cetti, L.(1983). Donne, lavoro e politica negli Stati Uniti, 1900-1930. Milano: Edizioni UNICOPLI
Bevilacqua P., De Clementi A., Franzina E. (2001). Storia dell’emigrazione italiana, partenze. Roma: Donzelli editore