160 anni, ma non li dimostra: il 17 marzo 1861 venne proclamata l’Unità d’Italia
La prima fase della pandemia ci ha consegnato un Paese solidale. I cittadini, coinvolti a vari livelli nel contagio, sono riusciti a mostrare, anche con segni vistosi e con l’esibizione di numerosi simboli, la solidarietà, l’unione del Paese nell’affrontare il Coronavirus.
Poi la seconda fase. La nuova esplosione dei contagi aggravata dalle varianti e da un mutabilissimo virus, il disorientamento sui vaccini, schizofrenia e conflitti tra centro e periferia hanno dimostrato che le reazioni dei primi mesi dello scorso anno sono state solo manifestazioni emotive, dettate soprattutto dalla spinta a esorcizzare quasi la paura del Covid.
L’alternanza di sentimenti diversi, e a volte contraddittori, degli italiani fra prima e seconda ondata della pandemia è metafora efficace, rappresentazione eloquente delle difficoltà che ancora vive il nostro Paese nel fare i conti fino in fondo con la propria unità nazionale.
17 marzo 1861: proclamazione dell’Unità d’Italia
Oggi, a 160 anni dall’Unità d’Italia, il bisogno di conoscenza della nostra storia nazionale non riguarda solo i cittadini italiani, ma anche i “nuovi italiani”, tutti gli stranieri che hanno acquisito la cittadinanza nel nostro Paese e coloro che, pur vivendoci e lavorandoci da anni, non vedono ancora riconosciuta la loro italianità.
A complicare notevolmente la conoscenza della nostra storia nazionale sono le difficoltà oggettive – derivanti cioè dallo sviluppo storico reale del nostro Paese – e le sue rappresentazioni, i suoi stereotipi, che ancora oggi pesano nella formazione e dinamica del senso comune.
Riflessioni, dati, miti e contro-miti della “nazione difficile” tra passato e presente
Fra le prime – le difficoltà oggettive – ci sono sicuramente la costruzione e realizzazione dell’unità politica italiana, compiutesi più tardi rispetto ad altre aree europee. Ma se Giuseppe Galasso ha potuto identificare l’Italia come “nazione difficile”, ciò non significa che la sua storia debba essere considerata un’anomalia, un’eccezione, addirittura una deviazione rispetto al più generale processo di costruzione nazionale europeo. Piuttosto, la definizione “nazione difficile” indica una particolare esperienza storica che ha dovuto fare i conti, al 1860 e anni dopo, non solo con la molteplicità di istituzioni e organizzazioni politiche statuali, ma anche con sensi di appartenenza multipli, preesistenti all’unificazione.
Complicazioni derivano anche dal combinato disposto dell’oggettivo divario tra le due Italie negli anni successivi all’Unità; la cui considerazione e analisi hanno visto la nascita e lo sviluppo del meridionalismo classico, e la rappresentazione di questo divario, che ha favorito in una parte della coscienza collettiva del Paese non l’esigenza della ricomposizione, ma addirittura la contrapposizione fra le due parti della nazione.
Ancora. Mito e contro-mito, come due facce della stessa medaglia, hanno segnato, e segnano ancora, la vulgata della rappresentazione della storia d’Italia: il mito delle possibilità dell’unificazione del Paese prima della sua unità politica come sequenza di “occasioni mancate”; il contro-mito dell’Unità che sarebbe stata imposta con la sopraffazione e con la violenza alle popolazioni del Mezzogiorno, attraverso l’invasione del Regno delle Due Sicilie da parte delle truppe savoiarde, e la sua dissoluzione.
Non hanno giovato all’acquisizione di una migliore comprensione dello sviluppo storico del nostro Paese, peraltro, alcune ricostruzioni e interpretazioni che ne sono state offerte da culture e storiografie d’oltralpe.
Su tutte queste questioni il nostro settimanale vuole sollecitare la partecipazione e la discussione dei lettori. Pertanto, durante tutto quest’anno, pubblicheremo articoli e interventi per ricordare, fuori da schemi precostituiti, i 160 anni della nostra unità nazionale. In un momento in cui gli Stati-nazione, dopo una lunga stasi in cui molti li davano obsolescenti, se non addirittura morti, si risvegliano e riprendono alcune funzioni non sostituibili da altri organismi.