Palermo di Carta. La città di Palermo come fonte per la storia
La scelta di utilizzare gli archivi quale chiave di lettura di una città come Palermo permette di unire la testimonianza della memoria con la realtà delle emergenze urbanistiche e architettoniche. Il punto focale della struttura viaria della “felicissima” Palermo è il Cassaro, una strada la quale è non soltanto l’asse urbanistico principale di Palermo ma, anche, il contenitore delle sue memorie, dei suoi archivi che conservano le testimonianze della storia sia della città sia del Regno di Sicilia. Il palazzo reale, detto impropriamente palazzo dei normanni, è il punto di partenza di questo percorso archivistico. La Cappella Palatina, la chiesa voluta dai re normanni all’interno del Palazzo, conserva nei suoi tabulari e nei suoi armadi di legno di cipresso un materiale archivistico di eccezione: pergamene purpuree bizantine; atti di battesimo e di morte di sovrani e dei loro familiari; antifonari miniati che servivano al Ciantro – il Capo dei cantori – a guidare il capitolo nel salmodiare del canto gregoriano; descrizioni di cerimoniali relativi ad eventi nei quali il Capitolo era coinvolto come i funerali o la presa di possesso da parte dei viceré della suprema carica del Regno.
Uscendo da Palazzo reale incontriamo il Palazzo Arcivescovile e la Cattedrale, espressioni architettonicamente rilevanti del potere esercitato dalla Chiesa sulla città e sul Regno, ma anche sede di importanti archivi. L’archivio Diocesano conserva non soltanto gli atti prodotti dall’Arcivescovo come capo spirituale della Chiesa ma, anche un complesso documentario rilevante nel quale si ritrovano le testimonianze del ruolo dell’Arcivescovo quale guida spirituale e civile. Alcuni esempi ci danno un’idea del contenuto di questi archivi: gli atti dei tribunali ecclesiastici; gli elenchi degli iscritti alle confraternite; i registri parrocchiali nei quali vi sono i principali indicatori demografici palermitani (matrimoni, nascite e morti). Vittorio Amedeo II, re di Sicilia, quando nel 1713 vuole conoscere il numero dei cittadini di Palermo deve ricorrere agli archivi dei parroci della Cattedrale e delle chiese di Santa Margarita, S. Nicolò l’Albergaria, Sant’Antonio, S. Nicolò la Kalsa, S. Giovanni li Tartari, Santa Croce, S. Ippolito, Santa Maria di Monserrato nel Borgo, S. Giacomo la Marina.
La mole del Collegio Massimo Gesuitico, attuale sede della Biblioteca Centrale della Regione Siciliana, impone la sua presenza e il suo ruolo chiave per la formazione culturale della gioventù. Il nucleo della biblioteca dei Gesuiti si trova ancora oggi negli scaffali all’interno dell’edificio mentre il suo archivio, nel momento della soppressione dell’Ordine, sarà trasferito all’Archivio di Stato nei locali dell’edificio della Gancia insieme alla documentazione che proveniva dagli altri collegi.
Non c’è struttura edilizia dell’asse viario principale della città che non abbia accolto un archivio: i monasteri, le chiese, i palazzi nobiliari avevano armadi, splendidamente decorati, dove conservare la documentazione. Il piano dei Bologni (l’attuale piazza Bologni) deve il suo nome alla presenza del palazzo Alliata di Villafranca nel quale aveva abitato la potentissima famiglia dei Bologna. Le carte Alliata fortunatamente sono ancora oggi conservate negli scaffali dell’Archivio di Stato. L’archivio per una famiglia nobiliare non è soltanto una stanza dove riporre delle carte più o meno importanti per la gestione della loro amministrazione ma, bensì, il luogo dove raccogliere le testimonianze della storia familiare necessarie per costruire l’albero genealogico e certificare tutti gli “attacchi” necessari per l’esaltazione dell’onore e del prestigio dei suoi componenti.
Pochi metri più avanti si apre il crocevia dei Quattro Canti, dominato dalle statue delle sante Agata, Ninfa, Oliva e Cristina alle quali era affidata la protezione di Palermo prima di Santa Rosalia, dal quale si accede a Palazzo delle Acquile. Il complesso degli archivi ospitato nella sede del Senato della felicissima città di Palermo era consistente e articolato in quanto il palazzo assolveva a diverse funzioni compresa quella di ospitare la Tavola di Palermo. Uno dei primi banchi pubblici europei che esercitò le sue funzioni dalla seconda metà del secolo sino all’ottocento quando confluì nel Banco di Sicilia. La creazione della Fondazione del Banco di Sicilia (ora Fondazione Sicilia) è stata l’occasione per trasferire tutto il complesso documentario della Tavola nella sede di Villa Zito. Libri contabili in folio rilegati in pelle, filze di polizze di banco, lettere di cambio costituiscono un patrimonio documentario poco conosciuto ma, fondamentale per ricostruire la storia dell’economia siciliana.
