Un intellettuale errante tra medicina e politica
Silvana D’Alessio, con il volume Per un principe “medico publico”. Il percorso di Pietro Andrea Canoniero (Centro editoriale toscano 2013), guida il lettore lungo l’itinerario difficile, ma affascinante e intrigante, di un intellettuale della prima età moderna. Pietro Andrea Canoniero (1582-1639) fu medico, filosofo, teologo, attento analista politico come si direbbe oggi. Viaggiò fra Parma, Firenze, Anversa, percorse le Fiandre che lo affascinarono tantissimo e dalla cui cultura fu profondamente influenzato. Dunque una personalità “errante”, come lui stesso si definisce, in un triplice senso: perché oscillò senza posa fra alcuni dei centri più vitali della cultura europea; perché considerò il viaggiare come vero sapere dell’esperienza politica, strumento essenziale dell’intreccio fra teoria e pratica; perché “errò” tra mondo cattolico e mondo protestante. Errare, in questo caso, non significa che derogò dalla retta via dell’ortodossia. Cattolico rigoroso, controriformista “intus et in cute”, fautore della più stretta fedeltà alla Chiesa romana e della più severa repressione nei confronti degli eretici, misogino senza se e senza ma, Canoniero subì tuttavia non poche influenze del calvinismo, anche se fortemente mediate dalla dottrina teologica della Seconda Scolastica, in particolare dal pensiero di Vitoria e Suarez. Basti pensare al suo modello politico ideale, il governo misto, l’armonica sintesi cioè di varie forme politiche e la garanzia della partecipazione di tutti i ceti al governo; alla necessità, da Canoniero teorizzata, dell’osservanza della legge da parte del sovrano; all’influenza nelle sue opere delle Vindiciae contra tyrannos, tutta quella letteratura ribellistica cioè che aveva alimentato la battaglia dell’opposizione olandese contro gli spagnoli.
L’analogia tra medicina e politica fonda l’ideale di Canoniero: il principe “medico publico”, un sovrano che è insieme “iudex” e “medicus”. L’originalità di questo autore sta nel fatto che egli va oltre la quattro-cinquecentesca “disputa delle arti”, che aveva fondato la superiorità della “scientia juris” su un’arte meccanica come la medicina: Canoniero sostiene invece il primato di quest’ultima come modello per il legislatore e l’uomo politico. In comune medicina e politica hanno l’oggetto che è l’intero universo. E’ a questa altezza che si colloca l’analogia tra l’armonia del governo misto e la complessione sana del corpo in salute: entrambe sono garanzia di stabilità e benessere.
L’opera più importante di Canoniero sono i Commentari agli Aforismi di Ippocrate. All’analisi del primo di essi l’autore dedica oltre duecento pagine. E il lettore può scoprire tutte le analogie possibili tra medicina e politica in quel primo Aforisma: “La vita è breve, l’arte lunga. Il momento opportuno fuggevole, la pratica incerta, il giudizio difficile. Bisogna pensare non solo alle cose da fare, ma anche al malato, a chi assiste a ai fattori esterni”. Si tratta di un illuminante programma, a ben vedere, anche per la classe politica attuale.
Il cuore di Cannoniero batte per i governi di Anversa, di Venezia, della Polonia. Il suo riferimento ideale è la città, non lo Stato. Il suo bersaglio polemico non sono solo i tiranni, ma anche i sovrani assoluti dell’Europa del Seicento. Se volessimo attualizzare la prospettiva del nostro autore, diremmo che non gli interessa tanto la governabilità, quanto la paritaria partecipazione dei ceti alla vita politica e la sottomissione dei governanti alla legge civile.
Il libro della D’Alessio, che giunge al culmine di un lavoro di ricerca sulle metafore del corpo politico, si fa apprezzare per la sua ricchezza, per l’erudizione e lo scrupolo filologico, per la capacità dell’autrice di leggere e commentare i testi non staccati ma profondamente inseriti nel loro contesto storico, per il linguaggio scorrevole a dispetto dell’apparente aridità della materia, per l’attenzione verso interlocutori diversi come storici, filosofi, medici, giuristi, teologi.
AURELIO MUSI