La celebrazione dei cento anni del Pci ha spinto la nostra redazione a realizzare un longform con cui riempire i nostri “Cassetti di Clio”, da dedicare alla storia del Partito in Sicilia.
Una storia da elaborare – da non rimuovere ma sulla quale riflettere e ragionare per la costruzione di nuovi percorsi politici e sociali – che non disperda il patrimonio umano, politico e culturale che in questi anni è stato prodotto.
Il professore Marino ha tratteggiato in modo magistrale il percorso che ha seguito la formazione del Partito comunista in Sicilia e il complesso intreccio tra uomini ed eventi che stanno alla base della costruzione dell’identità politica e culturale del Pci siciliano. Uomini che costruiscono un’identità affondando le loro radici su due miti fondativi: Garibaldi e i Fasci siciliani. Tuttavia, sarà il ritorno dei contadini reduci dalle trincee del primo conflitto mondiale a dare un impulso determinante ai percorsi politici aggregativi del nuovo partito; e la seconda guerra mondiale, con la lotta di liberazione e con la partecipazione attiva alla resistenza partigiana, contribuirà a formare la dirigenza del partito.
Pompeo Colajanni, Francesco Renda, Gino Cortese, Girolamo Li Causi costituirono la struttura di una formazione che aveva un radicamento forte nella Sicilia più profonda dei minatori dello zolfo, dei contadini, dei cantieri navali di Palermo, delle lavoratrici delle fabbriche nelle quali si lavorava il tabacco prodotto in Sicilia. Realtà che conosce e confligge con la mafia, braccio armato dei proprietari e dei gabelloti. Le testimonianze dei protagonisti di quei giorni sono piene di racconti di intimidazioni, uccisioni, minacce, colpi di fucile esplosi durante i comizi. Una situazione difficile con quadri formatisi spesso in clandestinità e nel carcere durante il fascismo ma, che avevano ben fermo la tutela della Repubblica italiana.
Ho avuto la fortuna di confrontarmi in molte occasioni con Pompeo Colajanni in quanto, avendo ricoperto la carica di vicepresidente dell’Assemblea Regionale siciliana, veniva spesso alla biblioteca dell’ARS.
Con la sua brillante facondia mi raccontava dei suoi trascorsi di partigiano, dell’emozione di entrare a Torino e della fatica, ritornato in Sicilia, di costruire le strutture del Partito (uso la maiuscola volutamente in quanto Pompeo lo pretendeva quando parlava del Pci) cioè le Sezioni e le Cellule.
Le sue parole mi fecero capire l’importanza del ruolo che le Cellule avevano nell’interno dei luoghi di lavoro e quali erano i suoi punti di forza: segretezza sui nomi dei suoi componenti, riservatezza sulla propria attività, piena adesione al centralismo democratico. Il segretario e il comitato di cellula reggevano e governavano la Cellula e avevano un peso determinante nella vita delle fabbriche e anche di strutture burocratiche di un certo peso.
Questo longform vuole essere uno stimolo ad approfondire questi aspetti poco conosciuti della presenza del Pci nella realtà del quotidiano della vita del quotidiano delle strutture produttive siciliane. Ho conosciuto un membro della Cellula del Pci all’interno dei cantieri navali di Palermo che mi ha fatto leggere alcuni opuscoli sbiaditi degli anni Cinquanta. Vi si riportavano le direttive del Partito in merito all’organizzazione delle Cellule all’interno del cantiere navale: “ogni comunista è un dirigente dei suoi compagni di lotta nel suo luogo di lavoro, e la cellula costituisce il miglior collegamento fra il Partito e la massa proletaria”.
Le Cellule ormai sono scomparse e cadute nell’oblio e, quindi, è giunto il momento di studiare queste realtà e come hanno contribuito alla costruzione della nuova Italia repubblicana. Con l’Identità di Clio vogliamo dare un piccolo contributo ad un rilancio delle “storie segrete” del Pci e del suo progressivo logoramento come Partito.
Un grazie ad Alessandra Mangano che ha lavorato a raccogliere le testimonianze dirette e i documenti sul ruolo del Pci in Sicilia che pubblichiamo in questo numero dei “Cassetti di Clio”.
Ninni Giuffrida
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