Spigolature sul cibo
Riflessioni e appunti sui percorsi del cibo. Il pranzo in onore dell’ospite.
L‘Identità di Clio continua il suo approccio alle tematiche storiche legate al cibo non soltanto come oggetto del consumo ma anche per il complesso rapporto antropologico e culturale che Il cibo ha con il contesto della società coeva. Le spigolature che proponiamo oggi servono a ribadire che il cibo non è soltanto il carburante con il quale si sostengono le funzioni vitali del nostro corpo ma, è anche un componente essenziale della rappresentazione dei riti della socialità dei quali il convivio, il banchetto o il ricevimento costituiscono emergenze plastiche. Il cibo e il modo di presentarlo servono anche a destare meraviglia nell’ospite. Una sensazione che ritroviamo negli scritti dei viaggiatori stranieri che tra il ‘700 e l’’800 giungeranno in Sicilia. Molte pagine dei diari di viaggio fanno rivivere questo momento essenziale del rito dell’ospitalità del mondo sociale siciliano.
Il pranzo di gala
Nei loro diari, nei loro resoconti di viaggio, nelle loro lettere accanto alle descrizioni delle bellezze naturali o delle camere delle meraviglie, veri e propri micro-musei, infatti i viaggiatori descrivono sempre l’emotività suscitata dalla partecipazione ai pranzi offerti nelle case nobiliari in loro onore.
Un esempio valga per tutti: Il conte de Borch nel suo volume di lettere sulla Sicilia e su l’isola di Malta pubblicato a Torino nel 1782, racconta l’impatto emotivo che gli ha suscitato un invito a pranzo in una casa nobiliare palermitana. Non riesce a trovare le parole e gli aggettivi per descriverne le sensazioni che l’evento suscita nel suo animo. I termini che ritiene più adatti a esprimere le emozioni che suscitano in lui la partecipazione a tale rappresentazione sono: magnificenza, gusto e una raffinatezza voluttuosa. Una raffigurazione della gloria della casata scandita da vini stranieri, cucina francese, pesci mostruosi, profluvio di dolci e di sorbetti deliziosi, argenteria superba, tovagliato raffinato, domestici estremamente attenti al servizio, acqua limpida e fresca, pane eccellente.
Il conte subisce il fascino della ritualità connessa alla cerimonialità del pranzo di gala che non rappresenta un’occasione per consumare una colazione bensì una complessa e articolata raffigurazione del ruolo della famiglia nobiliare nel contesto del tessuto sociale della città.
Il pranzo di gala è la punta dell’iceberg di una complessa struttura umana e amministrativa coordinata e gestita dal “maestro di casa” sotto la cui guida si muove un compatto nucleo di cuochi, sguatteri, gestori della dispensa e della cantina, servitori raffinati in grado di gestire l’atto finale della rappresentazione: il servizio a tavola. Una casa nobiliare, quindi, non è costituita solo dall’immobile, dallo stemma o dalla gloria della casata ma anche dalla struttura organizzativa ed operativa che ne permetteva la vita quotidiana e la faceva vivere.
Una fonte preziosa per la ricostruzione della vita nelle case del principe è data dalla lettura dei libri di contabilità e di dispensa che sono redatti e tenuti dai “mastri di casa”. La compilazione di questi volumi presenta innumerevoli varianti e le informazioni che danno sono le più varie. In linea di massima abbiamo come costante la giustificazione contabile della cassa consegnata per l’acquisto dei prodotti necessari a rifornire la dispensa. Accanto a questi dati se ne aggiungono molti altri che aggiungono informazioni su informazioni sulla quotidianità.
La contabilità diventa, quindi, fonte essenziale per ricostruire questi contesti. Per chi voglia approfondire questi temi consiglio e raccomando la lettura del volume “Nobiltà alla carta“.
Il Maestro di casa
Gli archivi delle case nobiliari ci mostrano tanti esempi e noi abbiamo provato ad effettuare dei sondaggi dedicati a questo regista-protagonista che governa non solo la gestione quotidiana della “casa” ma presiede alla cerimonialità della tavola, alla preparazione del cibo e alla sua rappresentazione sia per l’interpretazione creativa sia per la sua rappresentazione sulle tavole.
