Porta Reale di Messina, la storia – Parte seconda
Incipit Prima Parte
Perché scrivere di questa Porta Reale? Per una beffa al destino che l’ha fatta dimenticare. Bilanciando memoria perduta e qualità del monumento è tra i più dimenticati. L’ho scelta estrapolandola da un apparato cittadino sepolto in macerie sotto le strade larghe e diritte della Città attuale. Una vendetta silenziosa contro i rumorosi trattori Fordson che l’hanno fisicamente tracciata. Una Pompei che nessuno mai scaverà, un fastidio da ricoprire immediatamente tutte le volte che qualcosa viene alla luce e per caso.
Dunque la Porta. Le Porte erano ventisei: otto nella cinta muraria e diciotto nel Teatro Marittimo (o Palazzata). Due le Porte Reali: una nella cinta muraria nord detta Porta Reale bassa, l’altra in quella est detta Porta Reale. A volte nominate viceversa. Storici e annalisti le dicono (le confondono?) entrambe dedicate a D. Giovanni d’Austria per commemorare il suo trionfale ingresso dopo la Battaglia di Lepanto.
Perchè interessarsi proprio delle Porte? Erano luoghi a futura memoria. Con le loro epigrafi raccontavano fatti e personaggi meritevoli di ricordo collettivo. Mai celebrazioni personali, ma austeri e solenni brani della storia cittadina raccontati non sui rarissimi libri, ma testimoni quotidianamente visibili su marmo e pietra.
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1571-72. Porta Reale
Francesco Basile(10) l’assegna ad Andrea Calamech, la colloca “presso il vecchio castello di Piazza Vittoria” e la data 1571-72(11).
C.D. Gallo è più specifico: descrivendo(12) le diciotto porte del Teatro Marittimo la elenca come ‘ultima porta che confina col baluardo della città’, cioè il Forte Reale Basso. Trascrive “nella migliore forma che si è potuto da noi interpretare” anche la lunghissima epigrafe(13) che la dedica a D. Giovanni d’Austria in occasione del suo ritorno a Messina dopo la vittoria di Lepanto. I distici possiedono lo stile aulico e descrittivo del geniale abate cistercense D. Francesco Maurolico, autore anche di quelli della Porta Imperiale. Un’ulteriore conferma dell’attribuzione a Calamech si ha osservando la quasi illeggibile tabella sopra l’archivolto: è inserita all’interno di un cartiglio molto simile a quello del basamento del Monumento a D. Giovanni d’Austria (fig. 5) e a uno dei quattro frammenti facenti parte del Monumento del principe Spinelli da A. Migliorato attribuiti(14) ad Andrea Calamech.
Rispetto alle normali funzioni di porta di città questa è anomala. Certo ci si passa attraverso, si può chiudere all’occorrenza, ma è anche il terminale di un intervento più ampio e sicuramente più importante. E’ il collegamento tra il Teatro Marittimo e il Forte S. Giorgio (v. fig. 6).
Il fornice è lì da sempre ed è parte delle mura cittadine di difesa prospicienti il porto: l’intervento di Calamech è solo ‘estetico’ perchè le fornisce una facciata in aderenza con il successivo Teatro Marittimo.
Il successivo acquerello di Ducros è una rappresentazione più ‘sensibile’ di quella citata da F. Basile nella successiva fig. 8 e fornisce anche qualche dettaglio in più. Guardando i profili esterni appare chiaramente come le bugne siano alternate con diversi spessori.
Per assonanza ricorda una delle porte illustrate nel Trattato di S. Serlio, pubblicato trent’anni prima(15). S. La Barbera scrive: “Per queste opere (Arco Colonna e Porta Reale. Nda) l’artista probabilmente si ispirò al Libro VI dell’Architettura del Serlio dedicato alle porte come rivela l’uso delle bugne e la decorazione scultorea”.
La somiglianza tra l’opera e il disegno mostra da una parte l’influenza serliana e dall’altro la libertà di Calamech nell’interpretare il modello, iniziando la somma dei momenti progettuali nel loro scorrere tra Partenza e Arrivo. In corso d’opera la realtà prescinde dai disegni pensati a tavolino.
