Perché si fa l’albero di Natale? Simboli e riti del 25 dicembre
La tradizione dell’albero di Natale e del presepe è ancora molto viva nelle famiglie italiane. Ecco storia e le curiosità su queste antiche usanze
Le origini dell’albero di Natale
L’usanza di decorare e addobbare un albero celebrativo è presente già nelle culture pagane. In particolare si utilizzavano gli ailanti (o “alberi del paradiso”) da adornare con nastri colorati, piccole campane e illuminati da fiaccole votive per rappresentare le anime che popolavano la pianta.
Durante le Calende di gennaio i Romani erano soliti abbellire le loro case con rami di pino come buon auspicio. Nella cultura celtica invece, l’albero di abete rosso veniva considerato un simbolo di lunga vita visto che non appassiva durante i rigidi inverni e le sue foglie rimanevano sempreverdi. I sacerdoti druidi (dal gaelico duir: quercia) iniziarono così ad onorarli e a decorarli durante la festa del solstizio d’inverno per esorcizzare il giorno “più oscuro” dell’anno.
Nel Medioevo l’albero di Natale si fece strada progressivamente anche nelle tradizioni cristiane. La Chiesa sostituì l’abete o il pino con l’agrifoglio, le cui foglie dalla forma appuntita simboleggiavano per i fedeli le spine della corona del Cristo e le bacche rosse che la pianta produce rimandavano alle gocce di sangue. Inoltre, la forma tipicamente triangolare dell’albero fu associata a quella della Trinità in quanto simbolo di immortalità.
Una prima documentazione certa dell’albero usato come celebrazione del Natale risale al XVI secolo nella città di Riga, in Lettonia, dove, nel 1510, la Confraternita delle Teste nere (un’associazione di commercianti e armatori locali) decise di porre un albero al centro della piazza principale per poi darlo alle fiamme durante il Capodanno.
A partire dal XVII secolo cominciò a farsi strada l’usanza di portare in casa un albero e di decorarlo. Nel secolo successivo lo si illuminò con candele. Tuttavia gran parte della tradizione dell’albero di Natale è rimasta relegata ai soli popoli del nord Europa.
La tradizione venne introdotta per la prima volta in Italia nella seconda metà dell’Ottocento dalla regina Margherita, moglie di Umberto I di Savoia, la quale decise di introdurre il primo albero di Natale all’interno del Quirinale, residenza dei reali. Da qui in poi questa usanza si diffuse a macchia d’olio in tutta la penisola.
>> Leggi anche: Storia e origini del Natale: dal paganesimo al cristianesimo
Quando si fa e quando si disfa l’albero di Natale?
Per tradizione l’albero di Natale entra nelle case degli italiani l’8 dicembre, festa dell’Immacolata concezione.
Esistono però delle eccezioni a livello locale: in Puglia si anticipa al 6 dicembre, giorno dedicato al culto di San Nicola, particolarmente caro alla regione. Un’altra eccezione è Milano dove la festività di Sant’Ambrogio fa sì che si inizi prepari l’albero il 7 dicembre. È invece usanza ormai consolidata che la data in cui si debbano disfare albero e presepe sia il 6 gennaio. Tuttavia, secondo la tradizione cattolica, la vera fine delle festività natalizie cade il 2 febbraio, per la Candelora.
In tale festività si celebra il giorno in cui l’infante Gesù viene presentato al Tempio. Inoltre si tratta del giorno della purificazione di Maria dopo quaranta giorni dal parto. Infatti, secondo le usanze ebraiche ogni donna che partoriva un maschio veniva considerata impura per quaranta giorni, trascorsi i quali doveva recarsi al Tempio di Gerusalemme per purificare il proprio corpo.
Albero di Natale: significato religioso
Il mito dell’albero di Natale è stato in qualche modo assimilato dalla Chiesa, così da creare una simbologia che fosse propria del cristianesimo. E per costruire tale simbologia si è provveduto ad un’opera di sincretismo delle tradizioni religiose pagane preesistenti in tutta Europa.
