Una marina di libri, il festival dell’incontro
I lettori hanno bisogno di conoscere anche la voce degli scrittori
Un incrocio di sguardi e un tripudio di voci tra gli alberi dell’Orto botanico per affievolire quel clima ovattato in cui sembrava impossibile incontrarsi di nuovo.
Torna Una marina di libri in un’edizione settembrina atipica, ma ugualmente pronta ad accompagnare il lettore alla scoperta di libri mancati e nuovi amori letterari.
«È sotto gli occhi di tutti che, da quando ospita questo festival, Palermo è una città diversa. Il fatto – afferma Salvatore Ferlita, componente del comitato scientifico – che si aggreghino intelligenze, si creino occasioni e si possa dialogare tra colleghi, editori e addetti ai lavori, non può non lasciare un segno. Bisogna capire nella lunga durata quanto questo produrrà in termini di nuovi lettori, ma chi organizza questa manifestazione auspica che un’occasione del genere possa far germinare passioni, incontri e far scattare corti circuiti».
L’importanza di eventi culturali come questo è ribadita anche da un altro componente del comitato scientifico, Matteo Di Gesù che, senza retorica, mette in luce le difficoltà del mondo della piccola editoria indipendente soprattutto in questi mesi:
«Al di là dell’emergenza attuale – spiega – un editore indipendente ha bisogno di una fiera perché la distribuzione libraria in Italia versa in un regime di fatto di monopolio che non ha eguali in Europa, anche nelle vendite online. Non so se nella storia ci siano state delle condizioni così sfavorevoli come quelle odierne – commenta Di Gesù – paragonerei questa epoca agli anni Settanta-Ottanta del Cinquecento, in cui era difficile pensare al futuro. Però, dall’altra parte, cominciavano prendere forma scoperte scientifiche e culturali».
Quello che preme a Di Gesù è soprattutto l’educazione alla lettura e il suo riferimento immediato va alla disastrosa situazione in cui versano le biblioteche siciliane, malgrado, a suo dire, tutte le buone promesse.
Ottavio Navarra, tra gli organizzatori del festival, della pratica del prestito dei libri ha fatto, insieme ad altri editori, una proposta culturale innovativa che ha ricevuto il sì dell’Ars con l’ultima finanziaria. La manovra editoriale prevede di acquistare libri dagli editori locali per rimpolpare gli scaffali delle biblioteche regionali.
«La norma è diventata legge e ho recentemente avuto modo di sentire componenti del governo regionale perché ad oggi non si è mosso ancora nulla – dichiara – mi è stato detto che l’applicabilità della norma è al vaglio degli uffici e quindi a giorni dovremmo riceve comunicazioni e novità».
Ottavio Navarra, inoltre, sottolinea l’importanza di un festival come questo per gli editori:
«È un segnale che abbiamo voluto dare al mondo della cultura, di coraggio e di speranza in questo periodo. Diversi luoghi della città sono ormai patrimonio di un turismo diffuso molto interessante. Il rapporto con il tessuto urbano è cambiato: è un rapporto di curiosità, interesse e sperimentazione. Questo pubblico è per gli editori molto importante».
La sfida lanciata dagli organizzatori è quella di puntare alla concretezza, come tiene a sottolineare Salvatore Ferlita, che ricorda come destini ed esistenze si intreccino indissolubilmente con la letteratura. Il lettore ha bisogno del contatto diretto con il libro e di ascoltare la voce di chi lo ha scritto. «Una volta – ricorda – Andrea Camilleri, ospite a un festival a Mantova, si meravigliò del fatto che ci fossero dei giovani in fila in paziente attesa, non solo per avere un suo autografo: una ragazza si avvicinò perché voleva accarezzargli le sopracciglia, me lo raccontò lui in modo molto divertito».
E allora è vero che il lettore ha bisogno del contatto fisico. Se Roland Barthes teorizzò la morte dell’autore, un festival come Una marina di libri sta a testimoniare che l’autore è più vivo che mai.
«L’importanza del contatto per un siciliano è indispensabile per noi, soprattutto pensando alla nostra antropologia che ha a che fare con il mediterraneo – conclude Ferlita – penso alle pagine scritte da grandi antropologi sull’incontro. Una stretta di mano, anche se adesso coibentata per motivi di sicurezza, per noi ha un importanza fondamentale.
Tutto questo ha a che fare con il mondo dei libri perché a volte non si ricorda tanto uno scrittore ma il tono della sua voce, è il modo in cui le parole hanno inciso nella nostra interiorità. Tutto questo non può essere soppiantato. Penso a Camilleri: il suo stile era impastato con la sua voce».