Convegno “Capitali senza re nella Monarchia spagnola”: riflessioni e interviste
Considerazioni conclusive sulla tre giorni del convegno che ha reso Palermo capitale del confronto storiografico
Sabato 29 settembre si sono conclusi, nella cornice suggestiva del Museo internazionale delle marionette Antonio Pasqualino, i lavori della XIV giornata internazionale della storia della monarchia iberica dedicata alle “Capitali senza re nella Monarchia spagnola”. Tre giornate intense che hanno visto la partecipazione di un folto numero di relatori che hanno affrontato i principali snodi della tematica programmata che possiamo sintetizzare, utilizzando i titoli delle singole sessioni, nei seguenti termini: essere capitale: identità politica e sociale; la capitale e le sue relazioni; strategie di immagini. Un percorso articolato e complesso che può essere ricostruito ricorrendo sia al programma, sia alla lettura degli abstracts raccolti in un volume.
Il tema chiave è stato sintetizzato da Juan F. Pardo Molero dell’Università di Valencia: nella monarchia spagnola non si può circoscrivere l’idea di capitale alla presenza di una residencia real in un determinato contesto urbano. L’aggregazione differita nel tempo di realtà territoriali, le quali fanno riferimento a specifici centri politici, ecclesiastici, istituzionali ed economici, ha fatto sì che esistano una pluralità di “capitali” che esercitano il loro ruolo di “capitali” senza la presenza fisica del re. Il recente studio di Rossella Cancila sui funerali di Filippo IV è una testimonianza della complessità strutturale della costruzione di un’articolata rete di “capitali” nelle quali il sovrano non risiede fisicamente ma è immanente. La cerimonialità delle esequie costituisce una esemplare chiave di lettura di questi percorsi interpretativi: la realizzazione delle statue, la rappresentazione esoterica dei diversi regni sia nel catafalco sia nel monumento celebrativo della figura del sovrano sono tutte declinazioni. Il sovrano è presente ed è immanente nella realtà urbana non solo a Palermo ma in tutto il contesto dell’impero spagnolo. Protagonisti di questa tre giorni di confronto storiografico sono stati storici appartenenti a diverse generazioni, ne è scaturita una rassegna intrisa di spunti di riflessione ed apertura di nuove prospettive di ricerca. Protagonisti di questo confronto intergenerazionale sono stati, tra gli altri, il Prof. Gaetano Sabatini – guarda l’intervista integrale, storico dell’economia all’università degli Studi di Roma Tre e il Prof. Aurelio Musi – guarda l’intervista integrale, epigono del compianto maestro Galasso, storico dell’età moderna presso L’università di Salerno.
Abbiamo posto alcune domande a Rossella Cancila, Ordinaria della cattedra di Storia Moderna presso l’Università degli studi di Palermo, padrona di casa e responsabile, insieme a Valentina Favarò, del coordinamento scientifico di questa importantissima rassegna internazionale.
L’intervista:
- Professoressa, in qualità di coordinatrice di queste tre giornate, ci potrebbe fornire un bilancio finale?
È stata una bella e proficua occasione di incontro tra studiosi provenienti da diverse università, con una significativa presenza dell’area ispanica e latino americana. Il convegno è stato indubbiamente assai denso e ricco. Il profilo scientifico dei relatori era elevato, di primissimo piano, e anche i più giovani studiosi hanno presentato contributi interessanti, lasciando emergere collegamenti con filoni di ricerca innovativi, che attraversano la storiografia sulle monarchie iberiche a livello internazionale. Si è creato un clima di attenzione e di ascolto, e gli interventi hanno offerto utili spunti di riflessione su cui insistere anche in vista della prossima pubblicazione degli atti. Ma mi ha fatto molto piacere la presenza di allievi dei nostri corsi di laurea, che hanno aderito a un percorso didattico loro rivolto; e ancor più il loro apprezzamento per l’iniziativa e il ringraziamento per l’opportunità di essere parte di un contesto internazionale di così alto livello. Non era affatto scontato.
- Il titolo di questa tre giorni all’insegna del confronto tra storici di fama internazionale è “capitali senza re nella monarchia spagnola” quali sono le principali direttrici di ricerca che si sviluppano da questo particolare tema storiografico?
