I Florio: storia, mito, fascino e leggenda
La famiglia Florio ha di fatto caratterizzato gli ultimi vent’anni dell’Ottocento e il Novecento, diventando un simbolo della Belle époque siciliana e non solo.
Un’avventura, la loro, cominciata da Bagnara Calabra con Paolo Florio, poi consolidata e trasformata in un impero da Vincenzo Florio il “facchino fortunato”, e dal figlio Ignazio I. E tramontata con il figlio di quest’ultimo, Ignazio Florio jr.
Le origini del mito della famiglia Florio
La famiglia Florio fu una delle dinastie imprenditoriali più importanti del panorama italiano tra l’Otto e il Novecento. Con il suo “impero” segnerà profondamente la storia palermitana.
Originari di Bagnara Calabra 1 – una cittadina che si affaccia sullo stretto di Messina, in provincia di Reggio Calabria – ebbero come capostipite, nel ramo imprenditoriale, Paolo Florio (1772-1807). Un commerciante di prodotti coloniali e spezie che, in seguito al terremoto che colpì la sua regione (1783), fu costretto a emigrare in Sicilia dove continuò la propria attività nella bottega di Palermo per tutta la vita, diventando anche molto ricco.
Alla morte Paolo Florio, nel 1807, le redini della famiglia e dell’attività passarono al fratello Ignazio I: il figlio Vincenzo non poté succedergli per questioni di età. Ma con la morte dello zio, nel 1829, Vincenzo Florio raccolse finalmente l’eredità paterna iniziando a costruire il mito della dinastia.
Vincenzo Florio e la sua ascesa: un “facchino” tra i gattopardi
Vincenzo Florio (1799-1868) nel 1832 2 cominciò a forgiare il destino della dinastia avviando la sua attività imprenditoriale con la fondazione delle Cantine Florio a Marsala (1832). Nel 1840 fondò, insieme a Benjamin Ingham e Agostino Porry, la società Anglo-Sicilian Sulphur Company Limited, che si specializzò nel campo della chimica.
L’anno successivo gli imprenditori fecero il loro ingresso sul mercato dell’industria dello scatolame con il tonno, prodotto nelle tonnare di Favignana, insieme ad altri 12 soci; la Fonderia oretea, che diventerà cuore del settore siderurgico e metallurgico dell’impero dei Florio 3.
Dai successi ottenuti cominciò la scalata sociale della famiglia, che non fu vista di buon occhio dai “gattopardi” della società: tanto che Vincenzo, in maniera dispregiativa, venne indicato con l’appellativo di “facchino fortunato” 4.
L’apogeo: i Florio e la loro età dell’oro
Con la morte di Vincenzo Florio, nel 1868, l’impero passò nelle mani del figlio Ignazio I Florio (1838-1891), che diede un ulteriore impulso agli affari di famiglia. Ne sono un esempio emblematico l’acquisto nel 1874 delle tonnare di Favignana, Formica, Levanzo che, insieme ad altre realtà, incrementarono la produzione di tonno in scatola.
Di fatto, tra il 1878 e il 1888, gli investimenti in questo settore produssero utili pari al 20%, dando lavoro a circa 900 operai, tra fissi e stagionali. Due anni dopo l’acquisto delle tonnare, nel 1876, Ignazio acquisì l’isola di Favignana e l’intero arcipelago delle Egadi.
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Uno degli altri settori che venne potenziato da Ignazio I fu quello dell’industria dello zolfo: la produzione arrivò a superare le 200.000 tonnellate annue e prezzi medi del prodotto in ascesa. Una delle attività motrici dell’economia dei Florio fu la flotta della compagnia di navigazione che, nonostante la crisi del periodo, venne mantenuta a costi più bassi per quanto riguarda i noli internazionali.
Negli anni Ottanta dell’Ottocento ebbe luogo la fusione tra la società di navigazione e la compagnia di Raffaele Rubattino: nel marzo 1881 le parti sottoscrissero un contratto preliminare e così venne fondata la Navigazione Generale Italiana. La flotta dei piroscafi della Società Florio e Rubattino da un numero di 83 arrivò a 100.
Nel 1891 Ignazio Florio morì: a succedergli alla guida della famiglia fu l’omonimo figlio, Ignazio Florio jr.
La decadenza dei Florio: fine di una favola
In seguito alla morte del padre, Ignazio Florio jr (1868-1957) si trovò un immenso capitale da dover gestire: solfatare, tonnare, cantine vinicole, attività commerciali e la quota di maggioranza della Società di Navigazione Italiana.
Nonostante la mole di impegni, Ignazio II divenne molto noto tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del secolo successivo. Ecco perché:
- fondò il Consorzio agrario siciliano, nato in sostituzione alla società fondata da Vincenzo Florio e Benjamin Ingham;
- completò i lavori di realizzazione del Teatro Massimo, costruito tra il 1875 e il 1897 dall’architetto Ernesto Basile, di cui Florio fu impresario;
- costruì Villa Igiea, uno dei fiori all’occhiello dello stile liberty, inaugurata nel 1899;
- fondò il giornale L’Ora;
- edificò i cantieri navali.
Donna Franca Florio, un mito nel mito
Nel 1893, l’imprenditore sposò la donna che rafforzerà ancora di più il moto dei Florio. Intelligente, affascinante, elegante Francesca Jacona di San Giuliano, conosciuta come donna Franca Florio, diventerà presto un simbolo capace di attraversare i secoli. Ignazio e Franca Florio furono la coppia del momento.
Il fascino e i successi imprenditoriali della famiglia non bastarono perché la loro fiaba durasse. Di fatto una dopo l’altra, le attività di punta delle famiglia vennero assorbite dalla Banca Commerciale Italiana. Quando anche le tonnare e le cantine vennero assorbite, Florio cominciò a pensare ad un modo per risollevare le finanze della famiglia, ormai logorate. Persino il governo del tempo e Giolitti in persona tentarono di evitare evitare il tracollo.
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L’implacabile dissoluzione del loro impero dorato, un tenore di vita malgrado tutto sempre al di sopra delle reali possibilità e il fascino leggendario di Franca e Ignazio, ma anche di Vincenzo e di Giulia, contribuirono indubbiamente a mantenere in vita il mito dei Florio.
Note:
1 Le origini dei Florio risalgono all’età moderna con Tommaso Florio, originario di Melicuccà, un paesino tra Bagnara Calabra, Seminara e Sant’Eufemia d’Aspromonte. Sarà il figlio di don Tommaso, Domenico, a portare l’intera famiglia a Bagnara dove già erano insediati altri membri della famiglia. Sulle radici dei Florio, cfr. O. Cancila, I Florio: Storia di una dinastia imprenditoriale siciliana, Rubbettino, 2019, pp. 17-28.
2 Sulla zona del marsalese e l’industria enologica in Sicilia si vedano: R. Lentini, L’invasione silenziosa. Storia della fillossera nella Sicilia dell’800, Torri del Vento, 2015, Id., Per una storia dell’ampelografia e della viticoltura siciliana, in Identità e Ricchezza del vigneto Sicilia, 2014, Id., Sicilie del vino nell’800. I Woodhouse, gli Ingham-Whitaker, il duca d’Aumale e i duchi di Salaparuta, Palermo University Press, 2019.
3 O. Cancila, op. cit., p. 86
4 O. Cancila, op. cit., pp. 47-48