Palermo: torri e confini della città esterna tra fenici e musulmani
Riflessioni e notizie inedite su una città parzialmente sepolta. Vexata quaestio: al Khalisa
Giovanni Franco Anselmi Correale
Quaderni di Clio, 132 pgg, 45 €
Per acquistarlo: Palermo: torri e confini della città esterna tra fenici e musulmani (VII Sec. A.C- XI sec. D.C)
Dov’era la città esterna di Panormos che secondo gli storici fu presa “con gran sangue” dai romani durante l’assedio del 254 a.C.? L’ipotesi largamente accettata dagli studiosi è quella formulata agli inizi del ‘900 da Columba che vedeva tutta la città racchiusa nel “piede punico” distinta in Paleapolis e Neapolis. Ma a fornire un approccio di studio completamente diverso è Gianfranco Anselmi Correale, architetto esperto di restauri di architetture dei paesi islamici. Lo studioso propone riflessioni e notizie inedite, ritornando anche su un tema che ha fatto da sempre discutere gli studiosi riguardante i confini della Kalsa, la “città eletta” degli arabi, per la quale sono state elaborate tre distinte delimitazioni. Nella copertina è disegnato lo schema di una città esterna presente già al tempo dei fenici, una città turrita e munita di mura, protetta da un fossato e che guardava l’approdo minore oggi corrispondente a piazza Marina. Anselmi Correale ha riletto con più attenzione le cronache del tempo, da Polibio a Diodoro Siculo, poi ha incrociato i dati dei suoi rilievi geognostici con quelli eseguiti dal geologo Pietro Todaro, infine ha fatto ricognizioni e scavi sul campo. Elenca una serie di possenti strutture, realizzate con conci di calcarenite alti 97 centimetri, cioè multiplo del cubito, misura usata dai fenici. Conci che sarebbero stati riusati in epoche successive. Lo studioso, sulla base di altri elementi disegna la ”sua” città esterna, munita di torri, con un fossato colmo d’acqua che la lambiva su due lati da Est e da Sud. Ma che fine ha fatto questa città esterna, com’è possibile che non si siano trovati elementi archeologici che possano confermare l’ipotesi? “Bisogna scavare per almeno 9 metri , la città antica è stata sepolta da un’alluvione del Kemonia nel 934 d.C.”. Su di essa, tre anni dopo il generale Halil bn Ishaq costruì la Kalsa, una cittadella politico e militare autonoma dal resto della città. Ma tre anni è un lasso di tempo irrisorio per realizzare la cittadella che aveva mura possenti, anche se non come quelle del Cassaro. La tesi è che siano state reimpiegate le precedenti strutture edilizie della Panormo fenicio-punica.
Ufficio stampa