Scandali in Vaticano
È di questi giorni lo scandalo che ha coinvolto il Vaticano e ha portato Papa Francesco alla decisione di far dimettere il cardinale Angelo Becciu, diplomatico di carriera, dalla guida della Congregazione dei Santi e dalle funzioni di cardinale.
Vaticano: gli investimenti e le dimissioni del cardinale Angelo Becciu
L’indagine ha evidenziato che il porporato avrebbe sottratto circa 100mila euro dalle offerte dell’Obolo di San Pietro – un collettore di elemosine e donazioni, per le azioni sociali della Chiesa – trasferendole verso una cooperativa legata alla sua famiglia in Sardegna. L’inchiesta, inoltre, avrebbe posto in luce l’acquisto, mediante l’uso dei fondi dell’Obolo, di un palazzo di lusso a Londra per 160 milioni.
Becciu poi avrebbe ottenuto, per ben due volte dalla Conferenza episcopale italiana e una dall’Obolo di San Pietro, un finanziamento a fondo perduto in favore della cooperativa “Spes” di cui titolare e rappresentante legale è il fratello Tonino. E ancora: la somma di 500mila euro, attraverso un bonifico effettuato dalla Segreteria di Stato vaticana, sarebbe pervenuta a una società slovena, la Log Sic D.o.o., con a capo la manager director sarda Cecilia Margogna.
I soldi dei bonifici avrebbero dovuto essere impiegati per attività di mediazione in Asia e in Africa, soprattutto per i casi di religiosi sequestrati. In realtà sarebbero stati usati per acquisti effettuati nelle boutique di lusso romane: borse, abiti firmati e cosmetici.
I precedenti: “The Vatican connection”
In realtà non è la prima volta che il Vaticano si trova al centro di affari illeciti che hanno visto coinvolti la mafia, potenti gruppi di affari europei e sudamericani, finanzieri, dignitari vaticani.
Basta ricordare in proposito quanto denunciato dallo scrittore americano, Richard Hammer, nel libro “The Vatican connection”, in cui racconta i particolari di una colossale truffa per 1400 miliardi di lire che sarebbe stata tentata tra il 1971 e il 1973 dalla mafia americana, con false obbligazioni di grandi industrie americane, e nella quale sarebbe rimasto coinvolto anche il Vaticano.
In altri termini, in quell’arco di tempo, un miliardo e mezzo di dollari circa (in titoli e valori) invasero il mercato statunitense. Testimonianze schiaccianti, intercettazioni telefoniche e confessioni, sempre secondo Hammer, avrebbero provato che almeno 14 milioni di dollari di questo stock finirono nelle casseforti del Vaticano di Paolo VI.
La vicenda vide coinvolti, John Connally, allora segretario del ministro del Tesoro degli Stati Uniti, l’arcivescovo Paul Marcinkus, ministro delle finanze del Vaticano, il banchiere italiano Michele Sindona, l’avvocato generale degli Stati Uniti Richard Keidiest, il capomafia Vincent Rizzo.
Secondo quanto affermato nel libro, l’Fbi avrebbe arrestato i “manovali” della truffa ma sarebbero rimasti impuniti i “cervelli” individuati in grossi personaggi del Vaticano nonché in Michele Sindona, appoggiato dalla mafia.
Lo Ior e lo scandalo Marcinkus
E che dire poi dello Ior (Istituto per le opere religiose) meglio noto come banca vaticana, che fu al centro di trame oscure che videro coinvolte finanza, politica e massoneria?
Gli scandali in cui, alla fine degli anni Settanta, fu coinvolto l’istituto hanno, infatti, dimostrato, al di là di ogni dubbio, legami con i servizi segreti, massoneria e alta finanza. Figura centrale dello scandalo che coinvolse la banca vaticana fu Paul Marcinkus, nominato vescovo alla fine del ’68 da Paolo VI e nel 1971 divenuto presidente e uomo-chiave della banca vaticana.
Lo Ior, tra il 1946 e il 1971, era il maggior azionista del famigerato Banco ambrosiano, un istituto di credito su cui indagò la magistratura milanese. Scrive Marco Pizzuti, nel suo libro “Rivoluzione non autorizzata”: “Durante l’inchiesta si venne così a scoprire che, dietro le società estere che acquistavano cospicui pacchetti di azioni dell’Ambrosiano, c’erano in realtà lo stesso presidente del suo gruppo e lo Ior”.
Le indagini accertarono inoltre che l’istituto vaticano, direttamente o indirettamente, esercitava il controllo su altre società fantasma con sede in noti paradisi fiscali. Si legge inoltre, nel Corriere della Sera del 19 aprile 1992 che queste società erano utilizzate come copertura per drenare duemila miliardi di lire dalle casse dell’Ambrosiano (Sergio Bocconi, “Dalle lettere di patronage all’esilio di Marcinkus”, il Corriere della Sera, 19 aprile 1992).
Sindona, Marcinkus, Calvi e la P2
Il faccendiere Michele Sindona mise in contatto Marcinkus con Roberto Calvi, presidente del Banco ambrosiano. E lo Ior, a partire dal 1971, venne coinvolto in una serie di operazioni con quest’ultimo.
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È appena il caso di osservare che dire Sindona significa dire mafia. La banca vaticana pertanto fu implicata in operazioni, sempre meno trasparenti, che Calvi andava ponendo in essere a sostegno della rete occulta di società estere. Costruita allo scopo di assicurarsi il controllo del Banco, ma usata anche come tramite per operazioni non sempre lecite, che vedevano interessati personaggi e istituzioni gravitanti nell’ambito della loggia massonica P2.
L’alleanza tra Calvi e Marcinkus si concretizzò e rafforzò con la Cisalpine, società che custodiva le operazioni spesso illecite e più delicate del gruppo: ed è Marcinkus che insieme a Calvi sedeva nel consiglio di amministrazione della Cisalpine. A riprova della sempre più stretta alleanza Calvi-Marcinkus, basta osservare la sempre maggiore partecipazione dello Ior nel capitale del Banco ambrosiano durante gli anni 1970-1982, periodo in cui l’istituto vaticano è sempre tra i primi venti maggiori azionisti.
L’accusa all’arcivescovo Paul Marcinkus
In definitiva, Marcinkus fu accusato di avere riciclato denaro della mafia e fu coinvolto in tutte le vicende più oscure che hanno riguardato l’istituto. Nel febbraio del 1987 l’arcivescovo, insieme con altri due amministratori dello Ior, Pellegrino De Strobel e Luigi Mennini, fu raggiunto da un mandato di cattura mai eseguito. Il 17 luglio del 1987, infatti, la Corte di Cassazione stabilì che il tribunale italiano non aveva giurisdizione sui cittadini del Vaticano.
È utile infine ricordare che la Finabank, istituto di credito chiuso nell’ambito del crack Sindona, allorché era controllato dal Vaticano, finanziò, per conto della Cia sia il colpo di stato fascista dei colonnelli greci, sia il tentativo di colpo di Stato, sempre di ispirazione fascista, avvenuto in Italia nel 1974 e denominato Rosa dei Venti.