Palermo Fastosissima. Cerimonie cittadine in età spagnola
Palermo Fastosissima. Cerimonie cittadine in età spagnola
Si tratta di un’edizione tascabile, di un volumetto agile, di quelli che possono esser letti tra una fermata e l’altra del Tram, davanti al camino o mentre ci si trova sdraiati sulla spiaggia.
Eppure Palermo Fastosissima. Cerimonie cittadine in età spagnola, questo il titolo dell’opera della storica Nicoletta Bazzano, edito dalla Palermo University Press, non perde le caratteristiche di un puntiglioso saggio storico, completo di un esaustivo apparato bibliografico, il cui discorso poggia su solide fonti documentarie con una discreta conoscenza della letteratura storiografica precedente.
Il volume è un riuscitissimo tentativo d’introdurre il lettore, semplice curioso o appassionato di storia locale, alla conoscenza della Palermo spagnola con particolare riferimento al XVII secolo.
L’autrice seguendo i percorsi cerimoniali, sia laici che religiosi, elaborati in un’epoca particolarmente importante per la storia della città, capitale di uno dei regni della Monarchia su cui non tramontava mai il sole restituisce un quadro abbastanza esauriente della città di Palermo dell’epoca rinascimentale e barocca. Seguendo l’intero cerimoniale d’insediamento dei vicerè dal loro arrivo in porto sino alla loro partenza dalla capitale, la storica scopre il volto di una Palermo inedita: quello di una capitale di frontiera, sede di una vera e propria corte, pienamente partecipe dei fasti culturali, artistici e politici del suo tempo. Viene eviscerato il rapporto che intercorre tra manifestazione del potere regio, cerimonialità e assetto urbanistico della città, tre elementi che combinati tra loro agirono concretamente sia sull’assetto urbanistico che su quello culturale.
La pianta stessa di Palermo, segnata nel suo centro storico dalla croce del Cassaro e di via Maqueda con l’ottagono perfetto del teatro del Sole, rimanda all’epoca fastosa dei vicerè. Le strade e le stradine che si diramano dalle due principali direttrici contribuiscono, con mille particolari, a mantenere vivo il ricordo della città del passato, aristocratica e plebea, lussuosa e misera, gaudente e bigotta. E quindi ancora oggi è possibile calcare le orme di cortigiani e popolani, di inquisitori e funzionari, soffermandosi dinanzi a facciate e monumenti, per rivivere i momenti più importanti del passato e illustrare le vicende politiche, economiche e sociali della Sicilia in età Moderna.
Le storie che si diramano dall’asse centrale della narrazione, rappresentato dalla vicenda della cerimonialità legata alla figura del vicerè, sono molteplici e vanno dalle giostre organizzate dalla nobiltà locale presso la piazza marina, alle esecuzioni capitali dei condannati dal tribunale dell’inquisizione nella stessa piazza; dalle rappresentazioni teatrali all’interno del palazzo reale fino alle sacre sfilate delle cerimonie religiose in onore delle quattro sante patrone prima, Oliva, Ninfa, Cristina e Agata, sino alla stabilizzazione del culto dell’unica santa patrona: Rosalia.
Si tratta di una lettura interessante, per nulla noiosa e piena di risvolti anche inediti e finanche piccanti, come la passione del vicerè Marco Antonio Colonna verso Eufrosina Valdaura, moglie di Galcerano Corbera e baronessa di Miserandino, che come raccontano le cronache dell’epoca, di fronte alla sua bellezza «Il signor Marco Antonio divenne così cieco che non facendo conto dell’autorità e reputazione viceregia, fu un altro Marco Antonio con Cleopatra»; vicenda quella tra il vicerè e la baronessa finita tragicamente nel sangue.
Sangue, che oltre a lavare le macchie di amori adulteri, serviva alla popolazione come elemento di purificazione ed espiazione sociale delle colpe, nelle cerimonie pubbliche di esecuzione capitale in piazza Marina. Ivi, trovava un ruolo fondamentale la compagnia del SS. Crocifisso, meglio nota come Compagnia dei Bianchi, dal colore degli abiti che indossavano. Le vicende legate alla compagnia, al suo ruolo nella cura dell’anima del condannato, della sua trasformazione da reo dei più turpi peccati, protagonista della ritualità collettiva di espiazione delle malefatte in martire e santo a cui appellarsi per ricevere benevolenza, sono seguite con attenzione sino all’epoca del loro declino. La Palermo sacra e la Palermo profana s’intrecciano dunque lungo tutta la narrazione. Elemento questo che non stupisce affatto dato che come è noto non è possibile discernere i due aspetti in un contesto come quello dell’Europa moderna, dove è impossibile immaginare una sfera privata separata da quella sacra. Questo strettissimo connubio ha dato vita ad un ottimo saggio colmo di spunti di riflessione davvero interessanti.
Francesco Carnevale