SLAM, LA POESIA D’OGGI
Dai primi anni ’80, quando Marc Smith, in quel di Chicago, organizzò la prima vera serata di letture poetiche condivise, la poesia slam ne ha fatto di strada: un duello senza spade né armature, un incontro/scontro a suon di rime ed emozioni, una poesia che torna alle origini sposandosi però perfettamente con l’esigenza tutta contemporanea di comunicare e relazionarsi con gli altri attraverso la voce, il viso, il corpo.
Si parta dal termine Slam e dal suo significato di “sbattere, chiudere violentemente” per comprendere come i versi di questi poeti mirino a scuotere il pubblico, ad inserirlo nella Temporary Autonome Zone, in quella sfera immaginaria di cui protagonisti sono solamente la voce del poeta/performer e l’attenzione del suo pubblico.
Giunto in Italia nel 2001, grazie soprattutto a Lello Voce (poeta, performer e scrittore, fondatore del Gruppo ’93), lo slam mostra subito la sua struttura caratteristica: una gara tra poeti, cinque persone estratte tra il pubblico a far da giudici, un Master of Cerimony a dirigere la competizione. Il successo è notevole, la poesia è nuovamente vicina a tutti; ben presto le sfide diventano internazionali, proprio grazie a Voce, con poeti di cinque lingue diverse (nel 2002, a Torino), e, quasi conseguenza naturale, viene fondata la LIPS, la Lega Italiana Poetry Slam, che dal 2013 si occupa di organizzare annualmente campionati locali, regionali e nazionali.
Una poesia vicina ed aperta a tutti, una lingua familiare, parlata prima che scritta, musicale, versi che riportano ad una tradizione prettamente orale, non destinati a cerchie elitarie ma a chiunque abbia voglia di poesia: sta tutto qui il successo dei poeti/performers slam, molti dei quali vantano readings, tour nazionali e, soprattutto, la capacità di riportare la poesia alle orecchie di lettori troppo poco attenti.
Dagli schemi-non-schemi della poesia Slam, uniti al modello bukowskiano, alla libertà pretesa dalla Beat Generation e alla tematica amorosa di Prévert, nascono i versi dell’ormai famoso Guido Catalano. Il torinese “poeta professionista vivente” svolge centinaia di readings all’anno ed ha all’attivo otto pubblicazioni ufficiali: è il performer per eccellenza (a volte incaricato di ricoprire anche il ruolo di Master of Cerimony) e la sua poesia viaggia sia sulla carta che sugli schermi di smartphone e tablet, riuscendo a conquistare lettori (e followers) d’ogni tipo. La musicalità, la lingua mutuata da quella d’ogni giorno, la tematica sentimentale fanno di Catalano un perfetto poeta/slammer contemporaneo.
Il poeta, una cosa.
Una cosa deve fare il poeta
non è che sia un lavoro così difficile, il poeta
il poeta, non è che sia un mestiere così complesso
perché al poeta, signori
gli si chiede una cosa che è una
al poeta gli si chiede
siediti
mettiti comodo
e scrivine una bella
ecco cosa deve fare il poeta
il resto, tutte minchiate
[…]
Da Il poeta in Ogni volta che mi baci muore un nazista di G. Catalano