In più:
“l’altezza sua sarà due volte quanto è larga. La sua pilastrata sarà l’ottava parte della sua larghezza. La fronte di una mensola sarà quanto la pilastrata. Lo spazio tra le due mensole sarà quanto una mensola. L’altezza del fregio sarà la quarta parte più della pilastrata, che sarà il supercilio. L’altezza della cornice sia quanto il supercilio, & l’ottava parte di più…”(16)
Misurando il disegno di cui alla fig. 7 s’arriva – per affinità con i tre piani (su quattro) della Palazzata a lato – alle corpose dimensioni di c. 8×16 metri. La Porta risponde puntualmente ai dettami geometrici di Serlio, ma calibrati sull’asse del vecchio fornice e allo spazio tra Teatro Marittimo e Forte San Giorgio.
Non conoscendo l’esatta data di costruzione è probabile che ci sia stato un qualche aggiustamento generale delle dimensioni, restando però sempre vincolante solo la distanza tra l’asse del fornice e l’effettiva distanza dal Forte.
Nell’illustrazione seguente il muro sbrecciato sul lato sinistro testimonia il suo inglobamento nel Teatro Marittimo (Palazzata), almeno per le prime tre elevazioni. Lo confermano lo spezzone di muro sul lato destro (aggiunto alla simmetria del disegno) e il tratto di muratura che arriva sino al lato sinistro dello stemma.
Da qui in avanti solo congetture.
La cimasa doveva essere costituita da un elemento centrale con lo stemma d’Asburgo inserito in un lambrequino affiancato da due vasi porta fiamma o altri due stemmi. Sicuramente in marmo, come il mascherone apotropaico collocato sulla chiave di volta del fornice e le due figure (mensole?) sopra le lesene bugnate (fig. 8) ai lati dello stesso.
L’acquarello di Ducros è l’unico a mostrarle, ma sono troppo piccole per un’ipotesi. Per questo dettaglio non aiuta la Fig. 8 che pur se più grande, è più sommaria. Le due ‘figure’ non compaiono perchè forse già sottratte. Un “non compaiono” bis anche per le bugne dei piedritti che dovevano essere di marmo: così come erano state applicate alla muratura portante erano state rimosse. Magari riutilizzate in qualche altra (scomparsa) costruzione.
Sulla base delle figure 6 e 8 si può tentare un’ipotetica ricostruzione grafica.
Fig. 8 F. Basile, La Porta Reale
E’ interessante notare la cimasa di tre pezzi poggiati sul supercilio: al centro è il magniloquente stemma della Casa di Borbone di Spagna e Sicilia, ai lati gli stemmi della Città, sempre sensibile nel voler affermare la sua non pedissequa presenza. La controfacciata doveva essere assai simile a quella della Porta Imperiale, la stessa struttura grezza delle mura di cinta.
La Porta Reale non è una porta indipendente, ma un manufatto architettonico che, pur vivendo di un’autonoma dignità espressa con linguaggio manierista, si allinea con l’adiacente (e successivo) Teatro Marittimo del 1622(17). Progetto unico o unificato nella normativa dei singoli lotti assegnati a caro prezzo a un ristrettissimo numero di privati nobili o della nobile mercatura. Nella fig. 8 mancano finestre d’attico e tetto mentre sul lato destro appare un varco tra la porta e il rivellino(18) del Forte Reale Basso.
C’è un rapporto tra la Porta Reale e il Teatro Marittimo? Sì, e lo testimonia il disegno di cui alla fig. 10.
L. Cassas, preoccupato della resa paesaggistica della rappresentazione, ha usato qualche aggiustamento formale del disegno (fig. 11) inserendo un inesistente gruppo d’alberi e un qualche veliero ben disegnato nei dettagli. Sembra un ingrandimento della Veduta prospettica del porto di Messina… prima del terremoto del 1783 di J. Duplessi-Bertaux, 1785, fig. 13. C’è poca cura nel documentare il Teatro Marittimo colto nello sgranarsi di balconi con timpani triangolari e curvi, forniti di tende da sole ben rifinite. Le porte sono annotate con lo stesso disegno della Porta Reale di Calamech, privato però della cimasa: fornice ad arco pilastrato e sormontato da fregio e tabella con epigrafe.
La Porta potrebbe essere una semplice costruzione in aderenza, oppure dell’altro se si confronta con le altre diciassette porte del Teatro. Tutte posteriori, ma “di eguale architettura, di pietra lavorata e di marmi… (con) sopra un gran balcone di pietra con i suoi cornicioni e fregi, e sul frontespizio il suo finestrino e finimento”(19).