Il convegno ha attraversato temi diversi, l’identità politica e sociale delle capitali, le relazioni con l’esterno e con Madrid, che comunque rimaneva il loro principale interlocutore, e ancora il tema dell’immagine e della rappresentazione con importanti riferimenti ai cerimoniali. Ma anche la sfera del sacro, che dà un contributo assolutamente rilevante nella definizione dei tratti distintivi e nella costruzione di una capitale. Fondamentale si è rivelato il dialogo con altre discipline, come la storia dell’arte o la storia dell’architettura: credo che bisogna continuare su questa strada del confronto tra linguaggi diversi, e non solo occasionalmente. La possibilità di comparazione – pur nella contestualizzazione di ciascun caso – è poi una sfida storiografica difficile, ma possibile. Guardare al tema della capitale non nella dimensione ossessiva della cifra identitaria, costruendo dunque percorsi di chiusura, ma aprendo alle relazioni orizzontali e alle interazioni è una delle linee interpretative su cui il convegno è stato costruito, e credo che ne rappresenti una direttrice importante. E ancora il tema dell’assenza del re, un’assenza fisica, ma non politica né tanto meno militare con cui continuamente si confrontava la rivendicazione di queste capitali di regni e stati sovrani a non considerarsi affatto città suddite.
Infine, riportiamo una riflessione complessiva da parte di Gibran Bautista y Lugo dell’Universidad Nacional Autónoma de México e di Valentina Favarò, docente di Storia Moderna presso il Dipartimento Culture e Società dell’Università di Palermo.
La investigación sobre los mundos ibéricos en la Edad Moderna de cara a las sociedades actuales. Los últimos días de septiembre de 2018, Palermo fue escenario, entre muchas otras actividades, a propósito de su año como capital de la cultura europea, de las XIV Jornadas Internacionales de Historia de las Monarquías Ibéricas, la reunión anual de Red Columnaria.
Durante tres días, los participantes de las jornadas reflexionaron sobre cómo se volvieron capitales diversas ciudades de los mundos ibéricos entre los siglos XVI y XVIII. Los aspectos específicos de las diversas urbes, tanto como las dinámicas materiales, la circulación de personas, cosas y modelos resultaron fundamentales para comprender que, no obstante la ausencia permanente del rey o precisamente por eso, los grupos que ejercían la toma de decisiones hicieron uso de la representación de la autoridad real para constituir repúblicas que se volvieron cabezas de reino o de regiones. Desde luego, las Jornadas comenzaron un trabajo que debe profundizarse, pero algunos aspectos fundamentales quedaron planteados.
Los mecanismos que permitían el ejercicio de la autoridad superior pasaban por la constante negociación con los grupos implicados y se fundaban en la transformación de la materialidad del poder local en los mundos ibéricos de aquellos siglos. La relevancia del poder local que hacía uso de la autoridad real a escala global ofrece un punto de referencia para reflexionar sobre la naturaleza de las relaciones políticas en entes de amplia escala.
Para las sociedades actuales, impactadas por los factores globales que nos son comunes (desde las mercancías de todos los días, hasta la tecnología o la dependencia internacional de los flujos financieros), resulta interesante reflexionar sobre las experiencias humanas pasadas de globalidad y circulación a escala planetaria. Por ejemplo, en el ámbito de lo político, los habitantes de las sociedades pasadas ejercían sus derechos y privilegios muy diferentes y con sus especificidades, en un marco común, que expandía la legitimidad del orden político en el que se inscribían sus vidas.
Por otra parte, las Jornadas han reflejado una gran cantidad de enfoques y estudios de caso. Este ejercicio, que rebasa el ámbito local de los espacios académicos a los que responde cada participante es, en sí mismo, de gran utilidad para mostrar que el conocimiento sobre el pasado, desde una perspectiva global, requiere de la colaboración, que multiplica la capacidad interpretativa y la reflexión sobre lo común y lo específico de nuestros pueblos. Construir la capacidad para generar conocimiento en red y reflexionar en conjunto sobre nuestro pasado, más allá de las experiencias directas de cada quien, permite abrir una ventana a mundos posibles, que habían quedado cancelados por las orientaciones nacionalistas de nuestro pasado historiográfico.