Festino, quando Santa Rosalia non era patrona di Palermo
La peste, l’immunità di gregge e la nascita del “mito di Santa Rosalia”
Il viceré Gonzaga, durante il suo governo (1535-1546), affida al Maestro Razionale del Regno, Pietro D’Agostino, la stesura di un’articolata relazione sullo stato della Sicilia da inviare al sovrano Carlo V.
Vi si analizzano e visi descrivono tutti i parametri geografici, demografici e strutturali che caratterizzano in quegli anni la realtà del Regno.
La descrizione geografica è centrata soprattutto sullo stato delle difese disponibili per far fronte all’offensiva turca. Ma si aggiungono tutta una serie di dati che servono a individuare le principali peculiarità dell’isola in modo che Carlo V abbia un quadro completo della realtà. Insieme ai dati demografici che ci mostrano una Sicilia abitata da soli 800 mila abitanti, D’Agostino annota altre notizie quali il calendario delle fiere che si svolgono nelle singole città con l’indicazione della data, i “cognomi” delle città (Catania è clarissima mentre Palermo è felice) e i santi venerati in ognuno dei centri.
I santi venerati nella Palermo del Cinquecento e Santa Rosalia
Il quadro che emerge da questi dati ci configura una Sicilia cinquecentesca profondamente diversa da quella che ci presenta la tradizione. Oggi ci dedichiamo a ricostruire la geografia dei santi di Palermo e troviamo un contesto profondamente diverso da quello che caratterizzerà i secoli successivi. Il Seicento e la peste cambieranno radicalmente il quadro di riferimento della costellazione dei santi di riferimento di Palermo che sarà cancellato dalla memoria del quotidiano.
Ma leggiamo la lista databile intorno agli anni 40 del ‘500:
la patrona di Palermo è Santa Cristina;
Santi venerati a Palermo
Filareto martire;
San Giovanni Theristis martire;
Santi trentaquarantamartiri;
San Filippo diacono martire;
San Agatone Papa;
San Sergio Papa;
San Massimiliano vescovo;
San Proculo martire;
San Eustacchio martire;
San Giobbe Goboldeo martire;
Sant’Agatha vergine e martire;
Santa Ninfa vergine e martire;
San Filareto confessore;
Santa Oliva vergine e martire;
Santa Rosalia vergine.
Questa lista costituisce un’istantanea degli equilibri tra i santi di una Palermo che ambisce a diventare la capitale del Regno: con Santa Cristina patrona della città supportata da sant’Agata, santa Ninfa e Santa Oliva. Tutti gli altri, compresa santa Rosalia vergine, hanno un ruolo secondario e non portante nell’empireo palermitano.
Il cardinale Doria e l’”incoronazione” di Santa Rosalia
Questo scenario muta nel 1624, quando il cardinale Doria si inventa, con il supporto dei gesuiti il culto di Santa Rosalia, per incoraggiare i palermitani nella loro battaglia contro la peste. Il cardinale nomina una commissione di teologi per pronunciarsi su tutti i segni dati in casi di guarigione della peste e sulle ossa trovate nella grotta sul monte Pellegrino. Si requisiscono le ossa con un bando, la supercommissione si divide: i medici sostengono che l’ossame ritrovato mineralizzato nella grotta non appartengano a una donna ma siano ossa di animali preistorici.
Doria, nel 1625, taglia gli indugi e si fa sponda con la visione raccontata dal saponaro Vincenzo Bonello: impone alla commissione di tacitare chi parla di ossa di animali preistorici e di dichiarare che i resti appartengono a una giovane donna. Fa deliberare al Senato palermitano di realizzare un’urna di argento per conservare le reliquie, dichiara giorno festivo e di precetto con sospensione del lavoro quello della processione che viene fissato per il 9 giugno del 1625.
Doria con suo editto, nel frattempo, colloca le reliquie nella cappella di Santa Cristina in cattedrale. Con questo inequivocabile segnale detronizza Cristina dal suo ruolo di patrona della città e insedia al suo posto Rosalia che prende possesso della sua cappella.
Fortuna volle che la processione coincidesse con il raggiungimento dell’immunità di gregge della popolazione e che, dopo la processione, non si fossero sviluppati nuovi focolai epidemici. Il messaggio che passa è quindi: la peste è vinta grazie all’intercessione di Santa Rosalia che, in modo meritorio, spodesta Santa Cristina da patrona della città e la sostituisce al vertice della lista dei santi.
Un colpo di mano del cardinale Doria che sconvolge la gerarchia dei santi di Palermo e che costruisce un modello di comunicazione attraverso la processione e i cerimoniali connessi che si innestano nel profondo del contesto sociale palermitano e che si perpetuano nei secoli consolidandosi nell’immaginario collettivo.