Questa porta potrebbe essere l’unica parte realizzata di un progetto redatto da Andrea Calamech che finiva (o cominciava) proprio con la Porta Reale un suo Teatro Marittimo.
Una parte per il tutto e il tutto rivendicato (o erroneamente assegnato) a qualche altro architetto. Vedremo più avanti.
La stessa domanda si può porre per la Porta Marina (poi Emanuella).
Pur se gli edifici a lato sono perfettamente allineati (fig. 12, nel 2° Teatro Marittimo (o Palazzata) su disegno di G. Minutoli) la porta è palesemente più antica e comprendeva il prestigiosissimo palazzo dei Cavalieri della Stella, sede del più antico e potente Ordine Militare cittadino. Oltre a murature più vecchie e meno resistenti alle scosse ( terremoto del 1908) perchè ‘ponte’ tra due edifici, la Porte mostra lo stesso schema del portale del Palazzo Reale: alto basamento con nicchie, quattro colonne, due Vittorie ai lati dell’arco e persino una tabella come nella Porta Reale.
Il 27 agosto 1622 il Vicerè Emanuele Filiberto di Savoia inaugurò solennemente i lavori di questa Porta Marina ponendo la prima pietra (e una cassetta con monete) di questo terminale della Via Cardines. Nuovo asse che incrocia la Via Austria alle Quattro Fontane, centro aristocratico della Città. Il progetto urbanistico di Calamech(20) (1571 c.) anticipa sia la ‘Croce’ (e i Quattro Canti) dell’impianto palermitano sia la sistemazione del collegamento di Piazza Trinità dei Monti con Piazza Barberini e le Quattro Fontane di Roma (architetto-imprenditore il ticinese Domenico Fontana, papa Sisto V, dal 1585). L’impronta calamecchiana è talmente valida che dopo trecento anni ha ispirato l’attuale assetto cittadino pure se appiattito sullo sviluppo del concetto di madre squadra e padre righello.
Duplessi-Bteaux ci mostra la Porta Marina com’era prima dell’altro terremoto del 1793, e senza gli edifici a lato visibili nella fig. 12. E’ un’altra incisione ‘migliorata’ e anche matrice da cui è stata ricavata la ricostruzione ideale di cui alla fig. 14. Qui la Porta Marina è subito a sinistra, seminascosta da un portico, una tenda e uno stendardo. L’impianto architettonico generale s’intravede essere quello delle figg. 8 e 9.
“… E’ipotizzabile che C. per questa Porta abbia fatto anche un solo abbozzo indicando altezza, aspetto, magari cosa prevedeva ai lati… ecco, a S. Gulli, basta ripetere ‘a modulo’, interrompere l’edificio con le esistenti 18 porte e il progetto del Teatro Marittimo è già lì.”(21)
Una porta dal disegno assai più imponente di quello della Porta Reale. Due le ipotesi:
- Le rappresentazioni della Porta Marina nelle figg. 12 e 13 sono diverse. Quella di Duplessi-Bertaux è più antica e potrebbe essere l’originale. E’ senza colonne e manierista, mentre quella della fig. 12 ha colonne e un inconfondibile aspetto neo classico. In entrambi i casi mostrano la volontà di marcare l’inizio dell’aristocratica via voluta da Calamech per collegare il porto con l’hinterland cittadino che cominciava fuori delle mura e dalla Porta Maddalena. Marcare significa sottolinearla rispetto all’unicum del Teatro Marittimo.
- La Porta Reale fa’ parte del Teatro Marittimo e si deve allineare al suo gradiente architettonico. Con un ‘ma’: poiché è a ridosso del forte S. Giorgio non può sopravanzarlo e deve fermarsi al primo ordine. Lo chiarisce la fig. 14 dove le porte di Città, con i loro 2 ordini e coronamento, raggiungono i 21 metri. La particolare collocazione gli conferisce un ruolo indipendente e sicuramente più modesto per via dell’altezza dimezzata.
Note
10 Studi sull’architettura di Sicilia, Ed. Liber, Roma, 1942, p. 60.
11 M.P. Pavone Alaimo segnala nel soffitto una Pietà affrescata dal messinese Placido Saltalamacchia (XVI secolo).
12 C.D. Gallo, Apparato agli annali…, 257-258.
13 Joanni austriaco, Caroli V imperat. Filio, Philippi regis fratri cristiani Foederis vic. Max. hoc portu classe CCXI. Triremum profectus XVI, kal. Octobris, cum nonis ejusdem cesis ad Corinthi sinus fauces eum…Hostibus XXXXM, et depressis aus captis longis navibus CCCXX coeteris fuga… el… am… maritimam ad Turcarum tyrannidem paucis diebus vindicasset ac imperium christianae Reipublicae restituisset kal. Novembris… Hac porta Victor, et triumphator excetus est, quam ob rem memoriam illustrem quae Principis virtutem, et fortitudinem operis splendore insignem erexit.