L’archivio istituzionale del Comune, che prima dell’Unità era collocato in alcuni angusti locali del palazzo Senatorio, fu spostato nel convento di San Nicolò Tolentino, nel cuore del quartiere ebraico. Un articolato complesso documentario, che abbraccia un arco temporale che dal medioevo giunge ai giorni nostri, sistemato in splendide sale. Chi voglia ricostruire la storia di Palermo non può, ad esempio, fare a meno di consultare i registri nei quali sono stati trascritti i verbali delle delibere dei consigli comuli che si sono susseguiti dal secolo XVI ai giorni nostri.
Continuando la nostra discesa verso il mare, dopo avere attraversato il taglio di via Roma, entriamo a piazza Borsa dove si può visitare il complesso monumentale nel quale aveva sede la Cassa di Risparmio Vittorio Emanuele II. Un archivio nel quale era conservata la documentazione prodotta dal Monte di pietà e che, dopo la fusione con il Banco di Sicilia, confluì nella Fondazione Sicilia a palazzo Branciforte.
Il taglio di via Roma ci permette di fare una deviazione dal nostro percorso lungo il Cassaro, per raggiungere piazza San Domenico. Il complesso monumentale ha una sua specifica valenza storica in quanto è sede della Storia Patria la cui biblioteca e il cui archivio costituiscono una tappa obbligata per tutti coloro che studiano il Risorgimento. I carteggi dei protagonisti, noti e meno noti, delle vicende risorgimentali siciliane sono in quelle sale: Crispi, Amari, Corrao, Cavallari ritornano ad essere protagonisti di una stagione irripetibile di tensione morale e civile grazie alla quale si costruì l’Italia unita.
Ma ritorniamo sul Cassaro e percorriamo l’ultimo tratto prima di arrivare a Porta Felice, cerniera tra il mare e la città: i viceré, quando arrivavano a Palermo per prendere possesso della loro carica, iniziavano il loro percorso cerimoniale da quel varco e percorrevano il Cassaro dal mare verso Palazzo reale.
In questo contesto urbanistico la chiesa della Catena e il complesso architettonico annesso, costituiscono una tappa obbligata in quanto ospitano la sede dell’Archivio di Stato di Palermo. La storia del regno di Sicilia è contenuta nei suoi scaffali e nei suoi containers. Orientarsi in questo oceano di fondi archivistici non è una cosa semplice ed è necessario utilizzare uno strumento di riferimento qual è la Guida degli Archivi di Stato. Una mappa grazie alla quale è possibile leggere i cambiamenti istituzionali che caratterizzano la storia dell’isola: dal Regno al Viceregno; dagli spagnoli, ai piemontesi, agli austriaci, ai borboni e, infine, al Regno d’Italia.
Non si può terminare questa lunga passeggiata senza soffermarsi nel Piano della Marina e contemplare il palazzo chiaramontano sede della Santissima Inquisizione, dei Tribunali del Regno d’Italia e, dopo la seconda Guerra Mondiale, del Rettorato dell’Ateneo. Gli archivi dell’Ateneo sono stati riorganizzati e tra breve saranno resi disponibili nella sede dell’ex Convento di S. Antonino mentre l’archivio dell’Inquisizione, sopravvissuto al rogo, si conserva presso la sede dell’Archivio di Stato nel convento della Gangia.
Piazza Marina è il punto di arrivo di una lunga passeggiata nella quale architettura e archivi si fondono insieme in un unicum che fanno di Palermo la città “felice”.
Ma non si può concludere questo percorso senza soffermarsi a Piazza Cavallo marino e guardare il palazzo Amoroso dove ha sede la casa museo di Rosario La Duca. In quei locali c’è la felice sintesi di un progetto della realizzazione di un museo della città di Palermo rimasto sulla carta e mai realizzato. Un progetto che Salvare Palermo dovrebbe reintestarsi e questa passeggiata tra archivi e palazzi può essere in nuce il progetto di base intorno al quale costruire il Museo della città. Una sommessa scommessa che potrebbe essere vincente in quanto la sensibilità dei palermitani nei confronti della loro città in questi anni è profondamente cambiata e che i mezzi informatici e la digitalizzazione potrebbero riuscire a rendere fattibile il sogno di Rosario La Duca.