Saverio Scrofani: un protagonista del settecento riformistico europeo
La figura di Saverio Scrofani, al quale è dedicata a Palermo la strada che collega via Libertà con via Sampolo alle spalle di Piazza Don Bosco, è molto controversa. La contraddittorietà dei i suoi percorsi intellettuali con il suo agire nel quotidiano, fanno sì che i suoi biografi lo definiscano come un avventuriero privo di scrupoli, un imbroglione inseguito da mandati di cattura, succube dell’oppio. Di contro la sua analisi sulla rivoluzione francese, la sua brillante prosa dedicata al tema del Grand Tour, i suoi studi economici lo rendono un protagonista della nuova stagione del riformismo siciliano tra settecento e ottocento. Non a caso, nonostante i suoi tempestosi trascorsi, riesce ad uscire indenne dalle accuse di ribalderia e dai processi riuscendo a concludere il suo percorso terreno come Direttore dell’Ufficio di statistica a Palermo.
Le accuse sono il frutto di una sapiente campagna di delegittimazione del brillante abbate che ha abbandonato da tempo gli ordini, oppure sono il ritratto di un avventuriero trasformista e privo di scrupoli in grado di vivere vite parallele di intellettuale e di informatore della polizia? Grazie ad un inedito documento ritrovato da Valeria Salvo nell’Archivio di Stato di Palermo e trascritto nella sua tesi di laurea, abbiamo la possibilità di conoscere la difesa di Scrofani alle accuse che i sui detrattori gli muovono.
Un rapporto riservato del 1882 redatto dal comando di polizia del quartiere San Giuseppe a Napoli traccia la figura di un pericoloso sovversivo coinvolto nella congiura antigovernativa del Di Blasi scoperta e repressa nel sangue dal vicerè di Sicilia Caramanico, fuggito in Francia dove fu coinvolto nelle vicissitudini politiche colà cominciate, e tessute da molto tempo col giacobinismo. Egli intrigò molto, ed ebbe una sussistenza. Il quadro netto e tranciante del commissario di polizia di uno Scrofani apostata e ribelle, si incrina nel momento in cui l’abate è interrogato in carcere e dà la sua versione dei fatti. Scrofani ribadisce che non si allontana dalla Sicilia per motivi politici ma in quanto coinvolto in una oscura vicenda legata alla falsificazione di un dispaccio vicereale nella quale attribuisce specifiche responsabilità a un cameriere del vicerè e a suo zio Pietro Aragona. Un episodio la cui dinamica non è chiara, da mettere a tacere al più presto possibile tanto e vero che il vicerè Caramanico, pur di allontanarlo dalla Sicilia, gli fornisce un regolare passaporto grazie al quale si trasferisce in Francia dove vive tra Marsiglia e Grenoble. Nel 1790 si sposta in Italia e a Firenze dove maturano due importanti suoi lavori il primo sul commercio dei grani in Sicilia e il secondo sulla rivoluzione francese. Si tira fuori da qualsiasi coinvolgimento con la congiura palermitana di Di Blasi sostenendo di essere in quegli anni in viaggio. Ricorda il ruolo di spicco avuto a Venezia dove, grazie all’aiuto del cavaliere Memmo, Procuratore di San Marco, riesce ad ottenere l’incarico di Soprintendente dell’agricoltura e dei tabacchi di Nona in Dalmazia. Un incarico che gli permette di viaggiare in Oriente dove raccoglie un ricco e variegato materiale grazie al quale scrive il viaggio in Grecia un’opera che avrà un successo editoriale di rilievo e che gli permetterà di vivere in Francia dove è ritornato. Dalle sue parole si percepisce l’esistenza di un turbinio di contatti con le corti dei borbone e dell’imperatore Leopoldo dai quali riceve gli incarichi più vari dal reperimento di un atlante, all’acquisto di macchine e strumenti di fisica sperimentale, alla gestione della direzione del censimento e di statistica.
Due verità che si sovrappongono ma che non si contraddicono: la personalità di Scrofani è molto complessa intrisa di illuminismo e delle nuove dottrine economiche. La sua capacità di cogliere gli aspetti più nascosti della realtà che lo circonda è di notevole spessore e gli permette di cogliere le cause profonde che stanno alla base dei processi di cambiamento che caratterizzano la società europea del settecento quali la rivoluzione francese o l’arretratezza dell’agricoltura siciliana. La scelta di dedicargli una strada a Palermo ci permette di richiamare alla memoria un siciliano che è tra i protagonisti del settecento riformistico europeo.