UNIPA CONFERISCE LA LAUREA HONORIS CAUSA A VITTORIO STORARO
Giovedì 31 maggio l’Università degli Studi di Palermo ha conferito a Vittorio Storaro la laurea Magistrale ad honorem in Musicologia e Scienze dello spettacolo “per il suo indispensabile apporto creativo, dal 1968 ad oggi, alla cinematografia di autori fra i più importanti del panorama filmico mondiale, grazie a un approfondito lavoro di ricerca sulla luce, sulle sue componenti e sule sue possibilità di scrittura e per il suo contributo alla realizzazione di celebri e innovative produzioni teatrali e operistiche per la RAI.”
Vittorio Storaro non è mai soltanto creatore di belle immagini ma di immagini con un senso, o meglio, più sensi e piani di lettura. Un sistema simbolico complesso, dunque, che una volta decifrato, apre nuovi orizzonti d’interpretazione. Sua è la fotografia del Conformista di Bertolucci che lavora sul mito platonico della caverna con giochi di luci e ombre, luce artificiale e luce naturale. Poi Ultimo Tango a Parigi, Novecento, l’Ultimo Imperatore (che gli vale l’Oscar nel 1987), Piccolo Buddha, il Tè nel deserto. Il primo Premio Oscar arriva nel 1979 per Apocalypse Now, film sullo scontro di due culture, sul senso del concetto di civilizzazione, su gli orrori della guerra. Nel 1981 vince un altro Oscar per Reds che narra della rivoluzione d’Ottobre. La sua arte, tra ispirazione pittorica e ricerca formale si apre alla rivoluzione del digitale con La Ruota delle Meraviglie di Woody Allen che ritrova l’alternanza tra luce naturale ed artificiale, toni del blu e del rosso. Ricordiamo solo altri nomi di registi con i quali ha collaborato: Carlos Saura, Warren Beatty, Alfonso Arau, Paul Shrader.
L’ispirazione Caravaggesca, sempre dichiarata da quando un giorno entra nella Cappella Cottarelli a Roma e scopre il ciclo di san Matteo e ne rimane folgorato, capisce quindi che i suoi studi tecnici devono essere affiancati allo studio dell’arte funge da comun denominatore per la filmografia del maestro che usa allo stesso modo del Merisi la luce come strumento di indagine sull’animo umano.
Apre la cerimonia l’intervento del rettore Fabrizio Micari che si dice contento e orgoglioso perchè “Si completa un percorso durato un anno. Da lì nasce l’idea di questa celebrazione sia per la caratura del maestro sia perché le lauree honoris causa sono anche segnali distintivi per la comunità universitaria tutta.”
Interviene il presidente della scuola delle scienze umane e del patrimonio culturale Girolamo Cusimano “Queste iniziative dimostrano la vitalità di certi indirizzi di studio che sono il contraltare della rinascita delle discipline delle arti visuali. L’università seguendo il suo ruolo di polo culturale e di forza intellettuale è un baluardo contro il pensiero disconnesso proprio di questi tempi.”
Leonardo Samonà, docente di filosofia teoretica “Il corso di laurea in Musicologia e scienze dello spettacolo che sta crescendo si nutre anche di questi apporti esterni che sono molto importanti per la vita accademica degli studenti. Vittorio Storaro è un artista che incide nella vita degli studenti ed essendo maestro da un apporto che solo gli artisti possono dare”
Anna Tedesco, coordinatrice di scienze dello spettacolo, leggendo le motivazioni così commenta “ La figura di Vittorio Storaro è perfetta per quello che siamo perché in lui convivono le due anime dell’artefice e dell’autore e di un’arte che non si basa solo sulla tecnica, che pure è padroneggiata con maestria, ma anche sulla riflessione.”
Dopo la lettura della laudatio a opera della professoressa di storia del cinema Alessia Cervini dove si evidenzia la figura di intellettuale complesso di Vittorio Storaro che coniuga in sé la consapevolezza del sapere e l’abilità di saper fare inizia la lectio magistralis.
La sala è adesso immersa nell’oscurità, solo due luci illuminano i quadri appesi alle pareti della sala delle Capriate e un riflettore puntato sul maestro che spiega Caravaggio, la plaea, stregata e immersa nel silenzio segue la lectio magistralis del maestro Storaro che si dipana per tutta la vita del Caravaggio seguendo l’unico denominatore possibile: la luce, la sua traiettoria, il perpetuo alternarsi di luce ed ombra.
Dice ai ragazzi presenti in sala “non abbiate paura di fare le cose, amatele, desiderate con tutti voi stessi di realizzarle, metteteci tutta l’energia perché per sua natura non è mai persa né distrutta come la luce. Se i risultati non arrivano sin dall’inizio, arriveranno”.