Scienza vaccinica – Una lunga storia
La “macchina del tempo” delle epidemie: i Borbone e la campagna di comunicazione ante litteram pro vaccino
Vaccini, vaccinazione, reazione allergiche, obbligatorietà: in questi giorni sono i termini che inseriamo con maggiore frequenza nei motori di ricerca.
Timori e speranze si annidano nelle nostre menti profondamente turbate dall’assedio brutale del Covid-19 e si aggrappano al potere salvifico del vaccino per cercare di placare le angosce e di riprendere la quotidiana socialità.
La risposta dei motori di ricerca si concentra in modo massiccio sui problemi collegati alla sperimentazione del vaccino e sui tempi di somministrazione alla popolazione. Poco o nulla ci dicono, invece, sulla secolare storia della pratica della vaccinazione grazie alla quale si sono vinte numerose battaglie contro malattie che hanno mietuto milioni di vittime, come il vaiolo e la poliomielite.
L’identità di Clio si è resa consapevole della necessità di attivare la sua personale macchina del tempo per togliere la polvere dell’oblio sulla storia dei vaccini. E propone ai suoi lettori due riflessioni su questo tema che aprono degli interessanti squarci di conoscenza: la prima di Domenico Cassano e la seconda di Amelia Crisantino.
Dopo aver letto le riflessioni di Cassano e di Crisantino ho cercato di attivare la mia personale macchina del tempo per cercare di capire come effettivamente i Borbone si siano rapportati alla scienza vaccinica. Sono andato a sfogliare una fonte storica, spesso trascurata, quale è quella rappresenta dalla «Collezione delle Leggi e de’ Decreti Reali del Regno delle Due Sicilie». La sorpresa è data dalla lettura del “Regolamento vaccinico” approvato l’11 settembre 1838 con decreto di Ferdinando II “per la grazia di Dio re del regno delle due Sicilie”.
Il tanto deprecato Borbone mostra una sensibilità scientifica e culturale di non poco rilievo organizzando un complesso strumento amministrativo e sanitario per far fronte all’emergenza dell’epidemia di vaiolo che aveva colpito il regno in modo pesante e, soprattutto, aveva fatto strage di bambini.
La lettura dell’indice del decreto, che può essere consultato integralmente su google books, ci dà un’idea dell’organizzazione della struttura operativa. Il cui cuore pulsante è rappresentato da due istituzioni: l’Istituto centrale vaccinico a Napoli e la Commissione centrale vaccinica a Palermo. Da questi due veri e propri punti di riferimento dipendeva un’articolata galassia di commissioni vacciniche provinciali e distrettuali. Era prevista una ulteriore proiezione sul territorio con giunte vacciniche comunali, con il coinvolgimento di sindaci, parroci e professori.
Il regolamento fa il punto di una complessa legislazione in materia, già precedentemente emanata e che bisognava riscrivere per raggiungere l’omogeneizzazione della normativa tra «i domini continentali e la Sicilia» riconoscendo «la necessità di portare ne’ Regolamenti alcune modificazioni, onde adattarsi alla Sicilia». Tutto questo si accompagna al materiale degli archivi di Stato, che conservano una sterminata documentazione coeva grazie alla quale si possono ricavare preziose indicazioni sulle pandemie.
Cosa succede negli altri Stati preunitari? Confesso che non lo so e che la ricerca bibliografica fatta in merito non mi ha dato risposte. Spero che questa breve riflessione proposta da Clio ai suoi lettori possa essere di stimolo per aprire una linea di ricerca non solo sulle pandemie ma, soprattutto, sul dibattito in merito all’introduzione dei primi vaccini, in modo particolare quello per il vaiolo. Con tutti i problemi connessi non solo alla tematica scientifica ma, soprattutto, all’organizzazione della struttura sanitaria necessaria alla somministrazione dei vaccini, che comprende sia i medici sia gli infermieri.
Inoltre: come convincere i propri sudditi della bontà della operazione vaccini? Quali furono i processi di comunicazione attivati? I Borbone, ad esempio, costruiscono una struttura di comunicazione in grado di persuadere le persone a vaccinare sé stesse e i propri figli coinvolgendo, come si è detto, sindaci, parroci e le realtà culturali locali. Inoltre, Ferdinando e i suoi figli si fanno vaccinare contro il vaiolo in pubblico dando ampia enfasi al suo gesto. Chi deve sottoporsi all’inoculazione si reca nelle infermerie predisposte in processione, preceduti da un prete che porta un crocifisso; si finanziano pubblicazioni e riviste necessarie per alimentare gli studi sui vaccini e per promuovere il dibattito scientifico.
Mi auguro che le riflessioni del nostra magazine possano essere di stimolo per un progetto di ricerca sui temi dei vaccini e sul ruolo avuto dai governi preunitari nella promozione degli stessi.