Napoli fra realtà e rappresentazioni
Napoli sta attraversando una congiuntura e una condizione paradossali. Il brand, la sua rappresentazione, il suo racconto godono di una fortuna internazionale superiore a qualsiasi altra epoca. Insomma la città tira, per così dire, va di moda. Al tempo stesso le strutture materiali sono in crisi e le condizioni di vivibilità si fanno sempre più difficili: il divario tra lo storytelling e la realtà si approfondisce. Anche questa tuttavia può configurarsi come un’immagine stereotipata, che non tiene conto di anticorpi e fattori dinamici presenti non alla superficie, ma fra le pieghe e nella trama complessa della città.
La scoperta e l’identificazione di questa trama sono il filo rosso che lega insieme le pagine del libro di Paolo Frascani, Napoli: viaggio nella città reale (Laterza 2017). L’autore, di professione storico economico, utilizza sapientemente fonti e materiali diversi ed eterogenei: giornali quotidiani italiani e stranieri, documenti statistici, letteratura, musica, cinema, esperienze e pratiche di movimenti e associazioni. Con queste ultime stabilisce un dialogo originale teso a far emergere e a comunicare al lettore realtà e casi virtuosi che, secondo l’autore, possono essere in grado di segnare positivamente il percorso di sviluppo della città.
L’esordio del volume è rappresentato dall’analisi critica della politica napoletana nell’ultimo ventennio: in un itinerario a ritroso che parte dall’esperienza dell’attuale sindaco de Magistris e mette in discussione la stagione bassoliniana. I motivi del successo di Luigi de Magistris, peraltro ampiamente noti, sono ricordati da Frascani: la crisi del Partito democratico, l’assenza di forme di mobilitazione alternativa, la capacità del personaggio di interpretare sia aspettative di ceti marginali sia la rivolta dei ceti medi. A Bassolino l’autore imputa soprattutto il tentativo fallito di affrontare con una nuova classe dirigente i problemi che la crisi industriale e la stagione postfordista aveva lasciato a Napoli come a Milano e a Torino. Una stagione, quella bassoliniana, caratterizzata da luci e ombre: alla consapevolezza della dimensione storica come valore fondante dell’identità urbana e canone per la costruzione del futuro si è accompagnato il fallimento dell’esperimento urbanistico che non è stato in grado di intervenire sul sistema produttivo, disperso e frammentato, della città.
Oggi Napoli è una cittè modernizzata, ma non moderna. E gran parte delle sue rappresentazioni non fanno i conti con i mutamenti che sono intervenuti nei suoi scenari economici e sociali, nell’identità professionale dei napoletani, nella stessa distribuzione delle stratificazioni sociali all’interno della topografia urbana, nei rapporti fra città marginale e città mediana, che oggi appaiono assai più ravvicinate rispetto al passato, nella presenza e nei comportamenti delle comunità straniere presenti sul territorio. Pagine di notevole interesse sono dedicate da Frascani ai segni del mutamento culturale che sta investendo la nuova forza lavoro intellettuale, alle vie del “fai da te” nell’artigianato e nella technolgy innovation.
Il viaggio nella città reale di Frascani si snoda lungo le varie tappe di una sorta di labirinto. Di qui sia l’apparente disordine come scelta di scrittura sia il ricorso all’uso abbondante delle metafore: la città-spugna, Giano bifronte, non solo Gomorra, ecc. Di qui anche l’impressione che questo non sia un libro a tesi, condizionato dall’ideologia.
Ma a ben leggere un’idea portante, una tesi se si vuole, è presente e si articola in due poli. Il primo polo è il fallimento della modernizzazione urbana dall’alto accompagnato dalla fiducia nella sperimentazione dal basso, nelle molteplici iniziative, esperienze di movimenti, realtà di quartiere che si diffondono in città. Il secondo polo è la convinzione che Napoli non possa farcela da sola, abbia necessità di farsi riconoscere dal resto del paese.
La problematicità di questa tesi, a mio parere, è data dall’eccessiva fiducia in quel basso vitale ma polverizzato, corpuscolare, che, almeno finora e visto nel tempo breve, non modifica ancora la realtà di una città modernizzata ma non moderna. E un’ulteriore considerazione va fatta: quella della distanza che permane fra le potenzialità, meticolosamente evidenziate da Frascani, e la loro rappresentazione, mediazione politica: è questa la ragione profonda della difficoltà a fare sistema.