I Ventimiglia di Geraci (1258-1619), Quaderni “Mediterranea” ricerche storiche n.30, Orazio Cancila
a cura di Francesco Carnevale
La Storia di una famiglia intimamente legata ad una comunità, la storia di un popolo legato alla propria terra e ai signori feudali che la governarono per quattro secoli.
Orazio Cancila, eminente storico palermitano, con quest’opera, che rappresenta un omaggio alla terra che gli diede i natali, porta avanti un lavoro pluriennale di ricerca sul campo che ha dato vita a numerosi contributi di alto livello storiografico.
Lo Storico indaga lì dove la carne viva della storia restituisce le sue vicende, tra archivi di Stato e privati, tra Sicilia e penisola iberica, terre intimamente legate da secoli di storia comune.
Seppur tra le difficoltà con cui spesso chi ricostruisce il passato si confronta, come ricorda lo stesso autore, denunciando la difficoltà della ricerca della documentazione. Attraverso un’attenta analisi archivistica, Cancila, dimostra come in queste occasioni bisogna aguzzare le proprie doti, per dirla con March Bloch, di annusatore di carne umana, Orco che fiuta le tracce lasciate dagli uomini nel passato, ricostruendo le trame di una storia spesso complessa, la cui ricostruzione è sovente messa in difficoltà dalla stratificazione degli eventi e dagli scriteriati interventi archivistici successivi.
Orazio Cancila, si dimostra un eccellente Orco, che con acribia si muove nella ricostruzione di una vicenda familiare fondamentale per la storia siciliana medievale e moderna.
L’opera, di piacevole lettura, risulta un notevole sforzo interpretativo ed intellettuale che garantisce dei punti fermi nella storiografia siciliana.
L’autore ci restituisce una Historia minima certamente, quella della comunità madonita siciliana e della famiglia Ventimiglia che la governò per lunghi anni. Questa storia locale, storia agnatizia, s’intreccia fittamente con la storia generale, con i grandi eventi e i grandi sovrani ed imperatori, intrecci dovuti alla centralità che la Sicilia ebbe nel contesto mediterraneo tre età Moderna e Medievale e per l’importanza che la famiglia Ventimiglia ebbe nel contesto siciliano.
La vicenda copre un arco cronologico che va dalla seconda metà del XIII secolo, nella quale i Ventimiglia si insediarono a Geraci, favoriti dal matrimonio fra Enrico Ventimiglia e la contessa Isabella di Candida ed il 1619 anno della morte di Giovanni III, con la quale, si chiudeva definitivamente il ciclo più esaltante e prestigioso della storia della famiglia.
Con la sua scomparsa, scrive Cancila nella prefazione «i Ventimiglia di Geraci uscivano infatti per sempre dalla grande storia, per rimanere confinati nell’ambito strettamente siciliano, talora, nei momenti migliori, anche meridionale, ma con ruoli comunque non di primissimo piano».
Di notevole interesse sono le vicende legate alla nascita del borgo di Castelbuono, precedentemente detta Ypsigro.
Storia di borghi, storia di popoli, storia di contee e marchesati nella quale sfera d’influenza politica e amministrativa ricadevano numerosi fuochi ed ampie terre da coltivare. Questa storia familiare, è anche storia di grandi personaggi, che ne scandiscono la narrazione, come i già menzionati Enrico Ventimiglia ed il nipote Francesco I che costruirono la grandezza della casata, passando per coloro che la resero dominante in tutta la Sicilia, fino all’apogeo, raggiunto con Giovanni Ventimiglia Marchese di Geraci, primo in Sicilia ad essere insignito di tale onorificenza.
L’autore sfata ancora una volta, il mito dell’ascendenza Normanna della famiglia, che una tradizione molto successiva attribuiva ai Ventimiglia, facendoli discendere da Riccardo Serlone, che a capo di mille cavalieri cristiani aveva sconfitto nel 1063 a Cerami ben ventimila mori, donde il cognome Ventimilia, il cui scudo acquisì i colori (oro e rosso) della bandiera attaccata alla lancia che un angelo gli aveva donato prima della battaglia, ribadendo l’origine Ligure della casata.
Proprio sui colori, sul simbolismo e sull’araldica si concentra un’interessante appendice finale, dedicata proprio all’arma dei Ventimiglia, attraverso la collaborazione di Angelo Scordo, Cancila dedica le pagine finali all’evoluzione e all’importanza simbolica degli stemmi e della manifestazione del potere della casata.
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