Presentazione Epifanie del corpo in immagine dei re di Sicilia (1130-1266)
Giovedì 27 Giugno si è tenuta la Presentazione del volume Epifanie del corpo in immagine dei re di Sicilia di Mirko Vagnoni, edito da Palermo University Press.
Sono intervenuti alla presentazione Patrizia Monterosso, Direttrice Generale della Fondazione Federico II; la Dott.ssa Lina Bellanca, Sovrintendete per i Beni Culturali di Palermo; il Prof. Antonino Giuffrida, docente di storia moderna dell’Università degli studi di Palermo ed editore, che ha moderato l’incontro; il Prof. Giovanni Travagliato, docente di storia dell’arte medievale presso il Dipartimento Culture e Società dell’Ateneo palermitano; la Dott.ssa Ilaria Elena Volpes, già Direttore Generale per i Beni Culturali di Palermo e il Prof. Mirko Vagnoni, autore del volume.
Il libro nasce da delle considerazioni sociologiche e politologiche, in particolare il concetto che il corpo del re rappresenta simbolicamente un punto di incontro tra il leader politico, nel caso del Regno di Sicilia il re di Sicilia appunto e i sudditi, cioè il gruppo che in una relazione di scambio si rapporta alla figura del sovrano creando un gruppo sociale, che nel caso specifico è quello siciliano. Per cui il corpo del re in qualche maniera sintetizza e rappresenta simbolicamente questa relazione sociale tra le parti. Questa è la considerazione sociale, la cui implicazione è il fatto che il corpo del re deve essere visto, in maniera non eccessiva in maniera veicolata attraverso vari mezzi, come appunto quello dell a raffigurazione; però è importante per i sudditi poter aver modo di accedere alla figura del corpo del sovrano.
Partendo da questa considerazione Vagnoni ha voluto analizzare quelle che sono le raffigurazioni rege attraverso questa ottica leggermente diversa, cioè quella non della raffigurazione regia, ma quella del corpo del re in immagine; un declinare in maniera leggermente diversa quella che storiograficamente è l’analisi della raffigurazione regia, ma in questo l’autore ha voluto vedere come il sovrano utilizzasse la propria raffigurazione come mezzo per trasmettere all’interno della società questo sentimento, questa voglia di poter vedere il corpo del re. Per prima cosa Mirko Vagnoni ha confrontato i due modi, cioè il punto di partenza iniziale è stato come il sovrano si presenta attraverso dei rituali, attraverso la pratica quotidiana che ruota intorno all’amministrazione della corte e di tutto ciò che è collegato e come in sostituzione della presenza reale fa uso della propria raffigurazione.
Quello che emerge dall’analisi delle fonti scritte, che sono per l’autore fondamentali nell’analisi storica, dalle quali non si può prescindere, è un utilizzo della presenza del sovrano all’interno della società piuttosto costante, non in forme a parte alcune rare eccezioni particolarmente sfarzose, ma in alcune situazioni assolutamente si, come l’incoronazione o per le cavalcate per l’ingresso all’interno delle città. Ma anche nel quotidiano ci sono episodi narrati dalle fonti, che ci fanno pensare a un uso normale della presenza regia nella società, c’è un episodio per esempio in cui si dice di un mendico, che si propone come Federico II dopo la morte dell’imperatore e i sudditi ci crede, perché ha le sembianze del sovrano e questo fa comprendere che l’imperatore era conosciuto all’interno della società.
Egli non è un’entità che rimane chiusa all’interno del palazzo, esso è qualcosa che rappresenta il sovrano e che lo nasconde, ma anche fa da tramite per poterlo rappresentare, Guglielmo I in un momento di rivolta della popolazione di Palermo si affaccia dalla finestra della torre pisana per farsi vedere, in questo caso il palazzo non è un mezzo per nascondere il sovrano, ma rende possibile ai sudditi del re di vedere il proprio monarca, che mostrandosi pacifica la situazione. In confronto a questo l’immagine regia, cioè come si pone la raffigurazione del sovrano, rispetto questo utilizzo del corpo reale del sovrano e quindi l’analisi delle raffigurazioni, analisi che è stata fatta prendendo in considerazione tutto il contesto che ruota intorno all’immagine; studi precedenti seguendo tradizioni, che rimontano alla storiografia di Kantorowicz analizza l’immagine regia come se fosse quasi ritagliata, lasciando perdere tutto ciò che ci sta intorno.
Invece è qualcosa di fondamentale l’analisi del contesto, perché è il contesto che ci da la lettura, ci spiega quello che l’immagine vuol dire e il ruolo che l’immagine stava svolgendo per la società del tempo e che può cambiare, non è che l’uso in un certo contesto di un’immagine regia di un’iconografia impostata in un certo modo sia sempre lo stesso nei significati, ma anzi può cambiare da contesto a contesto sia geografico che cronologico, quindi è fondamentale da questo punto di vista vedere tutto ciò che c’è intorno, perché questo da delle informazioni al lettore, permettendogli di leggere in maniera corretta, più approfondita e più analitica.
Da un punto di vista iconografico, se si prende in analisi la rappresentazione che viene fatta di Ruggero II, si nota come le raffigurazioni siano diverse da quelle di Ruggero I o del Guiscardo, cambia completamente rifacendosi a un modello che è chiaramente bizantino, egli riutilizza l’immagine che era quella degli imperatori bizantini non contemporanei a lui, ma precedenti a lui.