Peppino Impastato, il giornalista siciliano che denunciò la mafia
Peppino Impastato nasce a Cinisi il 5 gennaio del 1948 e nella stessa città morirà, ucciso da mano mafiosa, il 9 maggio del 1978. Quella di Impastato è stata un vita segnata dall’opprimente presenza di cosa nostra. In un periodo di totale omertà e completo controllo criminale sul territorio, con tanto di connivenze politiche, Peppino crebbe in una famiglia mafiosa. Il padre e lo zio erano infatti entrambi affiliati alla criminalità organizzata.
Peppino Impastato: una vita segnata dalla mafia
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La formazione di Impastato
Opponendosi strenuamente alle logiche mafiose imposte dal padre, accettate al tempo anche dal resto della sua famiglia, il giovane Impastato viene cacciato di casa a soli quindici anni.
Attivista politico e giornalista, il giovane segue il solco tracciato in quegli anni dal suo maestro Danilo Dolci (di cui a diciannove anni documenta la marcia di protesta del 1967) e da Mauro Rostagno, come lui cronista, membro di Lotta Continua e martire della mafia.
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L’attività politica e artistica
Arte e politica si mescolano nella vita di Impastato trasformandosi in strumenti per combattere “cosa nostra” attraverso la cultura. Non a caso Peppino, esponente di Democrazia Proletaria e precedentemente di Lotta Continua, fonda nel 1965 “L’idea socialista” e successivamente il “Circolo musica è cultura” iniziando il percorso che porterà nel 1977 alla creazione di Radio Aut.
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L’esperienza di Peppino Impastato a Radio Aut
Attiva tra il 1977 e il 1978, con sede presso il vicino comune di Terrasini, la realtà autofinanziata di Radio Aut rappresenta l’apice dello scontro tra Impastato e “cosa nostra”. La mafia, incarnata dalla figura di Gaetano Badalamenti, da Peppino sbeffeggiato con l’appellativo di “Tano seduto”.
In quel periodo il boss di Cinisi è invischiata tanto nella costruzione della terza pista dell’aerostazione di Punta Raisi (oggi aeroporto Falcone e Borsellino), quanto nella conseguente espropriazione dei terreni agricoli. Peppino si oppone a tutto questo dando voce alla lotta dei contadini locali e, nelle trasmissioni della rubrica “Onda pazza da Mafiopoli”, denuncia e denigra apertamente il coinvolgimento del boss Badalamenti come l’omertà e connivenza dei propri concittadini nei confronti del potere mafioso.
La morte di Peppino Impastato
Impastato muore il 9 maggio del 1978, lo stesso giorno in cui il corpo di Aldo Moro viene ritrovato a Roma in via Caetani. Una coincidenza di eventi nefasti che permise per lungo tempo di gettare fango sulla figura di Peppino, la cui morte venne fatta passare come la conseguenza di un fallito attentato dinamitardo. Lo Stato, le forze dell’ordine e i giornali avallarono e probabilmente favorirono questa tesi denigratoria, volta a cercare di cancellare gli sforzi di una voce sempre più attiva nella lotta contro la mafia e per questo divenuta scomoda a “cosa nostra”.
Il caso della morte di Peppino
La morte di Impastato verrà riconosciuta come omicidio di matrice mafiosa solo nel 1984, grazie all’impegno del fratello e della madre. L’assassinio del giovane apre una profonda crepa nella sua famiglia, portando Felicia e Giovanni Impastato a rompere i rapporti con la criminalità organizzata.
Il caso giudiziario dell’omicidio Impastato va avanti fino al 2002, quando, in seguito alla riapertura del caso (archiviato nel 1992 e riaperto nel 1994), le rivelazioni del collaboratore di giustizia Salvatore Palazzolo porteranno alla condanna per omicidio di Vito Palazzolo e Tano Badalamenti.
Il film “I cento passi”
La casa di Impastato dista da quella di Badalamenti esattamente 100 passi, gli stessi che danno il nome al film di Marco Tullio Giordana (2000), con protagonista Luigi Lo Cascio nel ruolo di Peppino Impastato. Una pellicola vincitrice di molti premi e riconoscimenti anche a livello internazionale, che ha avuto il pregio di far conoscere anche ai più giovani la figura di Peppino.
Un prodotto tecnicamente ineccepibile, che colpisce lo spettatore con la forza di una realtà che, per quanto romanzata, risulta troppo dura da accettare per chi quelle vicende non le abbia vissute.
Le frasi celebri di Giuseppe “Peppino” Impastato
Sebbene la frase “Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà”, sia nata nel contesto dei film sulla sua vita, molte altre sono invece le parole pronunciate negli anni da Impastato e rimaste celebri nella storia:
- La mafia uccide, il silenzio pure
- Io voglio scrivere che la mafia è una montagna di merda! Noi ci dobbiamo ribellare. Prima che sia troppo tardi! Prima di non accorgerci più di niente!
- Il comunismo non è oggetto di libera scelta intellettuale, né vocazione artistica: è una necessità materiale e psicologica
- Nessuno ci vendicherà: la nostra pena non ha testimoni
Questi sono quattro esempi utili per chiarire il pensiero e l’ideologia politica di Peppino Impastato, cresciuto, vissuto e morto in un territorio piagato dalla mafia e dalla corruzione della politica quanto delle istituzioni pubbliche.
Ricorrenze e commemorazioni
Oggi le case di Impastato e Badalamenti sono luoghi di interesse culturale e beni confiscati alla mafia, dove hanno sede le associazioni che hanno raccolto il manto della lotta di Peppino (come Radio 100 passi) e si sta lavorando per espropriare il casolare dove Giuseppe venne ucciso, trasformando il posto dove avvenne l’omicidio Impastato in un un luogo della memoria nella lotta contro la mafia. Uno scontro che procede dal 2002 anche grazie alla nascita del Forum sociale antimafia Felicia e Peppino Impastato, così come del premio Musica e Cultura Peppino Impastato.
La strada è ancora lunga, ma la Sicilia non dimentica. Proprio per questo, nonostante le limitazioni dovute alla pandemia, il tradizionale corteo da Terrasini a Cinisi verrà sostituito da una serie di presidi temporanei per commemorare la ricorrenza della scomparsa di Impastato.