Alla scoperta della monarchia spagnola dei secoli XVI-XVIII, nei volumi curati da Rossella Cancila
In un sistema complesso, imperiale come la monarchia spagnola l’espressione è appropriata nel senso che questa formazione politica, tra i secoli XVI e XVII (nel XVIII la condizione in parte cambia), riuniva Paesi o reinos, come venivano chiamati, differenti per strutture istituzionali, per tradizioni culturali, per titoli, forme e tempi di incorporazione.
La monarchia spagnola dei secoli XVI-XVIII, nei volumi curati da Rossella Cancila e pubblicati da Quaderni di Mediterranea Ricerche Storiche
Ad alcuni, come i domini europei dei re cattolici, veniva riconosciuta un’identità particolare e una dignità legate alla tradizione e alla lunga durata dei loro ordinamenti interni. Altri, come i domini extraeuropei, erano considerati dalla Corona e dal senso comune terre di pura conquista, aree abitate da selvaggi prive di una loro storia autonoma, prolungamento della visione giuridica di terrae nullius.
Ma il re c’era, la sua sovranità era una e indivisibile su un impero su cui “non tramontava mai il sole”. Il suo absentismo permanente a partire dalla salita al trono di Filippo II – per l’impossibilità del sovrano di essere presente allo stesso tempo su più territori e per la naturalizzazione del sovrano in Castiglia, regione-guida dell’impero – aveva trovato un valido contrappeso nell’istituzionalizzazione e nel perfezionamento delle funzioni del viceré, insieme alter ego e massima autorità di governo nei territori della monarchia.
C’erano una volta le “Capitali senza re”
Fin dal titolo, Capitali senza re nella Monarchia spagnola. Identità, relazioni, immagini (secc. XVI-XVIII) – i due tomi, curati mirabilmente da Rossella Cancila, editi da Quaderni di Mediterranea Ricerche Storiche – appaiono intriganti e utili per un avanzamento degli studi storici sul sistema imperiale spagnolo. Intriganti per la varietà di temi affrontati nei differenti contributi, per la loro fisionomia interdisciplinare, come più avanti si vedrà, per tutti gli interrogativi che suscita l’espressione “capitali senza re”.
Utili perché invitano gli studiosi a inquadrare i differenti aspetti storici dell’impero spagnolo entro categorie di riferimento, come quella di sistema imperiale spagnolo. Categorie capaci di ricostruire e interpretare il rapporto fra l’unità e la molteplicità della formazione politica e di sfuggire al rischio di rappresentazioni anacronistiche e false come quella di confederazione o federazione di Stati.
Il tema – che necessariamente richiede interdisciplinarietà – è il rapporto tra la forma urbis, la dialettica dei poteri nella capitale senza re, quella fra il centro e la periferia, le funzioni delle città-capitali. Più discipline si incontrano: la scienza storica, la scienza urbanistica, la storia dell’arte e dell’architettura, la scienza politica. Collegamenti interessanti sono negli interventi urbanistici nelle capitali.
La Napoli del viceré Toledo, con i quartieri spagnoli, la Palermo tra Cinque e Seicento, con il suo rinnovamento urbano; altri casi dimostrano che, pur in tempi differenti, è dal centro madrileno che partono gli input e le linee direttrici per il governo dei singoli territori.
Quelle linee direttrici si traducono nel rapporto con le specifiche funzioni esercitate dalle città-capitali e si confrontano con esse: con le capitali della Corona d’Aragona, vertici di un regno con un re assente; con il governo militare di Granada, capitale di frontiera, dopo la cacciata dei moriscos; con le funzioni di Napoli, con le sue istituzioni rappresentative e le sue magistrature; con la Milano, “città emporio”, sovrana nell’organizzazione del commercio internazionale; con Lisbona, capitale commerciale tra Atlantico e Mediterraneo; con le città che configurano i regni d’Oltremare; con il governo del conflitto tra Palermo e Messina per la residenza viceregia; con il governo della fiscalità nei territori italiani.
Il secondo tomo è dedicato alle strategie di immagine: rappresentazioni, cerimoniali, agenti, costruzioni letterarie e simboliche delle capitali, strumenti per rendere presente presso i sudditi il re assente, entrate pubbliche dei viceré, cerimonie di accoglienza, festeggiamenti per la traslazione del corpo dei santi, reti diplomatiche.
Come scrive nella sua introduzione Rossella Cancila, “la dinamica relazionale sia interna sia esterna, declinata a partire dal livello locale sino al transnazionale, rappresentala cifra più rilevante che emerge dai saggi qui presentati”.