Le prime spigolature le abbiam tratte visitando l’archivio di Casa Trifiletti e leggendo il volume che porta come rubrica l’elencazione dei beni del barone don Domenico Arezzo di Trifilletti in Ragusa e Palermo ori – argenti -rami – tessuti-libri e varie annotazioni per gli anni 1840 e 1850.
Il Maestro di casa doveva rispondere contabilmente delle somme che gli erano affidate per la gestione e il funzionamento della vita quotidiana all’interno del palazzo: aveva un brogliaccio nel quale annotava un po’ tutto dai beni mobili affidati come gli arredi, alle spese della dispensa, alle ricette di cucina, ai costi della biada per i cavalli. La lettura di alcuni di questi volumi ci aprono uno scenario molto interessante in merito alla gestione della tavola dei padroni di casa. Evidentemente si annotavano non solo ricette he certamente erano fra le più amate da parte dei padroni di casa ma anche formule per la realizzazione di inchiostro, o di collanti per riparare tazze di porcellana rotte. Nella loro apparente casualità questi appunti e annotazioni sono delle preziose testimonianze della vita all’interno di un palazzo nobiliario.
Trascurando le annotazioni legate alla quotidianità della gestione della casa padronale ci soffermeremo sulla gestione della cucina e su alcune stimolanti curiosità della vita a palazzo.
Le ricette
Carne alla spagnola ossia sugo di sostanza per virmicelli filati guarniti
si prende quella quantità di carne che si crede si taglia a trancie si mette in uno sale con poca cipolletta tritata, del prosciutto, burro ed aromi. Si Lascia cuocere mettendovi di tanto in tanto delle gocce d’acqua dopo 10 minuti di cottura senza affatto voltarla vi si aggiunge un bicchier d’acqua o più secondo la quantità della carne e di sugo che si vuole e si lascia cuocere sino a che la carne sia disfatta.
Budino di riso
Una libra di riso (320 gr.), Un fiasco di latte, una libra di zucchero (ossia 12 cocchiajate), Un po’ di burro quanto un’oncia (25 gr.), e passolina, un pezzetto di cannella sana. Il tutto si cuoce insieme e si riduce ben sodo indi si lascia raffreddare. Ridotto affatto freddo ci si aggiunge 12 gialli di ova e lì 12 chiari si montano per bene e vi si mescolano ancora a poco sempre agitando. Indi se mette in tutto in una stampa ben burrata con pangrattato e si cuoce non più di mezz’ora prima a di servirsi in tavola.
Biscottini di regina
Una libbra (320 gr.) di farina, 3 once (75 gr.) di strutto, 3 once di zucchero, un uovo intero battuto con un poco d’acqua. Il tutto si impasta per bene e si fanno piccoli biscotti che si coprono di giugiulena e pezzettini di garofalo.
Bianco mangiare
Tre bicchieri di latte, 4 cocchiajate di zucchero, due oncie d’amido (once alla sottile 26 gr. Quindi gr. 52). Il tutto si cuoce sino che fa la così detta panpinella. Dopo cotto si butta in una stampa bagnata e denro vi si può mettere cioccolatta, pistacchio, zuccata e cannella come anche sopra uscendolo dalla stampa.
Ciliegie in gilebbi
Una libra di ciliegie (320 gr.) levato il gambo ed il nocciolo mezza libra di zucchero un dito appena d’acqua si cuoce per ben tre ore o più sempre a fuoco lento indi si passa nel setaccio senza tanto pigiarle e lo sciroppo si imbottiglia e le ciliegie si mettono intra vasi di maiolica. L’amarena similmente ma un poco più di zucchero.
Regole per il servizio di tavola
il sorbetto prima della frutta e prima del sorbetto si levano le saliere e bricioli di pane e tutta sorta di piattini lasciando in tavola fruttiere e dolci
Queste prime spigolatura danno la dimensione del profondo oceano di dati, di ricette e di rappresentazioni che sono disponibili negli inesplorati archivi che giacciono in attesa di essere riletti e valorizzati.