L’ultimo saluto a Sebastiano Tusa: un protagonista indiscusso del sistema dei beni culturali della Regione Siciliana
Sebastiano ed io siamo figli d’arte: Romualdo, mio padre, era Soprintendente archivistico e suo padre Vincenzo, Soprintendente ai Beni culturali. I due soprintendenti erano amici ed erano, nello stesso momento, dei protagonisti della vivace vita culturale della Palermo degli anni ’70. Questi due ragazzini venivano coinvolti, spesso e volentieri, nelle numerose iniziative culturali dei genitori: conferenze; presentazioni di volumi; passeggiate in via libertà con puntate ai tavolini del bar Caflisch per il cannolo o alla pasticceria Macrì per acquistare le “patate” per il pranzo domenicale. Sebastiano quindi l’ho conosciuto da sempre e ne ho sempre apprezzato la sua curiosità intellettuale. Le nostre strade si separarono quando io entrai nei ruoli dirigenziali degli Archivi di Stato e lui si laurea in lettere e, al ritorno di un viaggio di specializzazione all’estero, inizia la sua carriera all’interno dei ruoli dell’amministrazione regionale dei Beni Culturali della Regione Siciliana.
La passione per il mare ci fa rincontrare e scambiamo esperienze sulla ricerca archeologica subacquea grazie anche al lavoro di un collega Gianfranco Purpura, professore di diritto romano ma appassionato di archeologia sottomarina, che mi aveva iniziato a questo tipo di approccio con il mondo sottomarino.Le immersioni all’Isola delle Femmine il cui fondale era disseminato di ancore litiche e alla secca delle Formiche davanti Porticello dove si potevano leggere le tracce di numerosi naufragi sia di età classica che dei secoli successivi.
Ne parlavo in modo entusiasta con Sebastiano che si accostava a questa nuova realtà e si parlava della necessità di creare un nuovo supporto organizzativo nel contesto della struttura regionale dei Beni culturali: Sebastiano stava maturando l’idea di costruire quella che sarebbe diventata poi la Soprintendenza del Mare anche grazie ad una fattiva collaborazione con centri studi americani che utilizzavano nuove tecniche di ricerca con apparecchiature filoguidate che potevano raggiungere profondità mai raggiunte prima. Ne parlavamo nei corridoi dell’Assemblea regionale siciliana negli anni duranti i quali coordinavo l’attività delle Commissioni parlamentari e dell’Attività legislativa.
In quegli anni, siamo intorno al 2000, Sebastiano teorizzava la necessità di integrare il pubblico con il privato, mi spiegava che impegnative ricerche di archeologia subacquea non potevano essere realizzate solo con finanziamenti pubblici ma, avevano la necessità di essere supportate da una sinergia con i privati, e mi parlava della nave oceanografica della statunitense RPM Nautical Foundation e di altre realtà del genere.
Altro momento di vicinanza lo abbiamo avuto nel 2004-2005: Sebastiano era vincitore del concorso di ordinario di Archeologia e io di associato di Storia Moderna. Il Preside della Facoltà di Lettere Giovanni Ruffino doveva procedere alla nostra chiamata come docenti e Sebastiano mi chiama per dirmi che rinunciava alla chiamata perché era in fase di decollo la sua creatura più amata La Soprintendenza del Mare che aveva bisogno della sua guida altrimenti si sarebbe schiantata nei meandri burocratici e mi faceva gli auguri per la mia scelta di abbandonare la guida amministrativa dell’ARS per dedicarmi alla ricerca universitaria.
Ma la nostra collaborazione amicale non cessa! Ricordo non solo un incontro a Pantelleria dove Sebastiano aveva coordinato degli scavi molto importanti che mettevano in luce la centralità mediterranea dell’isola per la gestione dei commerci mediterranei e un seminario legato alla presentazione degli studi condotti con il geo radar nel contesto dell’attuale riempimento della marina dove emergeva che le navi affondate durante la battaglia navale di Palermo del 1676 non sono state consumate dalle onde del mare ma, sono sepolte sotto le migliaia di metricubi di sfabricidi scaricati sul lungomare della passeggiata della marina per eliminare le macerie provocate dai bombardamenti alleati sulla città di Palermo.
Purtroppo, la Parca Atropo ha ritenuto che era giunto il momento di tagliare il filo della vita di Sebastiano Tusa che era stato tessuto da Clòto e da Làchesi, lasciando tristezza, sconforto, rimpianto ma anche apprezzata memoria di un protagonista della costruzione di un importante momento del sistema dei beni culturali della Regione siciliana.
Palermo, 10/03/2019
Ninni Giuffrida