S.P.Q.M.
MDLXXI
Juratis Patribus, Hieronymo Romano, Dominico Saccano, Hieronymo
Merullo, Honophrio Jurba, Annibale Aliphia, Antonio Maurolico
Cesari hoc sobsoles Joannas Austria portum
Terruit egressus monstra frementis aquae,
Huc Phaederis victor spoliis Orientis onustui
Retulit ad patrios… Trophea Deos
14 A. Migliorato, Una maniera molto graziosa…, p. 261 e succ. Frammento conservato presso il Municipio di Seminara (RC) e databile intorno al 1568, anno della morte del principe.
15 Il libro è di primaria importanza: espone le Regole generali di architettura e la teoria degli ordini architettonici attualizzate da Bramante a Raffaello. Pubblicato a Venezia nel 1537 forniva ad architetti e committenti le chiavi della ‘bella maniera’ degli antichi.
16 Serlio S., Libro straordinario, porta XV p. 47.
17 L’opera fu inaugurata con la costruzione della Porta Marina (poi Emanuella), quella da cui inizia la calamecchiana Via Cardines. La Porta fu edificata in soli due anni (1622-24), la Palazzata (Teatro Marittimo) invece non fu mai completata. Lo testimoniano le vedute di A. Casembrot che a metà ‘600 registrava vuoti e cantieri in corso. Il lunghissimo edificio era sul sito delle mura cittadine che utilizzava come cava di materiale o muraglia su cui aprire finestre e balconi. Solo così si spiega la velocità di esecuzione e/o l’instabilità delle fondazioni che assorbivano l’acqua piovana che dalla città si sversava in mare. Come le mura erano state una diga e le porte saracinesche d’acqua, così fu anche la Palazzata. Disegno, cura, maggiore tempo e spesa, furono impiegate per le due porte laterali al Palazzo senatorio: la Porta della Sacra Lettera e la Porta Emanuella “… la cui magnificenza soprasterebbe, finite che fossero, a quella delle più insigni macchine d’Europa”(a). Altezze, partiti, materiali, colori, stile e stilemi furono ripetuti in un insieme architettonico grandioso, volutamente omogeneo e dal disegno unitario, cui i proprietari delle singole aree (oggi diremmo ‘lotti’) dovettero sottostare ad una normativa comunale ante litteram. Eccezione per la Regia dogana e per il Palazzo senatorio. Risultò di una tale grandiosità che fu detta Ottava meraviglia del mondo.
(a) C.D. Gallo, Apparato degli Annali…, p. 258.
18 Mura inclinate a posto delle vecchie mura a profilo piombante, ormai sorpassate dopo l’invenzione delle bocche da fuoco. Opera di D’Onofrio,Gabriele (Me 1616-1706), pittore, architetto ed ingegnere. “Egualmente eccellente nell’amor della patria, nella pittura e nel disegno” (a) partecipa alla rivolta del 1674 e l’anno dopo costruisce il rivellino (contrafforte difensivo) a pelo d’acqua del Forte di Porta Reale Bassa, le sue due porte e le opere di difesa del colle S. Rizzo, passo obbligato per l’ingresso in città da Palermo. Con queste opere “rese non inferiore il forte al cannone de’ regii castelli di Matagrifone, Castellaccio, e Santissimo Salvadore” (b).
(a) Romano Colonna G.B., Notizie istoriche…, P. I, Lib. 2, p. 354.
(b) Ibidem, pp. 359, 360.
19 Gallo C.D., Apparato…, op. cit., p. 251.
20 “Accanto è apparecchiato un altare (…) ornato di ricchissimi arazzi” (C.D. Gallo, Annali…, T.III, lib. I, p. 237). Mortaretti, stendardi e la presenza di quasi tutta i cittadini (circa 80.000) per una cerimonia sentita evento e simbolo dell’orgoglio di una città che vive il suo Secolo d’oro.
21 Provenzale G., Calamech… op. cit., p. 26.