La storia agli esami di Stato: è vera svolta?
Nonostante la reintroduzione della prova scritta, agli atti ben poco è cambiato
Entusiasmi mediatici per la vittoria conseguita dopo il “Manifesto per la storia”. Rinnovata attenzione verso Clio da parte del MIUR. Ma è vera svolta?
Forse è il caso di riflettere con maggiore misura e capacità di analisi critica sul significato della marcia indietro, più apparente che reale, operata da Fioramonti e confermata dalla nuova ministra, sulla questione della prova di storia all’esame di maturità.
La reintroduzione della prova scritta è solo fumo negli occhi.
L’interrogazione di storia comunque non esiste più. L’alunno, sulla base di uno spunto tematico iniziale, deve scegliere a quale argomento storico fare riferimento per rimanere coerente al tema.
Una domanda legittima: lo studente possiede gli strumenti per i collegamenti interdisciplinari? Forse no, per il semplice motivo che l’attuale ordinamento scolastico sta marginalizzando l’insegnamento disciplinare della storia.
Le prove? Sono sostanzialmente due. La prima: il ridimensionamento delle ore di storia al quinto anno delle superiori (da tre a due). La seconda, fondamentale: la concentrazione sul corricolo verticale, ossia la trattazione di un singolo argomento secondo una scansione cronologica a scapito della storia in generale, orientamento didattico introdotto anni fa dal ministro Luigi Berlinguer, ma di recente perfezionato.
Una battaglia congiunta dei media, delle società degli storici e delle rappresentanze dei docenti della scuola secondaria sarebbe necessaria per un ampliamento dell’orario a disposizione. Questo è un obiettivo indispensabile, ma ancora non sufficiente: occorrerebbe piuttosto una mobilitazione per cambiare radicalmente la logica ministeriale, sottesa anche alle recenti indicazioni, condizionata soprattutto dagli orientamenti dei pedagogisti, che fa a pezzettini la storia, la priva di un approccio cronologico, ne svuota i fondamenti conoscitivi. Alla base è il progetto teso a strutturare, soprattutto nell’area umanistica, l’insegnamento per argomenti e non più per discipline.
La riforma dell’esame di Stato ha obbligato i docenti a cambiare approccio didattico. Poiché non saranno più chieste le materie, se non quelle fondamentali, ma gli argomenti, la didattica non potrà essere più strutturata per programmi coerenti: piuttosto per assemblaggi.
Il tema di storia era l’unico rimasto di carattere prettamente disciplinare e non metodologico. È stato abolito per questo. Il ripristino attraverso il commento di un testo argomentativo è coerente con questa logica. Apparentemente Fioramonti ha reintrodotto il tema ma ha mascherato la sostanza: e cioè che quella decisione non fuoriesce dallo schema didattico in base al quale la “nuova scuola” non prevede percorsi preferenziali per le singole discipline al di fuori di quelle considerate essenziali perché professionalizzanti.
La battaglia per la storia deve essere dunque riportata su binari più diritti e diretti alla tutela dei suoi fondamenti conoscitivi. Deve costruire una più efficace unione tra docenti delle scuole e docenti delle università. Altrimenti si procede su binari morti.