Innanzitutto quelle nordiche, dove di fatto l’albero della vita è associabile alla mitologia norrena del culto dello Yggdrasill, l’albero cosmico del mondo, dal quale sgorga tutta la vita sul nostro pianeta. Ma anche i riti celebrati in periodi in qualche modo vicini al Natale, come il solstizio d’inverno legato al culto di Saturno o il mito stesso della natività di Mitra.
Da tutto ciò deriva (nel IV secolo dopo Cristo) la scelta di celebrare la nascita di Gesù il 25 dicembre. L’albero sempreverde della vita diventa così l’emblema perfetto per rappresentare quel concetto di immortalità raccontato dai Vangeli e professato dalla Chiesa cattolica, oltre a far riferimento all’antico concetto biblico del giardino dell’Eden.
Le origini del presepe
La parola presepe deriva dal latino praesaepe, che significa mangiatoia o recinto (inteso come stalla per animali).
Le fonti per la raffigurazione del presepe nascono dai Vangeli di Matteo e Luca, dove si racconta la nascita di Gesù a Betlemme in Giudea. La tradizione del presepe è perlopiù radicata in Italia e la si fa risalire San Francesco d’Assisi: il primo ad allestire, nel 1223, una rappresentazione scenica di una mangiatoia in un bosco vicino Greccio, dove, all’interno di una caverna, fece alloggiare un asino ed un bue viventi (ma senza la Sacra famiglia). Lì celebrò una predica di Natale davanti ad una folla di fedeli, rendendola così comprensibile a tutte quelle persone che all’epoca erano analfabete.
L’usanza di rappresentare la Natività proseguì per tutto il Medioevo, ma fu nel XVIII secolo che trovò una vera e propria istituzionalizzazione, quando i presepi arrivarono sia nelle chiese, sia nelle case della gente comune. La più famosa testimonianza di quell’epoca è il presepe realizzato da Augustin Propst, composta da più di 4000 figure e ancora visibile nel Museo diocesano di Bressanone, in Trentino-Alto Adige.
Il presepe in Sicilia
L’usanza del presepe in Sicilia risale anch’essa al XVI ad opera di mastri artigiani definiti pasturari e santari che lavoravano su commissione delle chiese locali o degli ordini ecclesiastici locali.
In particolare si diffuse la tradizione degli artigiani calatini (ovvero del comune di Caltagirone) che si specializzarono nella produzione di figuredde sempre più colorate, particolareggiate e ricche di dettagli plastici in modo tale da renderle più vive possibile.
Gran parte della produzione calatina era in terracotta policroma ed ebbe il suo apice tra il XVIII e il XIX secolo, in particolare all’interno della bottega dei fratelli Bongiovanni. Altri famosi santari, come i Branciforti e i Margioglio (attivi fin dall’inizio del ‘700), contribuirono a dare a Caltagirone la nome di “città del presepe”.
La tradizione dei presepi viventi
Come già accennato, si fa risalire la tradizione del presepe vivente a San Francesco d’Assisi, con la sua mangiatoia allestita nel borgo di Greccio, presso Rieti, nel 1223.
Da allora la rappresentazione cristiana della nascita di Gesù si è sempre più radicata, specie all’interno di piccoli borghi o quartieri cittadini che si trasformano in autentici teatri viventi ricalcando le antiche rappresentazioni di stampo misterico di epoca medievale.
Tra i più famosi presepi viventi d’Italia ricordiamo:
- Il presepe vivente tra i Sassi di Matera, che si snoda all’interno di tutto il centro storico di Matera al Sasso Barisano.
- Il presepe vivente di Ventotene in provincia di Latina, costruito per “quadri” in puro stile medievale e con illustrazioni in italiano e in ebraico.
Tra i più famosi in Sicilia vi sono quello di Custonaci all’interno della grotta Mangiapane di Scurati in provincia di Trapani, quello di Paternò, Sutera, Gangi, Cava d’Ispica, Palazzolo Acreide.