Si riapre, anzi no: dubbi e incertezze del teatro
Attori, registi, maestranze e organizzatori si confrontano con una nuova (ma neanche tanto) realtà
Lunedì 15 giugno hanno ufficialmente riaperto teatri e cinema, attività commerciali e luoghi di aggregazione sociale che rappresentano l’anello conclusivo della catena produttiva legata alla cultura ed all’intrattenimento. Un comparto che impiega moltissime persone: dai tecnici agli attori, dai musicisti ai costumisti, dai registi agli scenografi, il cui futuro appare incerto.
Quella dello spettacolo è una dimensione economica molto più ampia e stratificata di quanto gli ultimi decreti governativi abbiano fin qui tenuto conto, una realtà in cui il mondo del sommerso la fa da padrone. Dove spesso pochi euro guadagnati in nero – quando va bene gestiti come rimborsi spese – rappresentano l’unica fonte di sostentamento per i giovani artisti siciliani, svantaggiati dal trovarsi in una regione in cui vivere di arte è più difficile che altrove. Soprattutto per chi ancora non ha una carriera strutturata o non è riuscito ad introdursi nella filiera produttiva dei teatri stabili
Fino ad ora, le linee guida emanate dagli enti competenti hanno riguardato la fruizione degli spettacoli da parte del pubblico in sala e la sicurezza sui set cinematografici. Ma sono molte altre le realtà rimaste senza un quadro normativo di riferimento, a partire da quelle inerenti la costruzione del prodotto teatrale o musicale. Mancano regole certe per organizzare le prove degli attori o dei musicisti, la concatenazione del cambi di costume o di scena ed in generale la gestione del “dietro le quinte”, luogo deputato alle molte maestranze tecniche del settore, la cui presenza genera inevitabilmente assembramenti in spazi limitati e spesso angusti.
Parlando con gli addetti ai lavori, con attori e gestori delle piccole realtà teatrali, appare diffuso il malcontento riguardo la gestione regionale e nazionale della situazione, sia a livello normativo che amministrativo.
“Quello del teatro è un settore particolarmente svantaggiato, che paga il prezzo dell’essere stato, negli ultimi trent’anni, ritenuto dalla politica un bene non necessario”, afferma Giuseppe Cutino, attore di lungo corso, nonché aiuto regista e collaboratore di Emma Dante all’interno della scuola teatrale del Teatro Biondo.
Questo sarebbe alla base del crollo di un’attività fiorita negli ultimi anni, con il proliferare di molte piccole realtà, oggi danneggiate dalla crisi. Rispetto alle realtà di produzione, come il Biondo ed il Libero, le progettualità di questi spazi minori sono legate alle piccole compagnie come alle band emergenti, le cui attività restano bloccate a causa della situazione normativa ancora da definire.
A un panorama di incertezze si aggiunge anche la ventilata possibilità di nuova ondata di contagi, prevista per l’autunno: uno spettro che impedisce ai lavoratori del settore di pensare alla costruzione di una potenziale nuova stagione 2020/2021.
“Si tratta di una situazione grave e delicata in cui, ascoltando i colleghi, nessuno riesce ad immaginare come dovranno essere le cose per un comparto la cui rivalutazione resta ancora da definire”, afferma Cutino, rivelando come questo settore, fondamentale non solo per l’economia nazionale, navighi davvero a vista.
Alle sue parole fanno eco quelle di Filippo Luna, uno dei grandi interpreti del teatro siciliano: “Al momento si ha la sensazione che gli attori non esistano. I direttori stessi tendono a discutere tra loro senza confrontarsi con le maestranze tecniche, e le previsioni per il futuro sono tutt’altro che rosee. Sebbene, per la prima volta dopo anni, siamo riusciti a farci considerare come categoria, la riapertura non sarà di per sé risolutiva. Gli artigiani del teatro vivono di incassi, che sono svaniti nel nulla, e per questo ci sono delle precise richieste da parte del settore, come l’istituzione del reddito di sussistenza ed una necessaria ristrutturazione fiscale. Ciò che questa situazione a messo a nudo è che la maggior parte degli addetti del settore non siano considerati dei veri lavoratori, in particolare tra chi recita”.
Per accedere ai benefici contributivi, ad esempio, l’INPS richiede 120 giorni lavorativi continuativi, limitando di fatto la platea dei beneficiari (quasi esclusivamente composta dai lavoratori dei teatri stabili) e aggravando una situazione già sfavorevole. Questo senza considerare che gli enti teatrali hanno ridotto e modificato i programmi, azzerando i progetti in corso e puntando principalmente su cartelloni composti da monologhi di grandi interpreti. Lasciando di fatto a casa buona parte dei professionisti. Il pericolo maggiore è che la mancanza di alternative – conclude Luna – porti gli attori o le maestranze ad accettare compromessi lavorativi, come compensi al ribasso e nonostante questo, in base ai ricavi dei prossimo mesi, le attività potrebbero comunque dover chiudere ad ottobre. Si tratta di un’emergenza diffusa a tutti i livelli di un settore che deve continuare a produrre, soprattutto per assicurare la sussistenza etica e culturale del nostro Paese”.
Infine, è opinione di Giuseppe Provinzano che la riapertura sia una sorta di bluff. Come rappresentante dello Spazio Franco – realtà teatrale che si trova ai Cantieri Culturali alla Zisa – l’attore ritiene questa nuova fase lascerà comunque in difficoltà molte realtà palermitane. Un ragionamento che parte dalla constatazione che un teatro di quasi duecento metri quadrati sia sceso da 99 a 33 posti per garantire le norme sul distanziamento sociale, che modificano sensibilmente al ribasso le prospettive di ricavo.
Nonostante in questi giorni sia attivo un dialogo con le istituzioni proprio sui mancati incassi, non si vedono ancora soluzioni per tamponare le perdite_ “Praticamente a ripartire saranno principalmente gli enti finanziati dallo stato e su quello che accadrà giorno 15 c’è molta confusione. La riapertura – sostiene Provinzano – è più per i teatri all’aperto, almeno in Sicilia, visto che le stagioni al chiuso sono praticamente finite e ancora si aspettano i protocolli per i lavoratori dello spettacolo. Per questo – afferma Provinzano – servono regole scritte: sia per evitare di incorrere in sanzioni, che per stabilire come provare o come costruire gli spettacoli e successivamente come metterli in scena”.
Chi vive questo mondo dall’interno pone un’ulteriore questione da non sottovalutare, legata alla componente formativa: “A prescindere dagli spettacoli – continua l’attore – resta comunque da regolamentare tutto il settore de formazione, con workshop e seminari, perché è vero le scuole di teatro siano attualmente ferme. Ma, per definizione, il periodo estivo rappresenta il principale momento formativo per questo ambito”.
Quindi, come funzioneranno i laboratori? Quella di Provinzano è la constatazione di una falsa partenza: “una situazione nella quale si è pronti a scattare in avanti, senza però sapere quali siano esattamente i protocolli INAIL, della cui attuazione noi siamo responsabili. In generale l’umore è pessimo e con le attività che si sposteranno all’aperto per la stagione estiva, la domanda diventa: come arriveremo a settembre?”.
Un quesito al quale, per adesso, nessuno sembra poter dare una risposta univoca o realistica.